DAGONEWS – CHE FAMO, LO ARMIAMO O NO ZELENSKY? GIORGIA MELONI SI STA INCARTANDO SULLA QUESTIONE DELLE FORNITURE MILITARI ALL’UCRAINA: GLI AMERICANI PRESSANO LA DUCETTA AFFINCHÉ FORNISCA A KIEV LA BATTERIA AEREA SAMP/T. IL GOVERNO HA PAURA DI LASCIARE SGUARNITI I CIELI ITALIANI, MA È UN FALSO PROBLEMA: LA NATO E WASHINGTON HANNO GIÀ ASSICURATO LA LORO PROTEZIONE, E IN PASSATO GIÀ NE AVEVAMO PRESTATA UNA ALLA TURCHIA – LA QUESTIONE POLITICA (SALVINI E BERLUSCONI), QUELLA ECONOMICA E LE TENSIONI CON I FRANCESI
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ZELENSKY MELONI MEME BY DAGOSPIA
Tra i molti dossier scottanti sulla scrivania di Giorgia Meloni ce n’è uno più caldo degli altri: la questione delle armi da fornire all’Ucraina. Gli Stati Uniti insistono su Roma affinché fornisca a Zelensky la batteria aerea Samp/T. Il governo italiano ha però molti dubbi, soprattutto perché c’è il timore di sguarnire i cieli italiani da una fondamentale protezione. Come scriveva Tommaso Ciriaco su “Repubblica” lunedì 9 gennaio, “l'Esercito possiede cinque batterie operative, più una per l'addestramento. Sono cinque però solo sulla carta. Una è attiva in Kuwait […].
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Un'altra è stata promessa dal precedente governo agli Stati Uniti: verrebbe schierata in Slovacchia […]. Un altro paio sono ciclicamente in manutenzione. Ma può questa circostanza, da sola, giustificare la difficoltà a fornire lo scudo a Kiev?”. Ecco, può? Non proprio, secondo gli americani, che in questi giorni hanno anche tenuto a rassicurare l’Italia sul fatto che può stare tranquilla.
Ne ha parlato ieri Paolo Mastrolilli, corrispondente dall’America di “Repubblica”: “La Nato non lascerebbe mai scoperto un alleato così in prima linea, e quindi non si capisce bene da dove nascano le resistenze”, aggiungendo che in passato l’Italia aveva già prestato una batteria per la difesa aerea Samp/T alla Turchia “per due anni, senza alcun problema di sicurezza interna. Perché adesso le sue esigenze di difesa impedirebbero di concedere la stessa cortesia a Kiev?”
A Washington insomma iniziano a dubitare della buona fede dell’esecutivo, e credono che dietro alle ritrosie della Ducetta, che pure si dichiara turbo-atlantista e decisa a “continuare a sostenere l’Ucraina”, ci sia più che altro una questione politica, ovvero le pressioni degli alleati (ex?) filo-putiniani Berlusconi e Salvini. C’è poi anche la questione del costo. Scriveva sempre Ciriaco lunedì: “L'altro grande capitolo riguarda i costi. Può essere questa la ragione che frena Roma? Un Samp-T completo costa circa 750 milioni di euro. Quello che il governo dovrebbe fornire agli ucraini vale però circa 250 milioni”.
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Non solo. Come riporta Francesco De Regimis sul “Giornale”: “C'è poi il fatto che questa dotazione sia frutto di joint venture tra Roma e Parigi. La cessione va concordata con la Francia, che a sua volta tergiversa; perché l'intero sistema dovrebbe essere spostato in aereo da velivoli tattici Nato, come l'Airbus A400M Grizzly e il Lockheed C-130J Super Hercules. Cadrebbe il segreto sulle armi che l'Italia sta inviando a Kiev, e il nostro Paese sarebbe ancor più esposto (con Parigi) alle minacce di Mosca”.
Aggiungere che i rapporti tra Meloni e Macron non sono idilliaci (eufemismo) dal caso Ocean Viking, e il rebus si intrica ancora di più.
USA ANCORA IN PRESSING SU ROMA E PARIGI. "SPEDITE IL SISTEMA ANTIMISSILE MAMBA"
Francesco De Remigis per www.ilgiornale.it
L'assistenza umanitaria e militare a Kiev è fuor di dubbio, nelle cancellerie occidentali. Ma il crescendo degli attacchi di Mosca, tanto nel Donbass quanto in altre regioni ucraine dove per la pioggia di missili i civili sono ancora costretti ai rifugi antiaerei ha spinto pure gli Stati Uniti a bussare agli alleati europei, e non più il solo Zelensky.
L'imperativo della Casa Bianca sembra essere rimpolpare le truppe gialloblù con mezzi più moderni. Stavolta sul tavolo c'è il sistema di difesa aerea terra-aria noto come Mamba. È una produzione italo-transalpina, e sembra la sola a rientrare nella definizione di «scudo efficace», chiesto da Kiev già lo scorso autunno per difendere le città. Finora il Mamba è però rimasto dov'è, nonostante il pressing.
Il Samp/T, questo il nome, è in grado di intercettare anche aerei e droni; quindi è considerato vitale da Zelensky. E pure dal Pentagono che, contestualmente alla sveglia lanciata agli alleati europei, ha svelato i contenuti del nuovo pacchetto da 3 miliardi di dollari che gli Usa manderanno a Kiev; compresi, per la prima volta, 18 obici semoventi Paladin con cartucce da 105 millimetri e 50 tank Bradley adatti a combattere in Donbass.
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Il Samp/T è invece progettato per proteggere trincee e siti sensibili, valido contro tutte le minacce aeree. Ma non si trova nei magazzini, come buona parte dei carri e delle armi che l'Europa ha spedito in Ucraina.
Sono 5 le batterie in dotazione al 4° reggimento artiglieria controaerei di Mantova, più una per l'addestramento. Si tratta di valutare se l'Italia possa permettersi di fare a meno di una di queste, che oltre a essere costose dovrebbero essere rimpiazzate per non dar l'impressione di sguarnire la sicurezza nazionale.
EMMANUEL MACRON GIORGIA MELONI
C'è poi il fatto che questa dotazione sia frutto di joint venture tra Roma e Parigi. La cessione va concordata con la Francia, che a sua volta tergiversa; perché l'intero sistema dovrebbe essere spostato in aereo da velivoli tattici Nato, come l'Airbus A400M Grizzly e il Lockheed C-130J Super Hercules. Cadrebbe il segreto sulle armi che l'Italia sta inviando a Kiev, e il nostro Paese sarebbe ancor più esposto (con Parigi) alle minacce di Mosca.
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Dal Pentagono altri soldi a Kiev, veicoli corazzati e missili a Kiev: 500 anti-carro Tow e 250mila munizioni. Ma non sistemi così avanzati come il Samp/T. E se il raggio d'azione garantisce un ombrello di protezione su una grande città, non sarebbe il solo; l'altra ipotesi è ricondizionare il vecchio Spada 2.000 con missili Aspide, meno efficace, che monta invece Aster 30 a lancio verticale capaci d'intercettare aerei entro 100 km e missili entro 25 km.
GIORGIA MELONI EMMANUEL MACRON MEME
Roma è nel novero del «nuovo livello» di assistenza militare a cui si chiede di far fronte, specie dopo la telefonata del consigliere per la Sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan al consigliere diplomatico del premier Meloni, Francesco Talò. Il sesto pacchetto di aiuti è però in stand by.
E lo sarà almeno fino al 20 gennaio, quando l'Ukraine defense contact group (il «formato Ramstein» con 50 Paesi) si confronterà sulle effettive necessità gialloblù e sui nuovi possibili apporti.
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Sul campo restano gli Himars statunitensi (ma depotenziati per non colpire la Russia). Germania, Francia e Gran Bretagna hanno promesso l'invio di altri corazzati: Marder tedeschi, Amx-10 francesi e Warrior britannici che in un paio di mesi fortificheranno le brigate mobili in vista dell'offensiva russa di primavera; di ampia scala, stando agli 007. E non solo per far passare i tank dell'Alleanza, il fronte orientale Nato riceverà 682 milioni di dollari da Washington. Ma per riarmarsi.
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