
FICO RIBELLE, DI MAIO GOVERNATIVO – GRILLINI SPACCATI ALLA META. DI BATTISTA: “VISTO NAPOLITANO? VUOL FAR SALTARE TUTTO. QUINDI, BISOGNA FARE IL CONTRARIO E DARE VIA LIBERA ALLA RIFORMA ELETTORALE” – CASALEGGIO STA CON “GIGGINO” E BEPPE SI CONVINCE
Tommaso Ciriaco per la Repubblica
GRILLO FICO DI MAIO DI BATTISTA
Nel bel mezzo della battaglia spietata per il controllo del Movimento, Luigi Di Maio spiana le barricate degli ortodossi con una telefonata. «Beppe - scandisce al cellulare con Grillo - noi questa legge dobbiamo portarla a casa. Abbiamo fatto i conti, eleggeremo almeno 220 deputati, se va bene anche 250. Ce ne mancherebbero meno di 70 per governare».
Il comico genovese si convince. È il segnale, il via libera per soffocare i fuochi di rivolta degli ortodossi. Esultano Di Maio e Davide Casaleggio, gli sponsor del "patto" con Matteo Renzi. Arranca Roberto Fico, il capo degli "antigovernisti a cinquestelle". Adesso soltanto la Rete può sconfessare la linea del "reggente" di Pomigliano D' Arco. E ribaltare l' esito di questo primo congresso virtuale del Movimento.
FICO E DI MAIO SERVONO LE PIZZE
Nel cortile affollato di Montecitorio Alessandro Di Battista fa sfoggio di un' abbronzatura dorata. Rulla l' ennesima sigaretta di tabacco, intrattiene le truppe. «Quando vi chiedono della legge elettorale, rispondete intonando "Despacito"...». Calma e gesso, insomma, perché l' accordo deve resistere. È lui, il volto televisivo del grillismo, l' altro pilastro dell' intesa. «Avete letto Napolitano? - domanda - Vuole far saltare tutto. Ecco, io faccio sempre il contrario di Napolitano. Dobbiamo fare il contrario di quel che dice lui». La scelta è netta, così come il patto di ferro con Di Maio.
Eppure, per un giorno intero il gruppo dei cinquestelle ribolle. I franchi tiratori si annidano tra i banchi grillini. Li governa Fico, con discrezione. Provano a portare Grillo dalla propria parte. «Beppe - lo prega al telefono - ripensaci ». Il capogruppo può contare su parecchi deputati, forse addirittura la maggioranza. Alzano il tiro contro il "tedesco", vogliono affossarlo. Individuano nelle preferenze e nel voto disgiunto il varco buono per minare l' intesa. «Noi dobbiamo votare queste modifiche - confida ai colleghi del Pd Angelo Tofalo - altrimenti questa situazione non la reggiamo».
Ma è tra i banchi dell' Aula che si gioca la partita della vita. Il braccio di ferro interno violentissimo. I voti ostili coperti dal segreto dell' urna sono decine. Di Maio e il suo scudiero Danilo Toninelli rassicurano a più riprese Ettore Rosato, «tranquillo, una soluzione si trova». Sanno che non possono schierarsi contro la pancia del gruppo, allora decidono di governarla.
beppe grillo davide casaleggio
La mente dell' operazione è sempre il vicepresidente della Camera. È convinto che difficilmente preferenze e voto disgiunto otterranno il semaforo verde di Montecitorio. Per questo, decide di affrontare prima la sfida delle votazioni dei parlamentari e soltanto dopo il giudizio della Rete.
Saranno gli iscritti a decidere se ratificare la riforma. E toccherà naturalmente alla Casaleggio associati scrivere un quesito che sia comunque "digeribile" dai militanti. Il resto lo fa Grillo, blindando il patto con un tweet: «Il Movimento vuole la legge e vuole il voto». Come a dire, senza il via libera degli iscritti, niente riforma né urne.
A sera, i tabulati di Montecitorio parlano chiaro. Il voto contrario dei grillini risulta decisivo per stoppare alcuni emendamenti dell' opposizione. Resta lo scoglio del voto online, forse l' ultimo ostacolo nella corsa di Di Maio alla leadership. Poi il reggente del Movimento avrà campo libero. E con questa legge elettorale potrà plasmare i gruppi parlamentari a sua immagine, piegando le sacche di resistenza ortodosse. Sarà un tassello importante per far virare il Movimento verso posizioni ancora più governiste e a patti post elettorali in Parlamento.
I ribelli, indeboliti, incassano comunque il risultato della nuova votazione on-line. Ci sperano, ma sanno che la Casaleggio associati tifa per il "tedesco". L' insofferenza per la linea di Di Maio, intanto, fatica a restare sottotraccia. Oltre a Fico, remano contro l' accordo big del primo grillismo come Paolo Taverna e Nicola Morra.
E anche i dettagli fotografano uno scontro interno violentissimo. Un esempio? In Aula, a un certo punto, prende la parola l' alfaniano Maurizo Lupi. Spara a zero contro la riforma elettorale targata Renzi e cinquestelle. Carlo Sibilia non resiste alla tentazione e inizia ad applaudire. Soltanto, lo fa nascondendo le mani sotto il banchetto.