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“ALLORA, GIORGIA. SECONDO IL MANUALE DELLA POLITICA, DOPO LE ELEZIONI DEI PRESIDENTI DELLE CAMERE DI FRATELLI D’ITALIA E LEGA, A FORZA ITALIA SPETTEREBBERO…” - IL MURO DELLA MELONI DAVANTI ALLE RICHIESTE DI BERLUSCONI SU RONZULLI E GIUSTIZIA – “SCUSAMI PRESIDENTE, DI QUALE MANUALE STAI PARLANDO?” (IL MANUALE DELLA POLITICA E’ UNA FICTIO. COME IL MANUALE DEL CALCIO DI ALTAFINI). L’UNICA CONCESSIONE DELLA DUCETTA A SILVIO E’ SU TAJANI AGLI ESTERI...

T.L. per corriere.it

 

 

SILVIO BERLUSCONI CON GLI APPUNTI SULLA MELONI AL SENATO

«Allora, Giorgia. Secondo il manuale della politica, dopo le elezioni dei presidenti delle Camere di Fratelli d’Italia e Lega, a Forza Italia spetterebbero...». «Scusami presidente, di quale manuale stai parlando?». Ecco, alla fine una giornata iniziata prestissimo a Montecitorio e conclusasi tardissimo a Villa Grande, gli interlocutori di Silvio Berlusconi racconteranno di non averlo visto così neanche nei momenti più cupi del rapporto con Umberto Bossi o Gianfranco Fini, in quelle fasi della sua vicenda politica e umana che si erano concluse con un «addio» che in certi casi — non tutti — era stato poi rivisto in «arrivederci».

 

 

GLI APPUNTI DI SILVIO BERLUSCONI SU GIORGIA MELONI

Succede tutto la mattina, nell’evento riservato che determinerà gli altri clamorosi eventi che si manifesteranno sotto gli occhi di tutti, dal «vaffa» plateale pronunciato (ma non rivolto) a Ignazio La Russa alla scelta di Forza Italia di non votare per l’esponente di FdI, che poi sarebbe stato eletto alla presidenza del Senato con una dozzina abbondante di voti dell’opposizione, certificando una sconfitta tattica di Forza Italia.

 

 

Il nodo principale

L’evento riservato è l’incontro alla Camera tra Berlusconi e Meloni, che parte come peggio non potrebbe. Il leader azzurro invoca una compensazione in termini di ministeri per Forza Italia, che si ritrova senza presidenze delle Camere.

 

In realtà il punto è sempre lo stesso: un posto da ministro per Licia Ronzulli, tanto che il nome della fedelissima è scritto tre volte nei fogli di quella carpetta in pelle più tardi immortalata da centinaia di fotografi a Palazzo Madama. Prima era la Salute, adesso il Turismo, in ogni caso un ruolo nel governo che invece Meloni non vuole concedere.

 

RONZULLI BERLUSCONI MELONI

Nella stanzetta scende il gelo. «Giorgia, tu sei disposta a riconoscermi tre ministeri in più?», è l’argomentazione di Berlusconi. «No», risponde la presidente del Consiglio in pectore col sorriso di chi si trova di fronte a una pretesa assurda.

 

Saranno dei secchi «no» anche le repliche alla richiesta berlusconiana di avere due ministeri in più, poi uno solo. «E va bene, Giorgia. Allora veniamo ai ministri», azzarda Berlusconi iniziando l’elenco. «Sei disposta ad avere Tajani agli Esteri?». «Sì», è la risposta. Sarà l’unica risposta affermativa che arriva da Meloni.

 

Che poi pronuncerà gli altri due «no» secchi che spingono Forza Italia fuori dal perimetro degli elettori di La Russa alla presidenza del Senato: il primo è per il ministero della Giustizia, che non finirà a un esponente indicato dagli azzurri; il secondo è per Licia Ronzulli, la cui presenza è destinata a rimanere fuori dai radar ministeriali.

 

SALVINI BERLUSCONI MELONI LUPI

 

Psicodramma azzurro

A questo punto inizia lo psicodramma collettivo degli azzurri. Berlusconi si lascia convincere dalla cerchia ristretta, guidata da Ronzulli, a chiamarsi fuori dal voto per La Russa in Senato. Qualcuno, all’interno del partito, attribuisce a Tajani una volontà uguale e contraria. E dire che nessuno, e siamo a poco prima delle 13, ha ancora previsto l’uragano in arrivo. E cioè il fatto che di voti per La Russa, nell’urna, ce ne saranno a sufficienza.

 

Nelle successive stazioni di una giornata trasformatasi in calvario, Berlusconi dirà che «era giusto mandare un segnale», che «non si devono mettere veti», che «sia io che Casellati abbiamo invece votato per l’amico La Russa»; argomenterà che i voti che hanno messo in sicurezza l’elezione del presidente del Senato c’erano già, garantiti «da Renzi e dai senatori a vita»; e in serata, prima di chiudersi a Villa Grande, confesserà a un alleato «che non ho chiesto ai senatori di votare per La Russa per non dare l’impressione ai tanti parlamentari di prima nomina amici della Ronzulli di essere finiti all’interno di un partito dittatoriale».

GIORGIA MELONI E SILVIO BERLUSCONI

 

Falchi e colombe

Nella casa che fu anche di Franco Zeffirelli, prima che sia notte, il film diventa drammatico. Gli appunti sui ministri e i ministeri della carpetta aperta in mattinata davanti a Meloni erano già finiti nel grandangolo dei fotografi. Con tanto di nomi, compreso un «Carfagna» affiancato al ministero del Sud che verosimilmente era un appunto sugli attuali titolari. Ci si divide in Forza Italia tra «falchi», che vorrebbero presentarsi alle consultazioni al Colle in delegazione solitaria, e in «colombe», che premono per una riduzione del danno. Qualcuno ha intenzione di sfogare le proprie frustrazioni nelle urne della Camera che oggi potrebbero certificare l’elezione del leghista Lorenzo Fontana a Montecitorio. Ma forse no, chissà.

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