1. FURBETTI FOR EVER: NELL’INCHIESTA SERRAVALLE ESCE BERSANI ED ENTRA D’ALEMA! 2. PER LA PRIMA VOLTA A FEBBRAIO 2013 VIENE CHIAMATO IN CAUSA ANCHE IL MAGO DALEMIX: “L’ACQUISTO VENNE IMPOSTO DAI VERTICI DI PARTITO NELLA PERSONA DI MASSIMO D’ALEMA” 3. OVVIAMENTO L’ARCHITETTO SARNO, FEDELISSIMO DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE PENATI, ESCLUDE INVECE IL COINVOLGIMENTO DI BERSANI, DI CUI PENATI È STATO BRACCIO DESTRO 4. MA MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO BERSANI SPUNTA IN ALMENO DUE INTERCETTAZIONI. 30 GIUGNO 2005: BERSANI DICE A GAVIO CHE AVEVA PARLATO CON PENATI. 5 LUGLIO 2005: PENATI DICE A GAVIO DI AVER AVUTO IL SUO NUMERO DA CULATELLO 5. COINCIDENZA: L’IMPALLINAMENTO GIUDIZIARIO DI D’ALEMA APPENA HA ROTTO CON BERSANI

Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per "Il Corriere della Sera"

Sull'elevato prezzo al quale la Provincia di Milano presieduta dal ds Filippo Penati acquistò nel 2005 dal costruttore Marcellino Gavio un pacchetto d'azioni della società autostradale Milano-Serravalle , «le esatte parole di Penati furono: "Io ho dovuto comprare le azioni di Gavio. Non pensavo di spendere una cifra così consistente, ma non potevo sottrarmi perché l'acquisto mi venne imposto dai vertici del partito nella persona di Massimo D'Alema"».

L'ARCHITETTO - Nel carcere di Monza, il 4 febbraio, a fare il nome di D'Alema è stato il 67enne Renato Sarno, cioè l'architetto già incriminato dai pm monzesi come «collettore di tangenti e uomo di fiducia di Penati nella gestione di Milano-Serravalle»: per l'accusa è anche il professionista che nel 2008 avrebbe trattato con l'imprenditore Piero Di Caterina e con un top manager del gruppo Gavio (Bruno Binasco) una finta caparra immobiliare da 2 milioni di euro come «restituzione dei finanziamenti erogati da Di Caterina a esponenti di sinistra» anni prima.

L'OPERAZIONE - Sarno asserisce dunque che fu Penati a indicare nell'allora presidente dei Ds, ex premier e poi ministro degli Esteri, colui che lo aveva politicamente spinto a un'operazione finanziaria controversa già da quel 29 luglio 2005: da quando cioè la Provincia di Milano con Penati comprò dal gruppo Gavio il 15% della Milano-Serravalle al prezzo di 8,9 euro per ciascuna di quelle azioni che Gavio aveva acquistato in precedenza a 2,9 euro. Gavio incassò 238 milioni, temporalmente in coincidenza con l'appoggio finanziario (50 milioni) fornito poi da Gavio alla «scalata» che l'Unipol di Giovanni Consorte (compagnia assicurativa nell'orbita della sinistra) stava dando alla Bnl prima di essere fermata per aggiotaggio dai pm milanesi.

LA PROVINCIA - Non è perciò un caso che questo nuovo interrogatorio di Sarno (ora agli arresti domiciliari per un'altra vicenda con l'accusa di concussione per induzione dell'imprenditore Edoardo Caltagirone nel 2009) figuri agli atti non solo dell'indagine penale monzese, ma anche del procedimento che la Procura regionale della Corte dei conti sta per completare sul possibile danno erariale arrecato alla Provincia di Milano dall'operazione di Penati.

«I miei rapporti con Milano-Serravalle - racconta l'architetto a proposito dell'incarico per una due diligence sulla parte tecnica - iniziarono nel gennaio 2005 in seguito ad una richiesta di Giordano Vimercati», ex braccio destro di Penati e oggi tra gli imputati del processo monzese che inizierà il 26 giugno anche per Binasco e Di Caterina, in attesa dell'udienza preliminare su Penati il 17 maggio.

«Dopo l'estate del 2005 incontrai Penati che non avevo più rivisto dal 2000, dall'epoca di Sesto San Giovanni», dove Penati era stato a lungo sindaco pci. «Mi disse che era sua intenzione quotare in Borsa la Serravalle, ma che prima era necessario valorizzarla dal punto di vista economico e di immagine».

IL PARTITO - Perché? «Dal punto di vista economico - risponde Sarno ai pm Franca Macchia e Walter Mapelli - era necessario rientrare dalle spese sostenute dall'acquisto delle azioni da Gavio»: Penati disse «che era stato molto oneroso, che gli era stato imposto dai vertici del partito (nell'occasione mi fece il nome di Massimo D'Alema), e che non aveva potuto sottrarsi a questa operazione».

Il punto è molto delicato, e a Sarno, difeso dagli avvocati Giovanni Briola e Salvatore Scuto, viene chiesto di assumersi con precisione la responsabilità di quello che sta dicendo: «Le esatte parole di Penati furono: "Io ho dovuto comprare le azioni di Gavio. Non pensavo di spendere una cifra così consistente, ma non potevo sottrarmi perché l'acquisto mi venne imposto dai vertici del partito nella persona di Massimo D'Alema".

Io - aggiunge l'architetto indagato come "collettore" di finanziamenti illeciti di Penati - percepii che l'imposizione dei vertici riguardasse il momento e le condizioni dell'acquisto, anche perché lui non mi disse di aver mal valutato l'impegno di spesa».

PENATI SMENTISCE
- Penati, però, interpellato dal Corriere , smentisce radicalmente Sarno: «Costretto da D'Alema a strapagare le azioni a Gavio? Non l'ho mai detto a Sarno, né avrei mai potuto dirglielo perché non è vero: difendo l'operazione Serravalle fatta nell'interesse della Provincia e destinata ancora oggi a procurarle una plusvalenza», risponde l'ex vicepresidente del consiglio regionale lombardo che ha lasciato il Pd.

E se gli si chiede perché ritenga che Sarno prospetti un falso così dettagliato e pesante, Penati allarga le braccia: «Non ne ho la più pallida idea. Continuo ad avere stima di Sarno come architetto, ma non c'era nessuna ragione per la quale io dovessi parlare con lui dell'acquisto dell'operazione Milano-Serravalle ».

Penati, stando invece a Sarno, gli fa il nome proprio dell'allora presidente ds D'Alema, che sinora nell'indagine non era mai comparso, e non quello dell'allora europarlamentare e poi ministro dello Sviluppo economico Pier Luigi Bersani, della cui segreteria politica era capo Penati e il cui nome nel fascicolo almeno esiste per due intercettazioni: quella del 30 giugno 2005, in cui Bersani diceva a Gavio che aveva parlato con Penati, e quella del 5 luglio 2005, in cui Penati diceva a Gavio di aver avuto il suo numero da Bersani.

SERRAVALLE - Ma Sarno, evidentemente in risposta a una sollecitazione dei pm, nell'interrogatorio esclude il coinvolgimento dell'attuale segretario del Pd: «In merito, Penati non mi fece mai il nome di Bersani. Io non approfondii più di tanto questo aspetto, perché ciò che mi interessava era la valorizzazione della Serravalle come oggetto del mio incarico».

Del contesto di questo incarico a Sarno, anche Gavio avrebbe avuto consapevolezza: «Nel luglio 2007 incontrai a Tortona Marcellino Gavio, il quale mi disse che aveva saputo della mia attività professionale in Serravalle (...) e mi fece presente che sapeva che il lavoro era finalizzato alla valorizzazione di Serravalle in vista della quotazione in Borsa, anche a suo giudizio resa necessaria dall'elevato prezzo pagato dalla Provincia» proprio a lui.

 

Bersani e Penati di Benny per Libero penati bersani MASSIMO D'ALEMA FILIPPO PENATI - copyright Pizzibersani penati Autostrada Serravalletangenziale serravalleVIGNETTA VINCINO - BERSANI SERRAVALLEMarcellino GavioFILIPPO PENATI

Ultimi Dagoreport

luca zaia giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – DI FRONTE ALLO PSICODRAMMA LEGHISTA SUL VENETO, CON SALVINI CHE PER SALVARE LA POLTRONA E' STATO  COSTRETTO AD APPOGGIARE LA LISTA DI ZAIA, MELONI E FAZZOLARI HANNO ORDINATO AI FRATELLINI D’ITALIA UN SECCO “NO COMMENT” - LA PREMIER E IL SUO BRACCIO DESTRO (E TESO) ASPETTANO CHE LE CONTRADDIZIONI INTERNE AL CARROCCIO ESPLODANO E POI DECIDERE IL DA FARSI - PER NON SPACCARE LA COALIZIONE, LA DUCETTA POTREBBE SCENDERE A MITI CONSIGLI, NON CANDIDARE IL “SUO” LUCA DE CARLO E MAGARI TROVARE UN NOME “CIVICO”...

giorgia meloni daniela santanche matteo salvini renzi

CHE SUCCEDE ORA CHE DANIELA SANTANCHÈ È STATA RINVIATA A GIUDIZIO PER FALSO IN BILANCIO? NIENTE! PER GIORGIA MELONI UN RIMPASTO È INDIGERIBILE, E PER QUESTO, ALMENO PER ORA, LASCERÀ LA "PITONESSA" AL SUO POSTO - LA DUCETTA TEME, A RAGIONE, UN EFFETTO A CASCATA DAGLI ESITI INCONTROLLABILI: SE ZOMPA UN MINISTRO, LEGA E FORZA ITALIA CHIEDERANNO POLTRONE – IL DAGOREPORT DI DICEMBRE CHE RIVELAVA IL PIANO STUDIATO INSIEME A FAZZOLARI: IL PROCESSO DI SALVINI ERA DI NATURA POLITICA, QUELLO DELLA “PITONESSA” È “ECONOMICO”, COME QUELLO SULLA FONDAZIONE OPEN CHE VEDEVA IMPUTATO RENZI. E VISTO CHE MATTEONZO È STATO POI ASSOLTO IN PRIMO GRADO, COME DEL RESTO IL "CAPITONE" PER IL CASO "OPEN ARMS", PERCHÉ LA “SANTADECHÈ” DOVREBBE LASCIARE? – IL SUSSULTO DI ELLY SCHLEIN: “MELONI PRETENDA LE DIMISSIONI DI SANTANCHÈ”

francesco lollobrigida

DAGOREPORT - CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL GIORNO: “QUANTE GUERRE NON CI SAREBBERO STATE DI FRONTE A CENE BEN ORGANIZZATE?”. E TRA UNA CAZZATA E UNA GAFFE, FERMAVA PURE I TRENI - DOPO DUE ANNI DI LOLLISMO SENZA LIMITISMO, QUESTA ESTATE, UNA VOLTA SEGATO DALLA MOGLIE, LA SORELLA D’ITALIA ARIANNA MELONI, È SCOMPARSA LA NOSTRA RUBRICA PREFERITA: “LA SAI L'ULTIMA DI LOLLOBRIGIDA?”. ZAC!, IL SILENZIO È SCESO COME GHIGLIOTTINA SUL MINISTRO DELL’AGRICOLTURA (PER MANCANZA DI PROVE). DALLA “BANDA DEI QUATTRO” DI PALAZZO CHIGI (LE DUE MELONI, FAZZOLARI E SCURTI), ERA PARTITO L’ORDINE DI CUCIRGLI L’EFFERVESCENTE BOCCUCCIA (STESSO TRATTAMENTO ALL’ALTRA “PECORA NERA”, ANDREA GIAMBRUNO). A QUESTO PUNTO, NON ESSENDO ANCORA NATO UN MOVIMENTO DI LIBERAZIONE DEL REIETTO, L’EX STALLONE DI SUBIACO SI E’ MESSO IN TESTA DI FORMARE UN… - VIDEO, TUTTE LE GAFFES!

giorgia meloni marina berlusconi paolo barelli sigfrido ranucci antonio tajani

DAGOREPORT - DOPO LE VIOLENTE POLEMICHE PER LA PUNTATA SU BERLUSCONI-DELL’UTRI-MAFIA, DOMENICA PROSSIMA LA CAVALIERA MARINA POTREBBE PERSINO INVIARE UNA LETTERA DI RINGRAZIAMENTO A RANUCCI - '’REPORT’’ SCODELLERÀ UN SERVIZIO AL VETRIOLO SU PAOLO BARELLI, FEDELISSIMO SCUDIERO DI ANTONIO TAJANI, DEL QUALE DIVENTERÀ PRESTO CONSUOCERO - CON TAJANI RIDOTTO A CAVALIER SERVENTE DELLA DUCETTA, L'IMPERO BERLUSCONIANO HA BISOGNO DI UN PARTITO CON UNA NUOVA E CARISMATICA LEADERSHIP. MA MARINA E PIER SILVIO HANNO TEMPI LENTISSIMI PRIMA DI TRASFORMARE LE PAROLE IN FATTI. NON SONO RIUSCITI NEMMENO A OTTENERE DA TAJANI LA MESSA IN FUORIGIOCO DI BARELLI E GASPARRI - ORA VEDIAMO SE “REPORT” RIUSCIRÀ A DARE UNA SPINTARELLA AL CAMBIO DI GUARDIA DENTRO FORZA ITALIA…

matteo salvini roberto vannacci luca zaia lorenzo fontana calderoli massimiliano fedriga romeo lega

DAGOREPORT - SI SALVINI CHI PUO'! ASSEDIATO DAL PARTITO IN RIVOLTA, PRESO A SBERLE DA GIORGIA MELONI (SUL RITORNO AL VIMINALE, AUTONOMIA E TERZO MANDATO), ''TRADITO'' PURE DA VANNACCI, PER IL “CAPITONE” STA ARRIVERANDO IL MOMENTO IN CUI DOVRA' DECIDERE: RESTARE LEADER DELLA LEGA O RESTARE AL GOVERNO COME SACCO DA PUGNI DELLA DUCETTA? - LA CRISI POTREBBE ESPLODERE ALLE PROSSIME REGIONALI IN VENETO: SE ZAIA PRESENTASSE UN SUO CANDIDATO NELLA LIGA VENETA, SALVINI SCHIEREREBBE LA LEGA A SUPPORTO DEI “DOGE-BOYS” CONTRO IL CANDIDATO FDI DELLA DUCETTA, SFANCULANDO COSI' L'ALLEANZA DI GOVERNO, O RESTEREBBE A CUCCIA A PALAZZO CHIGI, ROMPENDO IL CARROCCIO? AH, SAPERLO...