IL J’ACCUSE DI RENZI - QUELLO CHE DOVEVA ESSERE UN INTERROGATORIO SI È TRASFORMATO IN UNO SHOW: L’EX PREMIER SI È PRESENTATO DAVANTI AI PM DI FIRENZE SENZA RISPONDERE ALLE DOMANDE, E HA MESSO IN PIEDI UNA CONTROREQUISITORIA - RENZI HA ACCUSATO I MAGISTRATI DI AVER VIOLATO LA COSTITUZIONE, FONDANDO UN’INCHIESTA SU “PREMESSE ARBITRARIE” E POI SI È DICHIARATO DISPONIBILE A UN NUOVO INCONTRO - ORA CI SONO DUE STRADE: PROCEDERE CON LE RICHIESTE DI RINVIO A GIUDIZIO O…
Gianluca Paolucci e Giuseppe Salvaggiulo per “la Stampa”
A differenza di tutti gli altri petali del «giglio magico», indagati con lui per aver trasformato la fondazione Open in una cassaforte di finanziamento politico illecito, Matteo Renzi ha chiesto di essere interrogato dai pm fiorentini che lo accusano. E ieri si è presentato all'appuntamento, preso non casualmente all'indomani della decisione della giunta del Senato di sollevare conflitto contro la Procura davanti alla Corte costituzionale, come da lui richiesto, per violazione dell'immunità parlamentare.
Matteo Renzi in Giunta Immunita al Senato durante audizione sul caso ?Open
Ma di tutto si è trattato, tranne che di un interrogatorio. Per un'ora, in un clima che dall'iniziale formale cordialità è scivolato sul crinale della tensione, Renzi si è rifiutato di rispondere alle domande. E anziché difendersi ha puntato il dito contro gli stessi pm, in una baldanzosa controrequisitoria.
Li ha accusati di aver violato la Costituzione, mistificato, sbagliato grossolanamente, invaso il campo della politica, fondato un'inchiesta monstre su «premesse arbitrarie». Ha depositato una memoria di cinque pagine firmata dai suoi avvocati Federico Bagattini e Gian Domenico Caiazza, dichiarandosi disponibile a un nuovo incontro, quando i pm si saranno schiariti le idee ed emendati dalle loro colpe.
VIGNETTA DI VAURO SU RENZI E LA FONDAZIONE OPEN
Da parte loro, non senza imbarazzo, i magistrati hanno verbalizzato, ribadito di aver rispettato le regole e acquisito la memoria, riservandosi di valutarla. Ora hanno due strade: procedere con le richieste di rinvio a giudizio (alcuni imprenditori indagati hanno reso veri interrogatori, corroborando l'inchiesta) o svolgere le ulteriori indagini sollecitate da Renzi e riconvocarlo nelle prossime settimane (cosa non dovuta a differenza della convocazione di ieri).
L'archiviazione sollecitata da Renzi non è un'opzione realistica. Renzi contesta dalla base l'indagine «scandalosa», che dipinge la fondazione Open come schermo per finanziare la corrente renziana del Pd. Nega il ruolo di «direttore di fatto» della fondazione e l'esistenza della sua corrente, «uno sproposito politico che in un'indagine diventa grossolana e arbitraria mistificazione della realtà».
Cita altre fondazioni politiche «mai accomunate a correnti di partito» e (non senza malizia) il commissario Ue Gentiloni e il ministro Guerini: «Per la stravagante tesi accusatoria esponenti di vertice della corrente, anche se non hanno mai versato alcunché». In una mail della fondazione agli atti, entrambi (mai indagati) risultavano morosi rispetto al versamento delle quote dopo l'elezione in Parlamento nel 2013 in quota renziana. Poi sottolinea «plurimi, rilevanti e gravi errori» dei pm, che invita a «porre immediato rimedio».
Sfidandoli in un crescendo «in difesa della dignità della politica», li accusa di aver «reiteratamente e sistematicamente violato la Costituzione, come metodo di lavoro», utilizzando sue mail e chat sequestrate nei computer di altri indagati (egli non è mai stato intercettato né perquisito).
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La Procura (presente ai massimi livelli per testimoniare la compattezza dell'ufficio, anche rispetto agli attacchi degli ultimi giorni) ha ribadito la correttezza delle indagini. Che avrebbe argomentato anche in sede parlamentare, se la giunta avesse chiesto atti o memorie, ed eventualmente sosterrà davanti alla Consulta. La questione in ogni caso non paralizzerà il processo. Ma ha un enorme peso nella strategia politico-mediatica di Renzi. Tanto che Conte, leader M5S, annuncia voto contro Renzi in Senato perché «bisogna difendersi nei processi, senza privilegi». -