FIORELLO DA’ LA LINEA – DI MAIO: “PIU’ DEL SUCCESSO ELETTORALE, ORGOGLIOSO DI ESSERE IL TOY BOY DI ORIETTA BERTI” – LA PRIMA VOLTA DI “GIGGINO” AL QUIRINALE CON LA RAGGI A FARGLI DA GUIDA – NAPOLITANO LO SCHIFA, MATTARELLA GLI STRINGE LA MANO
Michela Tamburrino per la Stampa
Entrava in punta di piedi Luigi Di Maio. Ora, mentre sale per l' imponente scalone quirinalizio, sfoggia una falcata da star e un sorriso sicuro, perpetuo, estasiato. Si celebra l' 8 marzo, la «Giornata Internazionale della Donna» al Quirinale e, ironia della sorte, Di Maio rappresenta la presidenza della Camera, da vicepresidente in assenza di Laura Boldrini. Occasione ghiotta, il salone dei Corazzieri risplende, è pure «una bella giornata» ha modo di inframezzare l' aspirante premier con un filo d' imbarazzo quando davanti a lui vede concentrarsi solo l' interesse dei curiosi e non dei colleghi di peso.
luigi di maio sergio mattarella
Non c' è Boschi che tenga, col suo triste abitino a pois gira al largo del leader M5S in completo scuro oramai d' ordinanza. Quando arriva Virginia Raggi, inimmaginabile nella sua pacata eleganza mai esibita prima, è tutto un riconoscersi, un capirsi subito ed è lei che s' improvvisa Beatrice dantesca e fa da guida e da apripista tra politici riottosi alla chiacchiera.
Perché la prima fila che è tutta dei ministri uscenti, mantiene un atteggiamento freddo, distaccato di fronte ai selfie, strette di mano di donne, soprattutto, non note al pubblico ma che, essendo lì, osano l' inosabile, l' occasione colta al volo: «Sono di Napoli mi posso fare una foto? Lei è bravissimo, facciamocene un' altra». I colleghi si dileguano, i telefonini bollono.
«Di Maio - gli chiediamo - ma che cosa l' inorgoglisce di più, essere arrivato primo alle elezioni o essere stato definito da Fiorello "il toy boy di Orietta Berti"?», risposta decisa: «Ovviamente il toy boy di Orietta Berti». E il sorriso diventa ancora più ampio. Ha il senso dell' ironia, «un giorno tutto questo gli tornerà utile», dice a mezza voce un habituée del Quirinale parafrasando il titolo di un best seller che però evocava anche il dolore.
Entra Mattarella e la cerimonia, quest' anno dedicata a «Donne e Costituzione», ha inizio con una diretta Rai che rimanderà i tanti contributi e l' atteso primo intervento del Presidente dopo il voto. Una scaletta densa, ben ritmata, che cattura l' uditorio. Di Maio applaude, segue attento, ha un moto di particolare interesse quando il Presidente parla dei temi etici, delle cure palliative per poi passare al dolore delle molestie, degli atti persecutori e dei femminicidi e annuisce quando Mattarella chiude il suo intervento rimandando alla centralità della questione femminile.
giorgio napolitano con la moglie clio
Fine, si accendono le luci su Di Maio che si avvia verso il salone delle feste attrezzato a brindisi. Resta poco l' aspirante premier, un po' in disparte rispetto ai circoli del potere che fu. Le due tribù di donne, una di destra e una di sinistra non sembra non abbiano interesse al confronto con Di Maio. Ma a lui interessa l' altro pubblico, tanto da distrarsi persino di fronte al rito della fotografia di gruppo, tanto da venir sollecitato dal fotografo del Quirinale perché si unisca agli altri politici per lo scatto di rito. Da una parte del salone siede il presidente emerito Napolitano con la moglie Clio.
Nessun convenevole. Non fosse azzardato sembrerebbe un elegante evitarsi. Per Mattarella invece sorrisi, strette di mano, apprezzamento per il discorso pronunciato appena pochi minuti prima e un breve augurio di buon lavoro. In delegazione con Di Maio, in ordine d' apparizione, Virginia Raggi, il candidato ministro Riccardo Fraccaro e le senatrici Wilma Moronese più Laura Bottici.
Nessuna tartina e neppure un bicchiere di spumante autoctono per Di Maio, gli impedirebbero di rispondere agilmente a tutti. Lui ci tiene a parlare di welfare e di famiglia, pur se deve rispondere alle domande più strampalate. Senza perdersi d' animo, s' inerpica volentieri nelle pieghe dei temi toccati da Mattarella: «La parità di cui si è parlato oggi ci sembra scontata eppure nella realtà non c' è. Il tasso di disoccupazione è ancora troppo basso soprattutto nel Mezzogiorno. La vera parità passa per la meritocrazia. Lavoreremo per questo».
Prende commiato Di Maio non prima di ricordare quasi sul portone che al Senato è il gruppo M5S quello con più donne tra le sue fila.