bad bank renzi lotti

1. NELLE PRIME 5 SETTIMANE DEL 2016 LA BORSA DI MILANO HA PERSO IL 23%, OVVERO 129 MILIARDI, CIRCA IL 7% DEL PIL. PER LA VELOCITÀ, UN ANDAMENTO CHE HA POCHI PRECEDENTI 2. PERCHÉ RENZI NON DICE QUALCOSA? E PERCHÉ IL MINISTRO PADOAN NON PROVA A FERMARE QUESTA EMORRAGIA VIRALE? DOV'È FINITA LA BAD BANK DI CUI SI DICEVA 10 GIORNI FA?

1. FATE PURE CON CALMA

Marcello Zacché per “il Giornale”

ITALIA CRAC BUCO ITALIA CRAC BUCO

 

Fate pure con calma.
Nelle prime 5 settimane del 2016 la Borsa di Milano ha perso il 23%, quasi un quarto della sua capitalizzazione ovvero 129 miliardi, circa il 7% del Pil. Un andamento che ha pochi precedenti per la velocità con cui si sta sviluppando: -23% in 25 sedute di mercato. Negli ultimi dieci anni è successo qualcosa di così rapido solo due volte: la prima nel settembre-ottobre 2008, dopo il fallimento di Lehman Brothers che ha portato all' inizio della recessione; la seconda nell' agosto-settembre 2011, quando i rendimenti dei Btp cominciavano a salire facendo scoprire agli italiani la parola «spread».

matteo renzi padoanmatteo renzi padoan


Ma fate pure con calma: ci riferiamo a questo governo - inerme e silenzioso - e pure ai media che in altre circostanze hanno lanciato allarmi rossi. Vi ricordate il titolo del Sole 24 Ore del 10 novembre 2011? Quel cubitale «FATE PRESTO» che, facendo leva sullo spread a 552 punti, spingeva per un cambio del governo? Il che, partorito dal quotidiano della Confindustria, non era certo di poco peso.


Ora, se da un lato i conti pubblici italiani sono meno a rischio di allora, quando imparammo a misurarne la tenuta con l' andamento dello spread, lo stesso non si può dire per le banche, che abbiamo scoperto, grazie a una nuova parolina, il bail-in, essere sull' orlo del fallimento, gravate da 200 miliardi prestati a famiglie e imprese che non li hanno più. Ma allora perché nessuno dice «FATE PRESTO»?

BANCHE BANCHE

 

Cosa deve succedere ancora? Perché il premier Renzi non dice qualcosa? E perché il ministro dell' Economia Padoan non prova a fermare questa emorragia virale? Dov' è finita la bad bank di cui si diceva 10 giorni fa? Non ci pare che il mercato la stia apprezzando molto.


Si capisce che le migliori energie politiche siano investite altrove. Le unioni gay rappresentano uno snodo civile che fa onore al Paese; le primarie dei sindaci sono importanti; per non parlare del futuro referendum costituzionale. Ma forse a qualcuno non è abbastanza chiaro che così rischieremo di vivere in grandi famiglie arcobaleno, pedalando per città amministrate da sindaci post-arcobaleno e mentalmente liberi dal bicameralismo perfetto, ma senza sapere come fare a pagare la prossima rata del mutuo. O cosa troveremo nell' assegno del fondo pensione.

usare le banconote come carta da parati durante inflazione in germania del 1923 usare le banconote come carta da parati durante inflazione in germania del 1923


Chi pensa che quello che succede in Borsa non lo riguardi, si sbaglia: laggiù, in quel -23%, ci sono fette dei nostri risparmi, fondi, fondi pensione, polizze vita o le università dei nostri figli. E quello che non è lì, è nella banca che non riesce a farsi dare indietro i nostri soldi, prestati a chi sta ancora peggio di noi.


E ieri è successo un fatto nuovo, sempre laggiù in Borsa: il vecchio spread si è risvegliato, è schizzato, dal letargo dove stava, fino a quota 146, ai massimi dal luglio scorso.
La Grecia, pensate, torna a far paura. Chissà cosa vorrà mai dire? Lo capiremo, non c' è fretta.

 

2. IMPRESE, FAMIGLIE E GOVERNO CHI PAGA IL CONTO DELLA CRISI

Valentina Conte per “la Repubblica”

 

protesta dei risparmiatori davanti banca etruria  7protesta dei risparmiatori davanti banca etruria 7

I mercati tracollano da cinque settimane. In Italia peggio che altrove in Europa. Cosa succede? E quali impatti possiamo immaginare per imprese, famiglie, banche e conti pubblici? Esperti ed economisti non credono in una possibile nuova recessione che dagli Stati Uniti travolga ancora il Vecchio Continente. Eppure i motori del mondo - Usa e Cina - rallentano in modo vistoso.

 

E l’enorme liquidità in circolo, favorita dai diversi programmi di acquisto di titoli (i famosi Quantitative easing), non sta ferma e amplifica i problemi. Non c’è dubbio che se la tempesta proseguisse l’impatto depressivo su consumi e investimenti darebbe il colpo di grazia all’ancora timida ripresa in atto.

 

IMPRESE SFAVORITE

Italia CracItalia Crac

«Assistiamo ad uno scollamento raro da osservare in economia, una sorta di forbice: la situazione attuale va bene per i consumatori, male per le imprese », spiega Fedele De Novellis, docente di Economia politica alla Cattolica. Va bene per le famiglie, almeno nel breve periodo, perché «hanno poca ricchezza azionaria, a differenza di quelle americane». Non cambieranno dunque le decisioni di consumo, visto che i «prezzi delle materie prime continuano a essere bassi, in primis il petrolio, e così i tassi di interesse, favorendo i mutui».

 

Non così le imprese. Per loro e per i conti pubblici «qualche decimo di crescita in meno è da mettere in conto, ma non è un quadro drammatico». Le aziende «rivedono al ribasso le decisioni di investimento e il governo dovrà limare le previsioni di rialzo del Pil, che noi dell’istituto Ref già calcoliamo dell’1% anziché 1,6. Ma l’Europa, visto il contesto, potrebbe ammorbidirsi».

protesta dei risparmiatori davanti banca etruria  8protesta dei risparmiatori davanti banca etruria 8protesta dei risparmiatori davanti banca etruria  11protesta dei risparmiatori davanti banca etruria 11

 

FAMIGLIE A RISCHIO PANICO

Non la pensa così Stefano Manzocchi, direttore del dipartimento di Economia e finanza della Luiss. Se le imprese rischiano un nuovo credit crunch, una restrizione del credito e dunque «maggiori difficoltà nell’ottenere finanziamenti», le famiglie potrebbero fare i conti con «l’effetto paura, il sentirsi meno ricchi». E dunque «ricominciano ad aspettare, risparmiare, rinviare l’acquisto dell’auto», il vero traino del 2015.

 

Certo poi un rialzo dell’1,6% del Pil per quest’anno, come ipotizzato dal governo, è «forse ottimistico». Ma «anche se fosse l’1,4, l’impatto non sarebbe mostruoso». Il vero tema è il 2017. «Se la ripresa non si consolida e non siamo in grado di aprire un dialogo costruttivo con l’Europa, ci ritroveremo impiccati alle clausole di salvaguardia, dunque all’aumento dell’Iva: un suicidio».

 

LE BANCHE TRABALLANO

protesta dei risparmiatori davanti a bankitalia  9protesta dei risparmiatori davanti a bankitalia 9

Guardare alle Borse in picchiata di queste settimane può essere fuorviante. Ma certo, ragiona ancora Manzocchi, «se l’inquietudine dei mercati si prolunga nel tempo, allora sì, può rallentare tutto: l’ennesimo caso di profezia che si autoavvera ». Con le imprese costrette a rivedere i piani di investimento, le banche a ristrutturare pesantemente e a ridimensionarsi, le famiglie spaventate. Oggi pessimismo, domani stagnazione o peggio.

 

D’altro canto, analizza Andrea Goldstein, managing director di Nomisma, vi sono anche motivazioni tecniche dietro i tracolli dei mercati. «Le vendite automatiche, un nervosismo accentuato che sovradimensiona le crisi mondiali (dal lancio del missile in Corea alle tensioni tra Turchia e Russia), le vendite anche in perdita dei fondi sovrani istituzionali, soprattutto arabi, in cerca di liquidità per rientrare da esposizioni e pagare gli stipendi, con le quotazioni del petrolio ai minimi».

 

EURO CRACEURO CRAC

La tempesta azionaria, certo, arriva nel momento peggiore per l’Italia. «Ripresa ancora tenue, non brillante. Le famiglie hanno ricostruito il materasso, ma i consumi non riprendono. Le imprese, viste le tensioni sui mercati, a questo punto saranno più caute. D’altro canto, la crisi impatta più a livello di percezione. Cresce l’incertezza. E le banche poi soffrono tutte, anche quelle francesi, anche le migliori ».

 

RITORNO ALLA LEHMAN

protesta dei risparmiatori davanti a bankitalia  2protesta dei risparmiatori davanti a bankitalia 2

«Vedo uno scenario privo di controllo, al pari di un’automobile senza volante a cento all’ora », si incupisce Giacomo Vaciago, docente di Economia monetaria alla Cattolica di Milano. «Sembra di essere tornati al 15 settembre 2008, al crollo della Lehman Brothers», dunque all’origine della grande crisi. «Anzi qui è peggio di allora. Dall’11 di agosto i capitali non stanno più fermi, abbandonano la Cina.

 

Il Qe non funziona più, così come gli annunci di Draghi, il cui effetto calmante ora dura 48 ore al massimo. La gente ha paura, tira i remi in barca. Il piano Juncker doveva rilanciare gli investimenti, invece va avanti col contagocce. Le imprese ritirano i loro piani e rinunciano ad assumere. Tra un po’ in Europa ci sarà un milione di disoccupati in più. E i governi, anziché cercare rimedi, stanno a guardare».

 

CONTI IN BILICO

Licenziato LehmanLicenziato Lehman

«I conti pubblici italiani non sono la priorità, lasciamo stare lo zero virgola», insiste Vaciago. «Ora abbiamo bisogno solo di qualcuno che salga sulla locomotiva e faccia ripartire il treno. Sospendiamo per un anno la discussione sul debito pubblico, concentriamoci sulla crescita e sulle banche. Sono piene di sofferenze, il governo annuncia un piano. Ma dov’è?».

 

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