CONTINUA LO STALLO SULLA CONSULTA! DODICESIMA FUMATA NERA: NONOSTANTE GLI APPELLI DI MATTARELLA, IL PARLAMENTO NON RIESCE A TROVARE UNA VIA DI USCITA PER L'ELEZIONE DI QUATTRO GIUDICI COSTITUZIONALI – IL PRESIDENTE USCENTE AUGUSTO BARBERA FA L’ELOGIO DELLA COLLEGIALITA’ E CHIEDE AI PARTITI DI NON ARROCCARSI: “L'AUSPICIO È CHE IL PARLAMENTO NON ENFATIZZI PIÙ DI QUANTO SIA NECESSARIO LE DIVERSE SENSIBILITÀ POLITICHE E CULTURALI DEI CANDIDATI” – ALL’INTERNO DEL CENTRODESTRA L'UNICO NOME CERTO È MARINI PER FDI, ANCORA VALZER DI NOMI PER FORZA ITALIA E PD..
Francesco Grignetti per la Stampa - Estratti
Ennesima fumata nera in Parlamento, che non riesce a trovare una via di uscita per l'elezione di quattro giudici costituzionali. E siccome la cosa si fa grave, perché tra qualche settimana i giudici si ritroveranno in undici, a un filo dal numero legale, ecco che il presidente uscente, Augusto Barbera, come suo saluto e "regalo" finale alle istituzioni, lancia un appello ai partiti italiani, così rissosi e incapaci ormai di trovare una normalità nei rapporti istituzionali.
«Nel lavoro della Corte costituzionale – dice Barbera, nel suo discorso di commiato alla Corte – è essenziale il metodo della collegialità: le diverse sensibilità politiche culturali dei singoli giudici contano ma poi, necessariamente, devono confrontarsi con quelle di tutti gli altri componenti del Collegio. E queste diverse sensibilità non vengono compresse bensì arricchite, grazie al confronto collegiale».
Può sembrare a prima vista un discorso di rito, questo elogio della collegialità. Un ragionamento di maniera. Invece è tutto l'opposto. È un garbato ma inequivocabile rabbuffo ai politici che siedono in Parlamento e che stanno trasformando una normale scelta, evento che capita ogni sette anni, in una sfida esistenziale.
Barbera dice infatti a destra come sinistra - e lo può dire anche per la sua storia politica di ex parlamentare - che non ha senso arroccarsi in una estenuante battaglia di trincea. Come se davvero i quattro giudici che andranno a scegliere – e che a norma di Costituzione dovranno incassare una maggioranza più ampia di quella che sostiene il governo Meloni, perciò un accordo e una spartizione sono indispensabili – possano determinare da soli chissà quale sconquasso.
L'elogio della collegialità serve a Barbera soprattutto per ricordare ai segretari di partito che i quattro andranno a mescolarsi con altri undici giudici in carica, di cui cinque scelti dalle alte corti della magistratura e altrettanti dal Quirinale. E perciò, vista con gli occhi di chi ha trascorso sette anni alla Corte costituzionale, questo clima da disfida medievale è persino ridicolo. Fa un po' ridere l'atteggiamento famelico della destra, prigioniera del falso mito di essere sempre rimasta fuori dalla porta.
Fa altrettanto ridere l'allarmismo della sinistra che sente odore di trumpismo anche dove non ci potrà mai essere.
«Proprio guardando a questa imprescindibile dimensione collegiale della Corte – dice quindi Barbera, con fare sornione – l'auspicio è che il Parlamento, nella scelta dei nuovi giudici, non enfatizzi più di quanto sia necessario le diverse sensibilità politiche e culturali dei candidati». Piuttosto serve fare presto: «Per il buon funzionamento della Corte è fortemente auspicabile che il prima possibile si arrivi a una ricomposizione del Collegio a quindici componenti».
augusto barbera sergio mattarella
Questo muro contro muro tra maggioranza e opposizione, così evidente, così plateale, che si perpetua su ogni tema, e che rischia di portare la Corte costituzionale alla "ingovernabilità", non fa bene a nessuno perché decisioni di portata eccezionalmente elevata saranno prese da soli undici giudici se i partiti e il Parlamento non si decidono a sciogliere i nodi. E poi, in undici, il collegio vive sul filo del rasoio: è sufficiente un'influenza e salta una seduta o una camera di consiglio. Ne va dell'efficienza di un cruciale organo dello Stato, insomma. Come ha ricordato autorevolmente anche il Capo dello Stato.
L'impasse dei politici indigna gli operatori del diritto.
L'associazione degli avvocati tributaristi, ad esempio, ieri lanciava un grido di allarme per l'ennesimo voto inutile.
Segno di una concezione "proprietaria" che si allarga alla Corte. «Non possiamo che ribadire – scrive l'Uncat – che l'esigenza e la necessità dei partiti che sono rappresentati in Parlamento di condizionare in qualche modo la produzione giurisprudenziale della Corte contrasta col senso intimo e profondo di questa somma Istituzione».
Il 20 gennaio prossimo, in ogni caso, la Corte voterà il suo nuovo presidente. E per quella data si spera che il Parlamento riesca nel suo compito. A quel punto, il panorama potrebbe semplificarsi per via del quorum che scenderà ai tre quinti anche per la sostituzione degli ultimi tre giudici.
Così pensa, almeno, il presidente della Camera, Lorenzo Fontana: «Ora si è abbassato il quorum, adesso credo che l'accordo sia più vicino. Non so, per una questione di tempistica, se troveremo il tempo di un'altra seduta entro Natale, ma ora non ci sono scuse. Mi auguro che la quadra venga trovata nel minor tempo possibile e che a gennaio si possa concludere».
augusto barbera augusto barbera sergio mattarella francesco saverio marini
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