clint eastwood

UN CLINTON CHE VOTA TRUMP - DONALD SI CONSOLA DAI SONDAGGI PESSIMI CON LE FRASI DI CLINT EASTWOOD (VERO NOME: CLINTON), CHE SONO PIÙ UN ATTACCO ALLE FIGHE MOSCE DEI MILLENNIAL, PARALIZZATI DAL POLITICAMENTE CORRETTO CHE UN ENDORSEMENT VERO E PROPRIO

Vittorio Zucconi per “la Repubblica

 

clint e scott eastwoodclint e scott eastwood

Nel buono, nel brutto e nel pessimo di una stagione elettorale americana stralunata e polverosa come un western, irrompe sul set la figura di un gigante di Hollywood, Clint Eastwood, per salvare Donald Trump dai nemici e soprattutto da se stesso. «Alla fine dovrò votare per lui… È un duro… Uno che dice verità che gli altri non hanno il coraggio di dire, prigionieri della correttezza politica… Basta con questi leccac… che camminano sulle uova e con queste accuse di razzismo che non erano neppure razzismoquando io ero giovane».

 

Sembra di sentirlo, il vecchissimo ragazzone di San Francisco di un metro e 93 con quella sua voce afona e un po’ ansimante negli 86 anni compiuti il maggio scorso, mentre concede in un’intervista a Esquire la propria investitura a qualcuno come Trump, un attore che lui deve vedere appunto con gli occhi dell’attore e del regista, sicuramente più efficace dell’avversaria Hillary davanti all’obiettivo.

 

clint e   scott eastwoodclint e scott eastwood

Ma in quella voce, che non sposterà voti come non li spostano mai le star del cinema e dello spettacolo che confondono la popolarità con l’autorevolezza, c’è l’eco di un’America che si è aggrappata a Trump, come quarantacinque anni or sono si aggrappò al personaggio fittizio di Dirty Harry, dell’Ispettore Callaghan che con la sua 44 Magnum dispensava giustizia sommaria, incurante di regole e di procedura.

 

clint  e  scott eastwoodclint e scott eastwood

Negli anni rabbiosi e ansiosi del dopo ’68, della criminalità galoppante e del nixonismo “Legge e Ordine”, “Harry la Carogna”, come fu tradotto in Italia, l’ispettore era quello che oggi è Trump nello sbandamento collettivo tra insicurezza economica e violenza.

 

clint eastwood  a heathrowclint eastwood a heathrow

Sarà, questo voto senza entusiasmo annunciato da un uomo di cinema che da macchietta western in telefilm dozzinali in bianco e nero ha saputo diventare un monumento vivente all’arte popolare, un piccolo balsamo sulle piaghe che Trump ha aperto proprio nel partito repubblicano, scosso da brividi di ammutinamento contro di lui e da defezioni di parlamentari e maggiorenti che lo stanno abbandonando in favore di Hillary.

 

E che tramano un impossibile golpe interno per evitare ai repubblicani una Caporetto elettorale, Senato e Camera compresi, che i sondaggi disastrosi ipotizzano, per quel che valgono a tre mesi dal voto.

 

clint eastwoodclint eastwood

Eastwood, che di nome fa, curiosamente “Clinton”, non è neppure nuovo allo schierarsi in campagna elettorale e non ha precedenti incoraggianti per il campo trumpista. Alla Convention Repubblicana del 2012, che nominò Mitt Romney destinato a essere demolito da Barack Obama, Clinton, cioè Clint, apparve sul palcoscenico in uno sketch accanto a una sedia vuota. Voleva rappresentare la “vuotaggine” del presidente afro in carica, lanciandosi in undici minuti di attacchi, risultati inutili.

 

clint eastwood clint eastwood

Le sue predilezioni elettorali, che risalgono all’appoggio per Nixon, il politico al quale Trump si ispira, nel 1960 poi per Reagan, per Bush il Vecchio, per gli sconfitti McCain e Romney, ma non per Giorgio il Giovane che condannò per l’invasione dell’Iraq, non sono mai state adesioni di partito, ma slanci di affinità culturali. Nei candidati proposti dai Repubblicani, e soprattutto in Trump oggi, Clint ha ritrovato l’essenza di quell’Americanismo che i suoi personaggi hanno sempre rappresentato: l’individualismo.

 

La fede nell’Uomo

Senza Nome dei western di Sergio Leone, dell’Ispettore con la sua 44 Magnum di Walt Kowalski al volante dell’ultima automobile veramente americana, la Ford “Gran Torino” di Chris Kyle, il cecchino di American Sniper solo dietro al mirino del proprio fucile in Iraq. Uomini che vogliono assumersi la responsabilità della storia in proprio fino a morirne per far giustizia come Kowalski, sfidando le convenzioni.

TRUMPTRUMP

 

È un’adesione romantica, non ideologica, dunque, che il grandissimo vecchio di Hollywood offre a Trump, impastata di nostalgia per un’America che lui sa benissimo, come raccontò in Gran Torino, non tornerà più, nei connotati elementari della sua gioventù e del servizio militare con il grado di caporale in un Esercito vittorioso e non ancora umiliato in Vietnam.

 

Per Clint, come per i milioni di americani bianchi che voteranno in maggioranza il Donald e che sono la sua base elettorale, Trump è l’ultimo hurrà di una generazione che è stata davvero “Grande” nel breve momento dell’inarrivabile grandezza americana dopo il 1941. Lui stesso l’ha narrata nelle lettere da Iwo Jima dei Marines caduti per piegare l’imperialismo nipponico.

 

clint eastwood callaghanclint eastwood callaghan

Mentre il partito repubblicano che fu di un attore come lui, di Ronald Reagan, passa a un imbonitore da Reality Show come Trump, Clint stringe i denti e accetta di votarlo, per riassaporare un’ultima volta il gusto di un sogno.

 

Tra le finte sceneggiature opposte che si contendono la Casa Bianca 2016, l’“America Unita” narrata da Hillary Clinton e l’“America Di Nuovo Grande” dietro il muro cantata da Donald Trump, il taciturno solitario che non riusciva a trovare una parte perché bisbigliava le battute tenendo i denti stretti, ha scelto l’illusione della propria giovinezza, per tornare non grande, che già è, ma “Young Again”, ragazzo per un giorno. Quando c’era una volta l’America.

 

american psychoamerican psycho

 

Ultimi Dagoreport

funerale di papa francesco bergoglio

DAGOREPORT - COME È RIUSCITO IL FUNERALE DI UN SOVRANO CATTOLICO A CATTURARE DEVOTI E ATEI, LAICI E LAIDI, INTELLETTUALI E BARBARI, E TENERE PRIGIONIERI CARTA STAMPATA E COMUNICAZIONE DIGITALE, SCODELLANDO QUELLA CHE RESTERÀ LA FOTO DELL’ANNO: TRUMP E ZELENSKY IN SAN PIETRO, SEDUTI SU DUE SEDIE, CHINI UNO DI FRONTE ALL’ALTRO, INTENTI A SBROGLIARE IL GROVIGLIO DELLA GUERRA? - LO STRAORDINARIO EVENTO È AVVENUTO PERCHÉ LA SEGRETERIA DI STATO DEL VATICANO, ANZICHÉ ROVESCIANDO, HA RISTABILITO I SUOI PROTOCOLLI SECOLARI PER METTERE INSIEME SACRO E PROFANO E, SOPRATTUTTO, PER FAR QUADRARE TUTTO DENTRO LO SPAZIO DI UNA LITURGIA CHE HA MANIFESTATO AL MONDO QUELLO CHE IL CATTOLICESIMO POSSIEDE COME CULTURA, TRADIZIONE, ACCOGLIENZA, VISIONE DELLA VITA E DEL MONDO, UNIVERSALITÀ DEI LINGUAGGI E TANTE ALTRE COSE CHE, ANCORA OGGI, LA MANIFESTANO COME L’UNICA RELIGIONE INCLUSIVA, PACIFICA, UNIVERSALE: “CATTOLICA”, APPUNTO - PURTROPPO, GLI UNICI A NON AVERLO CAPITO SONO STATI I CAPOCCIONI DEL TG1 CHE HANNO TRASFORMATO LA DIRETTA DELLA CERIMONIA, INIZIATA ALLE 8,30 E DURATA FINO AL TG DELLE 13,30, IN UNA GROTTESCA CARICATURA DI “PORTA A PORTA”, PROTAGONISTI UNA CONDUTTRICE IN STUDIO E QUATTRO GIORNALISTI INVIATI IN MEZZO ALLA FOLLA E TOTALMENTE INCAPACI…- VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…