mario benotti domenico arcuri

UN COMMISSARIO COSÌ STRAORDINARIO CHE GLI AFFARI SI FACEVANO PRIMA ANCORA DELLA SUA NOMINA - ARCURI FU INVESTITO UFFICIALMENTE IL 17 MARZO, MA PARTECIPAVA ALLE RIUNIONI CON CONTE E LA PROTEZIONE CIVILE DAL 5. BENOTTI E GLI INTERMEDIARI CON LA CINA CHE INCASSERANNO 62 MILIONI DI EURO IN PROVVIGIONI SI SONO MOSSI IL 10 CON I CONTRATTI PER I MAXI ORDINI SENZA GARA

Giacomo Amadori per “la Verità

 

mario benotti (ri)costruzione

Nel suo libro (Ri)costruire il giornalista Rai in aspettativa Mario Benotti, indagato per traffico illecito di influenze dalla procura di Roma per un appalto da 1,25 miliardi e 801 milioni di mascherine cinesi, non ha mancato di ringraziare l'uomo grazie al quale ha potuto incassare 12 milioni di euro di provvigioni, ovvero il commissario straordinario per l'emergenza sanitaria Domenico Arcuri. Tra una ricetta e un'altra per risollevare l'Italia e in mezzo a molti attacchi riservati a Giuseppe Conte e al suo governo, Benotti usa parole di miele per l'ad di Invitalia: «Sulla generosità umana e professionale del commissario all'emergenza e dei suoi pochi collaboratori () è stato rovesciato il compito proibitivo di fornire mascherine e respiratori, reperendoli in tutto il mondo con enormi difficoltà e responsabilità».

 

Ovviamente molti dispositivi l'eroico Mimmo li ha trovati in Cina, grazie allo stesso Benotti. Ma il panegirico non è finito: «Di fatto, Arcuri si è trovato a supplire in poche ore e poche notti alle scelte deliranti assunte dal Paese nel corso degli anni passati, con l'uscita dal mercato dei dispositivi di protezione individuali e dei reagenti». Insomma il commissario, per Benotti, è già pronto per un monumento equestre. Forse perché, secondo gli inquirenti romani, il giornalista, «sfruttando le sue relazioni personali con Arcuri () si faceva prima promettere e quindi dare indebitamente () la somma di 11.948.852 euro».

MARIO BENOTTI

 

Non è però ancora chiaro da quanto tempo Arcuri e Benotti si conoscano e quando l'indagato abbia attivato il suo canale con il commissario. Sfruculiando tra i contratti di intermediazione che hanno permesso all'ingegnere aerospaziale Andrea Vincenzo Tommasi, alla sua Sunsky Srl, all'ecuadoriano Jorge Solis e a Benotti di incassare 63,5 milioni di commissioni, si intuisce, però, che la presunta cricca delle mascherine (che al momento conta 8 indagati) qualche via preferenziale potrebbe averla trovata.

 

A pagina 4 dei decreti di perquisizione si legge che gli inquirenti hanno scovato le proposte di incarico da parte di due aziende cinesi, aventi a oggetto «consulenza in tema di promozione e vendita - in Paesi diversi dalla Cina - di dispositivi medici». Datate 10 marzo e 16 marzo, sono state accettate dalla Sunsky Srl di Tommasi solo il 28 marzo, quando gli ordini erano già stati formalizzati da tre giorni. Inoltre, le toghe scrivono che le lettere di proposta di mediazione «sono redatte con il medesimo carattere e le medesime impostazioni grafiche».

 

MARIO BENOTTI - ROMANO PRODI - SANDRO GOZI

Quindi è lecito pensare che, come spesso succede, sia stata la stessa Sunsky ad averle predisposte e ad aver detto ai cinesi: se vi interessa la fornitura inviatemi questa proposta. Nelle carte c'è anche una bozza di incarico del 12 aprile 2020 della Luokai Trade (Yongjia) con «medesimo oggetto», ma «senza data di accettazione». In ogni caso anche la Luokai ha fornito i suoi dispositivi al commissario e ha pagato le provvigioni. Ma concentriamoci sulle proposte d'incarico del 10 e del 16 marzo. La sera dell'11 dello stesso mese il premier Conte aveva annunciato via Facebook agli italiani la nomina di Arcuri a commissario «per potenziare la risposta delle strutture ospedaliere a questa emergenza sanitaria» e aveva puntualizzato che l'ad di Invitalia avrebbe avuto «ampi poteri di deroga».

 

Arcuri (nominato ufficialmente il 17 marzo 2020) dal 5 marzo partecipava alle riunioni per l'emergenza con Conte e la Protezione civile. Cinque giorni dopo, il 10 marzo, Benotti e Tommasi si erano già attivati per predisporre i contratti per beneficiare delle lucrose commissioni. A quanto ci risulta, prima del 10 marzo, gli indagati non avevano contattato la Protezione civile, come confermano dalla sede di via Ulpiano: «Possiamo dire che con ogni probabilità, anche se non abbiamo potuto fare una ricerca accurata, questi signori non si sono mai palesati con noi, anche perché se ci avessero proposto così tanti dispositivi ce lo ricorderemmo. Era una commessa importante e in quel periodo eravamo alla disperata ricerca di mascherine».

Arcuri Conte

 

Neanche alla Consip, la centrale acquisti dello Stato, ricordano Tommasi e Benotti. Consip richiedeva fideiussioni e la Protezione civile faceva l'esame del sangue a mediatori o fornitori. Chissà se avrebbero preso in considerazione una società come quella di Tommasi impegnata nella consulenza nel settore della Difesa e dell'aeronautica e con un capitale sociale di 100.000 euro a fronte di una fornitura da 1,25 miliardi.

 

A questo punto non si può escludere che Benotti, il trait d'union con Arcuri, disponesse di informazioni privilegiate e che prima del 10 marzo sapesse che l'ad di Invitalia stava per essere nominato commissario e che avrebbe avuto il potere di disporre forniture miliardarie senza gara. Infatti prima del 17 marzo questo tipo di affidamenti era disposto solo dalla Protezione civile. Che però non sarebbe stata contattata da Benotti & C. In alternativa le forniture dovevano avvenire attraverso gare Consip.

 

DOMENICO ARCURI GIUSEPPE CONTE

L'inviato della Rai nel suo tomo elogia pure l'intenso lavoro di Arcuri per la riconversione delle aziende italiane nel settore della produzione delle mascherine. Ma, alla fine, deve ammettere che tutt' oggi «alle gare pubbliche nel settore partecipano - attraverso il principio del massimo ribasso e senza puntare sulle società operanti in Italia - solo aziende provenienti da Cina e Corea o dall'Oriente in generale poiché, se si vuole ottenere una fornitura di mascherine chirurgiche a 8 centesimi - come recentemente accaduto - non vi sono molte altre soluzioni». E pensare, che grazie a lui, Arcuri, a marzo e aprile, le chirurgiche cinesi (460 milioni di pezzi) le aveva pagate tra 49 e 55 centesimi.

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