DAGOREPORT - LA RISSA CRESCENTE TRA DRAGHI E LA SUA MAGGIORANZA SI DEVE IN PARTE AL SUO FLOP QUIRINALIZIO E ALLA SPOCCHIA DELLO STAFF DI MARIOPIO, GAROFOLI IN TESTA, CHE NON FA TOCCARE PALLA AI PARTITI - LEGA SPACCATA (BORGHI E BAGNAI) E M5S ALLA DERIVA (I "TRAVAGLINI'' GUIDATI DA FRACCARO) - I PROSSIMI SCOGLI PER IL GOVERNO SONO GRANDI E INSIDIOSI: RIFORMA DELLA GIUSTIZIA E DDL CONCORRENZA, DA APPROVARE TRA MAGGIO E GIUGNO, RIFORME FONDAMENTALI PER OTTENERE LA SECONDA RATA DEL PNRR - IL RUOLO DECISIVO CHE AVRA' DRAGHI NELLA CRISI TRA UCRAINA E RUSSIA...
IL PRIMO CONSIGLIO DEI MINISTRI DI MARIO DRAGHI - LUIGI DI MAIO - ROBERTO GAROFOLI
DAGOREPORT
La tensione crescente (eufemismo) tra Draghi e i partiti che reggono il suo governo è figlia di responsabilità diffuse. Mariopio ha ragione a rivendicare quasi una "necessità storica" al suo esecutivo, visto lo stato di emergenza del paese tra fine pandemia, inizio riforme per ottenere il Pnrr e crisi Ucraina ("Il presidente Mattarella ha voluto questo governo per fare le cose che servono all'Italia"), pretende che ministri e maggioranza siano allineati e obbedienti a ciò che viene deciso in Consiglio dei Ministri, invece deve "sporcarsi" con i bizantinismi di un farraginoso sistema parlamentare (che stress 'sta democrazia!), in cui tra l'altro leaderini e partiti sono già in piena e convulsa campagna elettorale.
D'altro canto, l'ex presidente della Bce, per un terzo, non è esente da colpe. All'inzio, alemo i primi 4 mesi, il suo decisionismo è stato spigoloso, gelido, andava di traverso a tutti, poi l'improvvisa inversione a U per raccattare il consenso dei partiti al fine di conquistare il Quirinale.
Una volta azzoppato, Draghi è tornato a fare Draghi: decisionista e sprezzante in CdM. Se a questo si sovrappone l'arroganza del suo staff, capeggiato dal vispo sottosegretario di palazzo Chigi Roberto Garofoli, un tipino che risponde dopo ore alle chiamate dei ministri o non risponde affatto, la frittatona è servita.
Diventa impossibile, a quel punto, contenere la (giusta) furia dei partiti che si sentono snobbati, o peggio schifati, dal "cerchio magico" di Draghi che sforna decreti e modifiche in "zona Cesarini", di cui nessuno ha preso visione.
Non solo verso i politici, anche nei riguardi dei tecnici scelti personalmente da Draghi. Emblematico il nervosismo di martedì scorso in Cdm del ministro Enrico Giovannini: quando è stato affrontato il decreto sulle concessioni balneari, è caduto dalle nuvole. Pur essendo titolare del dossier, era stato bypassato dai Draghi-boys: "Vedo solo adesso, per la prima volta, il testo del decreto".
Garofoli & friends, protetti da Draghi e gasati dal super-scudo di Mattarella, viaggiano su un binario parallelo: si sentono investiti della superiore missione di governare il Paese, dall'alto della loro "competenza". Peccato che nessuno di essi si sia mai preoccupato di presentarsi alle urne o prendere mezzo voto dagli elettori, ribattono i politici.
sergio mattarella e mario draghi
L'incazzatura dei partiti, che pure brillano di disarmante inettitudine, è comprensibile. Senza contare che la boriosa schiatta degli alti papaveri del "Deep state" ha il brutto vizio di prendere le redini del comando senza chiedere permesso, come racconta bene Sergio Rizzo nel libro "Potere assoluto" e prima ancora da Giuseppe Salvaggiulo nel libro "Io sono il potere".
I principali scossoni interni alla maggioranza arrivano da Lega e M5s. Ciò nonostante, i malumori hanno "pesi" diversi. Nel Carroccio la linea è chiara: sprofondato al 16/17 per cento, con la Meloni al 20, Salvini non vuole andare a votare prima della fine naturale della legislatura.
IO SONO IL POTERE - GIUSEPPE SALVAGGIULO
Ha anche indossato la felpa del moderato per rassicurare l'ala veneta del partito, Zaia in testa, che guarda con favore a Draghi, vuole fatturare e vede il Vietnam parlamentare come una inutile rottura di cojoni per la loro economia.
A fare da guastatore ai propositi del Bagnino del Papeete c'è un gruppetto di parlamentari "estremisti", vicino al tandem no-euro Borghi-Bagnai, che però è molto agguerrito e ben sparpagliato nelle Commissioni. Diversa la situazione tra i Cinquestelle. La fronda grillina è quella dei "travaglini" anti-Draghi, capeggiata da Fraccaro e benedetta da Conte (che però è fuori dal Parlamento), che si strapperebbero le mutande e stapperebbe lo spumante se il governo andasse gambe all'aria.
RICCARDO FRACCARO GIUSEPPE CONTE
Dal canto suo, Draghi ha i nervi a pezzi. Ha detto papale-papale ai suoi ministri che non devono fare gli stronzetti: quel che viene approvato in Consiglio dei ministri deve ricevere l'ok del Parlamento. Qualche modifica si potrà concedere, certo, ma dovrà essere prima concordata con il governo. Niente più "agguati", o tonfi della maggioranza, come accaduto sul decreto Milleproroghe.
sergio mattarella e mario draghi
Per contrastare il caro bollette, il governo metterà sul tavolo 7,5 miliardi tra aprile e giugno. Non di più. Draghi non vuole neanche sentir parlare di nuovi scostamenti di bilancio.
Al 31 dicembre del 2021 il debito pubblico è salito a 2.678,4 miliardi: siamo già con l'acqua alla gola. Non possiamo accumulare altro debito per contrastare l'esasperante rialzo del costo dell'energia su cui, tra l'altro, si è scatenata una speculazione selvaggia da parte di fornitori e rivenditori. Meglio intervenire su chi, approfittando della contingenza storica, gioca al rialzo per arricchirsi sulle spalle dei cittadini...
volodymyr zelensky e vladimir putin 1
I prossimi ostacoli per il governo sono grandi, grossi e rognosi: riforma della Giustizia e Ddl Concorrenza, che dovranno essere approvati tra maggio e giugno. Mariopio ha messo le mani avanti: no a emendamenti che ne stravolgano l'impianto. Anche perché si tratta di due riforme necessari, agli occhi di Bruxelles, per ottenere la seconda rata del Pnrr.
Per non farsi deprimere dalle beghe del pollaio romano, Draghi si ritaglierà un ruolo importantissimo nella risoluzione della crisi Ucraina: nei prossimi giorni volerà a Mosca per favorire il dialogo tra Putin e Zelensky. I potentoni d'Oltreoceano (e non solo) guardano al suo viaggio con molta fiducia, più di quella riposta nel movimentismo loffio del galletto Macron…
volodymyr zelensky e vladimir putin 3
IL RACCORDO CON IL COLLE PER ARGINARE LE TENSIONI
Estratto dell'articolo di Massimo Franco per il "Corriere della Sera"
L'impressione è che il colloquio di ieri tra Sergio Mattarella e Mario Draghi abbia avuto anche un valore simbolico. È avvenuto prima dell'incontro del premier con i capi delle delegazioni dei partiti governativi. E dopo le ennesime tensioni all'interno di una maggioranza che fatica a resistere agli istinti elettorali, e dunque a rimanere unita. Di fatto, è servito a ribadire ancora una volta che l'asse lungo il quale si muove Palazzo Chigi è quello col Quirinale; e che ogni mossa e iniziativa sarà concordata con Mattarella.
mattarella e mario draghi al quirinale
Il segnale è destinato in primo luogo alla coalizione. Lascia indovinare il disappunto del presidente del Consiglio per la disinvoltura con la quale alcuni partiti votano contro le misure del governo; e l'intesa con un capo dello Stato che ha accettato la rielezione soprattutto per favorire le riforme collegate agli aiuti europei. Ma quanto sta avvenendo non appare rassicurante. Il rischio è quello di un logoramento oggettivo, perfino al di là della volontà delle singole forze politiche.
sergio mattarella sulla lancia flaminia con mario draghi e ugo zampetti
[…] La preoccupazione nasce dalla debolezza di partiti che, in assenza di una visione strategica, hanno deciso tacitamente di iniziare la campagna elettorale subito dopo il voto per il Quirinale. E tendono a scaricare su Palazzo Chigi e sulla sua agenda tensioni e distinguo reciproci che vanno letti soprattutto in un'ottica di fine legislatura.
La domanda è se contrasti destinati ad accentuarsi di qui al 2023, possano già dominare l'atteggiamento verso il governo. Si sta aprendo un conflitto strisciante che le bacchettate di Draghi non riescono per ora né ad arginare né a chiudere. […] La novità, tuttavia, è che nelle reazioni delle forze politiche si intravede un'insofferenza non più nascosta ma quasi rivendicata. Far filtrare che se Palazzo Chigi non cambia metodo gli incidenti saranno «inevitabili», è l'annuncio di una tregua in bilico.
SERGIO RIZZO - POTERE ASSOLUTO
La richiesta di un maggiore coinvolgimento sulle decisioni da prendere si inserisce in uno sfondo di malumore esistente da tempo; e che probabilmente ha pesato sulle scelte del Parlamento per il Quirinale. Eppure, rimane il sospetto che la narrativa dei partiti su un premier che decide da solo sia anche un alibi per coprire le proprie contraddizioni. E comunque sia, si tratta di un gioco che presto potrebbe rivelarsi ad altissimo rischio.