CAMUSSO: È ANCORA IL MOMENTO DI METTERSI A SINDACARE?

1. CAMUSSO APRE AL PATTO CON CONFINDUSTRIA - "CHIUDIAMO LA STAGIONE DEGLI STRAPPI". SQUINZI: CON LO STALLO PERSO UN PUNTO DI PIL
Roberto Mania per "la Repubblica"

«Nessuno più della Cgil può essere affascinato dal "patto dei produttori", deteniamo il copyright. Ma non possiamo permetterci il gioco delle illusioni». La prende da lontano e con cautela, Susanna Camusso, segretario della Cgil, per spiegare alla platea dei piccoli industriali di Confindustria riuniti all'Oval del Lingotto di Torino, che si può provare la strada per il patto delle fabbriche proposto dal leader degli industriali, Giorgio Squinzi, purché sia chiaro ciò che concretamente possono fare insieme sindacati e industriali.

Sono in qualche modo i paletti della Cgil, ma nello stesso tempo è anche un'apertura di Corso d'Italia. La platea rimane fredda ma forse «la lunga stagione degli strappi», come la chiama la Camusso, potrebbe essere alle spalle. Cisl e Uil sono già pronte all'intesa (addirittura pensano a uno sciopero-serrata insieme alle imprese) e la Confindustria di Squinzi non ha alcuna voglia di scontri sociali dentro la più grave recessione del dopoguerra.

E la prima cosa da fare, secondo la Camusso, «è quella di rimettere in ordine le relazioni industriali», le regole del gioco tra le parti per impedire gli accordi separati e tutti gli strascichi, sindacali e giudiziari, che si portano dietro. Pensa all'accordo sulla rappresentanza e la democrazia sindacali. D'altra parte, lontano dai riflettori i tre leader di Cgil, Cisl e Uil, Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, sono molto vicini ad un'intesa su come far approvare dai lavoratori i contratti.

Nelle prossime settimane ci sarà l'affondo finale con l'obiettivo di presentare il nuovo accordo alla manifestazione del prossimo primo maggio a Perugia. Sarebbe la premessa per costruire l'agenda comune sindacati-imprese. Secondo la Cgil due sono le leve sulle quali agire: il lavoro e il fisco. Per realizzare una redistribuzione del carico fiscale a favore delle imprese e dei lavoratori. E qui, la Camusso, accanto alla proposta cara agli industriali di modificare l'Irap che penalizza chi ha più dipendenti, rilancia la proposta della patrimoniale sulle grandi proprietà.

Certo agli industriali piace più la veemenza con cui Bonanni affronta il tema. Il leader cislino parla di «santa alleanza tra le parti sociali». «Che - dice - devono essere l'impalcatura su cui ricostruire il nostro Paese. Industriali e sindacati possono diventare alleatissimi per dare una sveglia all'Italia politica». Quella politica contro la quale si scagli Squinzi nell'intervento conclusivo: «Speravamo di poter discutere del programma dei primi cento giorni di un nuovo governo. Invece siamo a più di 50 giorni di inerzia totale, rischiosa e costosa. Grosso modo abbiamo contato di aver buttato un punto di Pil».

Come Confindustria sia arrivata a questo dato non è chiaro. Da Dublino il ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, spiega «di non essere in grado di fare stime» ma rivendica l'impegno del governo, a cominciare dal decreto per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, per far ripartire la crescita.

«Insieme al tempo - dice Squinzi - è finita anche la pazienza degli imprenditori». Perché è come se la classe politica non si accorgesse della drammaticità della situazione. Da qui l'idea del patto, non per dire agli altri cosa devono fare, bensì per dare l'esempio «su quello che dobbiamo fare, adesso, per il nostro paese». Un Paese colpito dalla «tempesta perfetta», nel quale - sono gli ultimi dati elaborati dalla Cgil - la cassa integrazione è esplosa, con 520 mila lavoratori a marzo a reddito ridotto con una perdita pari a 1.900 euro a persona. «Ma se chiudono le imprese - conclude Squinzi - muore il Paese».


2. MA LANDINI DICE NO: UNA FUGA DALLA REALTÀ CHE PAGHEREBBERO ANCORA I LAVORATORI
Roberto Mania per "la Repubblica"

«Un patto con la Confindustria sarebbe una scelta dettata dalla paura, una fuga dalla realtà. Bisognerebbe avere coraggio: non fare patti senza senso bensì accordi innovativi trovando mediazioni e scambi possibili», dice Maurizio Landini, leader della Fiom, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil.

Landini, al di là del tecnicismo e del sindacalese, perché dite no all'ipotesi di un patto con gli industriali per salvare - come ha proposto Squinzi - la fabbriche?
«Perché i patti firmati nel passato, anche senza la Cgil, hanno portato al governo Berlusconi e poi al governo Monti. E chi ha pagato le loro politiche? I lavoratori. Loro fanno i patti e i lavoratori pagano».

In questo caso non pagherebbero, come dice lei i lavoratori.
«Ah sì? Si chiede la riduzione delle tasse. Bene. E poi i servizi sociali chi li paga? Senta bisognerebbe cominciare a dire che c'è una responsabilità anche delle imprese e della Confindustria per la situazione in cui ci troviamo. Confindustria ha sempre sostenuto i governi Berlusconi e dopo quello Monti, ha approvato i tagli alle pensioni, ha voluto la modifica dell'articolo 18, ha sostenuto le scelte di Marchionne e la decisione della Fiat di andarsene dall'Italia».

Marchionne se n'è andato anche dalla Confindustria.
«Sì, ma intanto Confindustria ha accettato e difeso l'articolo 8 della legge Sacconi che permette di derogare a leggi e contratti. In nessun altro paese europeo ci sono regole così».

Il suo è un no preventivo alla Confindustria. E se si trovassero punti di intesa?
«Io sono abituato a parlare di accordi, non di patti».

Che differenza c'è?
«Che negli accordi si possono realizzare gli scambi. Per esempio: si bloccano o no i licenziamenti in Italia? E poi: anziché defiscalizzare gli straordinari perché non chiedere sgravi fiscali per i contratti di solidarietà?».

Si sente nella stessa barca di Squinzi?
«Le parole di Squinzi mi fanno venire in mente il Titanic. Sì, certo, stavano tutti sulla stessa barca ma quelli che si trovavano nella sala macchine non si sono salvati. Ci sono responsabilità diverse. Gli industriali italiani sono quelli che investono di meno in innovazione e ricerca. Forse pure per questo abbiamo i salari più bassi in Europa e un così alto tasso di precarietà».

Sì, ma Marchionne e anche altri, potrebbero dire che solo in Italia c'è la Fiom che dice no a qualunque accordo.
«Non è vero. La Fiom è il sindacato che firma più accordi di tutti. Ha detto di no alla Fiat, ma quello non era un accordo: era un ricatto ».

Cgil, Cisl e Uil sono vicine ad un'intesa sulla rappresentanza e la democrazia sindacali. La Fiom ci starebbe?
«La Fiom chiede di più: una legge sulla rappresentanza e il diritto di tutti i lavoratori, iscritti e non iscritti al sindacato, di votare sugli accordi».

La Fiom ha organizzato per il 18 maggio una manifestazione a piazza San Giovanni a Roma. Se le tre confederazioni decidessero una iniziativa unitaria, lei rinuncerebbe alla manifestazione?
«Le manifestazioni si fanno sui contenuti. Comunque, per ora solo noi abbiamo chiesto e ottenuto di manifestare a piazza San Giovanni».

 

MAURIZIO LANDINI SUSANNA CAMUSSO MAURIZIO LANDINI SUSANNA CAMUSSO MAURIZIO LANDINI SUSANNA CAMUSSO ANGELETTI BONANNI CAMUSSO Squinzi fiomMARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpegGRILLI MONTI

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