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TRA ERGASTOLO AI GIORNALISTI E MINACCE DAI POLITICI, LA TURCHIA VOTA PER TRASFORMARE ERDOGAN IN UN VERO SULTANO. IL PARADOSSO? CURDI E OPPOSITORI SONO TENTATI DI VOTARE 'SÌ': SE FINALMENTE AVRÀ I POTERI CHE VUOLE DA ANNI, FORSE SMETTERÀ DI AMMAZZARCI E IMPRIGIONARCI (AUGURI) - IL DOCUMENTARISTA ITALIANO GABRIELE DEL GRANDE BLOCCATO DA UNA SETTIMANA

Marco Ansaldo per ''la Repubblica''

 

 

gabriele del grandegabriele del grande

Nazli Ilicak è una bella signora bionda, notissima commentatrice sui giornali e alla tv turca, e dallo scorso luglio sta rinchiusa in cella. A causa dei suoi articoli e per le opinioni puntuali - espresse fino a poco tempo prima anche sul giornale filo governativo Sabah - è stata incriminata, ammanettata e portata in carcere tra mille flash. Ieri, alla vigilia del referendum di Pasqua sui superpoteri da assegnare al presidente Erdogan, un pm ha aggravato la sua sentenza chiedendo per la opinion maker più in vista della Turchia la pena dell' ergastolo.

 

Sono molti in Turchia a considerare Nazli Ilicak, come dicono, «una strenua sostenitrice della democrazia liberale». Tra questi il premio Nobel per la Letteratura, Orhan Pamuk, che la scorsa estate scrisse un articolo per Repubblica, in difesa degli intellettuali perseguitati nel suo Paese.

 

erdogan binali yildirimerdogan binali yildirim

La vigilia del voto appare turbolenta a Istanbul. E assieme a Nazli Ilicak è stata chiesta la condanna a vita pure per i due fratelli Altan, altri due forti nomi del pensiero indipendente: Ahmet, già direttore del quotidiano Taraf e autore apprezzato anche in Italia (il suo romanzo "Scrittore e assassino" è da poco uscito per e/o), e Mehmet, professore universitario di economia. Il trio, secondo l' accusa, avrebbe «tentato di impedire il Parlamento a condurre i propri doveri» e «di distogliere il governo della Repubblica di Turchia dal fare i propri compiti». I tre sono inoltre accusati di «aver cercato di rimuovere l' ordine costituzionale» e di «aver commesso crimini da parte di un gruppo armato pur non facendone parte».

 

PUTIN ERDOGAN SAN PIETROBURGOPUTIN ERDOGAN SAN PIETROBURGO

Grandi delitti sembrano compiere ultimamente i rappresentanti del pensiero libero in Turchia. Perché i tre editorialisti non sono i soli. La procura di Istanbul ha infatti chiesto l' ergastolo in totale per 17 persone accusate di aver sostenuto il fallito colpo di stato del 15 luglio in Turchia, sospettati di legami con la presunta rete golpista di Fethullah Gulen: molti gli intellettuali. Una richiesta di condanna che riguarda anche 10 latitanti, tra cui Ekrem Dumanli, ex direttore di Zaman, quotidiano che faceva a capo a Gulen e chiuso dopo il putsch, e il suo predecessore.

ERDOGAN   ERDOGAN

 

Ma il repulisti che da luglio ha portato nelle guardine già piene, svuotate però subito di molti detenuti comuni, 40 mila persone, non guarda in faccia nessuno. Ad esempio, non è stato ancora liberato l' italiano Gabriele Del Grande, documentarista e blogger, ormai da una settimana bloccato nella provincia sudorientale dell' Hatay per avere cercato di intervistare i profughi siriani, ma non dotato dei permessi necessari. La Farnesina spiega di essere in contatto con il connazionale, che comunque è in buone condizioni di salute. In Italia si moltiplicano gli appelli perché sia liberato al più presto. Lo aspetta un provvedimento di espulsione, che però avrebbe dovuto già entrare in vigore giorni fa. Invece, Del Grande resta per ora confinato alla frontiera con la Siria.

Gabriele Del Grande1Gabriele Del Grande1

 

Nessuna schiarita pure sul caso del corrispondente del quotidiano tedesco Die Welt. Dopo due mesi di carcere Deniz Yucel, che ha doppia nazionalità, si è sposato con la sua compagna Dilek, così avrà almeno qualcuno che potrà andare a visitarlo. Ma il presidente Erdogan l' altro giorno ha escluso che, nonostante le pressioni di Angela Merkel, il giornalista verrà estradato in Germania.

 

«Fino a quando resterò in carica », ha promesso. E ha definito Yucel, molto critico nei suoi articoli verso l' attuale Turchia politica, «un agente terrorista».

Il leader appare in forma e molto attivo. Nell' ultimo giorno della campagna Recep Tayyip Erdogan si è speso addirittura in quattro comizi nei quartieri più contesi di Istanbul. In Anatolia, a pochi chilometri dalla capitale Ankara, è andato invece la voce del "no" ai cambiamenti costituzionali proposti dal capo dello Stato. I sondaggi ufficiali danno il fronte guidato da Kemal Kilicdaroglu, leader del principale partito di opposizione in Parlamento, socialdemocratico, sotto di uno-due punti. Rapporti indipendenti darebbero invece il "no" a sorpresa in testa.

 

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Il Sultano, come lo definiscono con sprezzo i suoi avversari, è comunque convinto di vincere. «Il 16 aprile finiremo il lavoro iniziato il 15 luglio». Quindi, rassicurante sugli umori del suo popolo, è tornato sulla questione del ripristino della pena di morte in Turchia. «Fratelli miei, la mia decisione sulla pena di morte è ovvia. Se passerà in Parlamento e mi sarà sottoposta la approverò. La decisione di domani aprirà la strada a questo». Tutti aspettano.

 

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