A CHE GIOCO STA GIOCANDO MARONI CHE ASPIRA A PRENDERE LE REDINI DEL CARROCCIO? NESSUN RIBALTONE: BOBO TEME CHE UN ACCORDO IN PARLAMENTO SULLA LEGGE ELETTORALE PER EVITARE IL REFERENDUM VENGA FATTO SULLA PELLE DELLA LEGA. MAGARI PER ATTIRARE NELL’ORBITA DEL CENTRODESTRA L’UDC DI CASINI E METTERE I LEGHISTI IN UNA POSIZIONE DI SUBALTERNITÀ. E ALLORA, SE FOSSE QUESTO L’OBIETTIVO, MEGLIO IL REFERENDUM E IL RITORNO AL MATTARELLUM…

Amedeo Lamattina per La Stampa

Maroni è rimasto impressionato dal numero di firme raccolte per il referendum in così poco tempo. Un segnale forte che va ascoltato, secondo il ministro dell'Interno. Se a questo si aggiunge che lo stesso Maroni non ha demonizzato l'appello di Della Valle, a differenza del resto del suo partito e del Pdl, ce n'è abbastanza per far fiorire interrogativi e retropensieri.

A che gioco sta giocando l'esponente di primo piano della Lega che aspira a prendere le redini del Carroccio? La domanda se la sono posta un po' tutti i berlusconiani, a cominciare dal premier che ha definito quella del responsabile del Viminale «una voce fuori dal coro» che sembra fare da sponda alle manovre per mandare a gambe all'aria il governo.

Ci risiamo: sospetti di tradimento ribaltonista, di posizionamento per ereditare la poltrona massima di Palazzo Chigi a capo di un Esecutivo di responsabilità nazionale. «Tutte chiacchiere, le solite chiacchiere», taglia corto Maroni. Anche quelle di chi pensa che la sua uscita di ieri sia un pugno in faccia a Calderoli, padre del Porcellum, e a Bossi troppo appiattito sul Cavaliere.

Il suo ragionamento è un altro ed è tutto basato sulla «difesa della Lega». Maroni ha il timore che un accordo in Parlamento sulla legge elettorale per evitare il referendum venga fatto sulla pelle del Carroccio. Magari per attirare nell'orbita del centrodestra l'Udc di Casini e mettere i leghisti in una posizione di subalternità. E allora, se fosse questo l'obiettivo, meglio il referendum e il ritorno al Mattarellum. Dunque, Maroni non condivide il merito dei quesiti, ma vuole sventare una manovra a danno del suo partito.

Insomma, il suo è un avvertimento agli amici del Pdl che stanno facendo di tutto per ridimensionare il Carroccio e costruire in Italia un'alleanza sul modello Ppe in vista delle prossime elezioni politiche. Ma il ministro dell'Interno è convinto che in questo Parlamento non ci siano le condizioni per un'intesa sulla legge elettorale. A un certo punto, quando ci si renderà conto che ogni tentativo è vano, emergeranno fortissime le spinte per lo scioglimento anticipato delle Camere. Con l'apertura delle urne nella primavera del 2012. E lui spingerà verso questo sbocco.

Quanto alle parole di apprezzamento per Della Valle, Maroni spiega di non essere disponibile a «operazioni strane», ma di avere stima per l'industriale veneto, sia per la persona che per l'imprenditore che dà lustro al made in Italy nel mondo. Punto e basta. Berlusconi invece vede in azione i gattopardi che tramano alle sue spalle e in prima fila ci mette Della Valle con il quale sono rimasti epici gli scontri all'assemblea di Vicenza e a Porta a Porta nel 2006.

Il premier resiste asserragliato nel bunker, dove sono tante le questioni che deve affrontare nei prossimi giorni, dalla nomina del nuovo governatore della Banca d'Italia alla definizione dei provvedimenti per la crescita e lo sviluppo. Con la priorità della prossima settimana quando nell'aula della Camera arriverà il ddl sulle intercettazioni.

Un provvedimento che già durante il passaggio del voto al Senato aveva suscitato più di una perplessità del Capo dello Stato. Quel signore del Colle che per i berlusconiani ogni giorno di più si starebbe trasformando in un novello Cossiga picconatore. Anche Napolitano viene messo nel mazzo dei «cospiratori» e dell'accerchiamento.

Il premier a questo punto non esclude che si vada a votare nel 2012. Vuoi per evitare il referendum, come molti nel suo partito gli consigliano, vuoi per un incidente di percorso legato alla venuta meno della maggioranza. Occhi puntati non tanto ai movimenti dentro il Pdl, quanto alla Lega (le parole di Maroni, appunto, sono «fuori dal coro» a giudizio del Cavaliere). Ieri all'assemblea milanese del Pdl, le elezioni sono state evocate in diversi modi.

Daniela Santanché ha ricordato che solo grazie al cosiddetto «partito di plastica» (così veniva definito Forza Italia) si sono vinte le elezioni. E ora che c'è il Pdl, si deve sempre ricominciare dall'inventore di quel partito senza tessere e correnti. Magari ora si cambierà nome e La Russa, dopo aver detto che è arrivato il momento di tirare fuori gli «attributi», ha pure ipotizzato che nella prossima competizione elettorale si andrà con un nuovo logo: «Viva la nostra Italia». Insomma Forza Italia riveduta e corretta.

 

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