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ROMA, CAPUT ZECCHE! MARINO PENSA AI MATRIMONI DELLE COPPIE GAY, INTANTO I GIARDINI ROMANI SI TRASFORMANO IN VERE E PROPRIE GIUNGLE: NESSUNO TAGLIA PIÙ L’ERBA, E IL PD LANCIA L’EMERGENZA ZECCHE
1 - ERBA ALTA, RISCHIO ZECCHE. INTERROGAZIONE DEL PD “EMERGENZA SANITARIA”
Cecilia Gentile per “La Repubblica – Roma”
«Con l’erba alta a Roma aumenta in maniera esponenziale il rischio zecche. Intervenga il governo». A lanciare l’allarme è il deputato pd Michele Anzaldi, che annuncia un’interrogazione al ministro della Salute Beatrice Lorenzin. «È stupefacente la sottovalutazione del problema — dice Anzaldi — per questo intendo chiedere al ministero della Salute di valutare se non vi siano le condizioni per un intervento del governo mediante la prefettura».
Anzaldi cita la circolare n. 10 del 13 luglio 2000 del ministero della Salute: «Il numero delle zecche nelle aree residenziali può essere controllato e ridotto rimuovendo le foglie secche, le sterpaglie e le cataste di legna intorno alle case, potando gli alberi e le siepi e tenendo puliti prati e sentieri».
«Quella delle zecche — spiega ancora Anzaldi — è una vera e propria emergenza. Le zecche possono trasmettere malattie molto pericolose, come la Tbe, una forma di encefalite che agli estremi può portare alla paralisi, o il morbo di Lyme, che può provocare artrite, meningite, aborto spontaneo e trasmissibilità al nascituro».
«L’assessore Estella Marino non doveva bloccare gli appalti — protesta Andrea Catarci, presidente del municipio VIII — Con l’erba alta il Campidoglio ha esposto i cittadini a una serie di rischi: sanitario, igienico, di incendi. L’inerzia è tale che neanche si favoriscono i privati che vogliono dare una mano.
Un centro sportivo in via Leonori, per esempio, si è offerto di pulire l’area giochi di fronte. Da due mesi sto aspettando il nulla osta dal dipartimento Ambiente». «Il Servizio giardini ha fatto la scelta scellerata di ripulire i grandi parchi con i trattori, abbandonando le aree gioco di quartiere — accusa Andrea Santoro, presidente del municipio IX — nel nostro municipio ne abbiamo 60 e sono tutte sommerse dall’erba».
2 - E IL GIARDINO SOTTO CASA DIVENTA GIUNGLA BOREALE
Marco Lodoli per “La Repubblica – Roma”
A chi magnifica la cultura di Parigi, la vitalità di Berlino, la spigliatezza di Barcellona, ogni romano sa cosa opporre: magari qui la cultura è un po’ in crisi, la vitalità scarseggia, siamo anche un po’ abbacchiati, d’accordo, ma il verde di Roma non ce l’ha nessuno al mondo, le nostre ville storiche, i grandi giardini, i parchi ve li sognate, cari amici. Così siamo soliti rispondere, verdi e fieri, orgogliosi del nostro immenso patrimonio d’alberi e prati e fontane, delle nostre passeggiate in viali freschi e profumati. Su tanti aspetti della modernità forse battiamo la fiacca, ma sul verde non ci supera nessuno, ci dispiace per voi: così dicevamo, convintissimi.
Ora però siamo meno sicuri della nostra carta vincente, il verde c’è ancora, d’accordo, ma ci sembra così poco curato, così trascurato che il nostro settebello è diventato un malinconico due di coppe. Trecento invecchiati giardinieri devono tenere in ordine un regno vegetale che prorompe con tutta la sua forza, che si corrompe come ogni cosa vivente, che cresce e muore senza l’attenzione necessaria. L’erba alta invade i parchi, le piazzette, le rotonde e nessuno la controlla. Abbiamo un tesoro e lo lasciamo arrugginire malamente.
In questi ultimi anni ci sono state piogge abbondanti, sempre meglio che l’angosciosa siccità del passato, e poi il sole caldo della primavera ha scatenato la potenza della natura. L’erba fa il suo lavoro: sale scatenata, esagera, dilaga. Bisognerebbe semplicemente falciarla, un’operazione che ogni giardiniere conosce bene, ma a quanto pare qui a Roma ce ne siamo dimenticati.
In poche settimane i pratini sono diventati giungle, la bellezza di un manto erboso si è trasformata in disordine, puro caos aggrovigliato. Rovi e sterpaglie invadono i parchi senza alcun limite, i giardini all’italiana sono diventati Borneo e foresta equatoriale, un mondo scomposto, un delirio pericoloso popolato da zecche pronte ad aggrapparsi alla pelliccia dei nostri cani e anche alle nostre povere gambette.
I fidanzatini sdraiati romanticamente su un prato a villa Borghese rischiano di tornare a casa coperti di bolle e punture di insetti. I bambini che rincorrono il pallone nei prati rischiano la pelle, nel senso letterale del termine. Quando si lascia troppo a lungo proliferare l’erbaccia, poi si trovano brutte sorprese: a piazza Verrazzano, ad esempio, tra la circonvallazione Ostiense e Eataly, quando finalmente è arrivata la falce ha scoperto che la novella giungla nascondeva rifiuti di ogni tipo, verde ripostiglio della spazzatura.
Una gran parte di villa Ada, invece, è chiusa da nastri e sbarramenti, abbandonata a se stessa. Sono caduti dei pini romani e, per precauzione, quella zona vastissima è stata isolata: lì nessuno entra, o forse solo i topi nell’erba che cresce rigogliosa e incontrollata. Insomma, bisogna agire in fretta.
Bisogna capire che la grande bellezza di Roma non sta solo nei musei e nelle chiese barocche, che ogni abitante di questa città ha la fortuna di avere tanti spazi verdi dove passeggiare, rilassarsi, giocare, correre, dimenticare almeno per un’ora le fatiche della vita quotidiana. Questi ettari di benessere vanno protetti amorevolmente, giorno dopo giorno. Basta poco per consegnarli alla desolazione, basta perderli di vista per pochi mesi.
“L’erba è alta ormai lo so/ e dovrei potare il melo” cantavano tanti anni fa i Dik Dik, un pezzo indimenticabile scritto da Battisti e Mogol: tutta la miseria di un’esistenza senza prospettive era perfettamente rappresentata in quei due versi, l’erba alta era il simbolo esatto di una depressione fatale. Se non si falcia e non si pota, avanza inesorabile la malinconia. Se non abbiamo cura dei nostri parchi, se li lasciamo andare in malora, se ne impadronirà la tristezza.