“GLI ASTENSIONISTI RISCHIANO DI DIVENTARE LA BASE ELETTORALE DI LEADER ILLIBERALI” – IL POLITOLOGO SALVATORE VASSALLO, DIRETTORE DELL'ISTITUTO CATTANEO, SPIEGA IL CALO DEI VOTANTI IN ITALIA, CONFERMATO DALLE ELEZIONI IN UMBRIA E EMILIA-ROMAGNA: “L'ASTENSIONISTA STRUTTURALE HA UN BASSO TITOLO DI STUDIO E UNA SITUAZIONE ECONOMICA PRECARIA” – “LE PERSONE CHE SI SENTONO ESCLUSE DAL CIRCUITO ISTITUZIONALE POSSONO ESSERE ATTRATTE IN UN MODO POSITIVO, COME HA FATTO IL M5S. MA C'È IL RISCHIO DI INTERCETTARE QUESTI ELETTORI CON PROPOSTE NON COMPATIBILI CON LA DEMOCRAZIA…”
Estratto dell’articolo di Francesca Schianchi per “la Stampa”
I primi dati di affluenza, in Umbria come in Emilia-Romagna, sembrano confermare i timori della vigilia: anche qui, anche in regioni che spesso si sono fatte vanto della loro partecipazione, le percentuali sono precipitate rispetto a cinque anni fa. «Ci sono delle caratteristiche generali e locali», spiega Salvatore Vassallo, che all'Università di Bologna insegna Scienza politica e dirige l'Istituto Cattaneo.
Partiamo con quelle generali.
«La tendenza a un calo di partecipazione riguarda tutte le regioni, soprattutto quelle del Nord, da una decina d'anni a questa parte. Se dovessi indicare una data spartiacque, direi le Regionali in Emilia-Romagna del 2014».
Quelle vinte da Stefano Bonaccini con appena il 37 per cento di affluenza…
«Esatto. Un crollo di partecipazione che fu praticamente in toto attribuito all'inchiesta che aveva portato al voto, ma non credo spieghi tutto: io penso ebbero un peso le stesse caratteristiche locali che vediamo in questa elezione».
Cioè?
«Prima di tutto, elezioni asincrone rispetto alle altre, fissate a novembre, lontane dal periodo classico delle urne. E poi candidati percepiti come dignitosi e senza scheletri nell'armadio, ma talmente normali da non suscitare l'interesse dei media».
[…] E poi, quando si parla di tasso di affluenza alle Regionali, c'è un altro dato da considerare, spesso sottovalutato».
A cosa si riferisce?
«I cittadini residenti all'estero. Alle Politiche, hanno una propria circoscrizione. Alle Regionali, no, pur essendo negli elenchi degli elettori: teoricamente dovrebbero presentarsi al seggio a votare, cosa che naturalmente non fa nessuno. All'Istituto Cattaneo abbiamo fatto ripetuti test su questo: è un fattore che droga il dato di affluenza».
Di quanto?
«Consideri che in Umbria i residenti all'estero pesano per il 5,8 per cento, e in Emilia-Romagna per il 6,1. […]»
Detto tutto questo, però, è vero che la partecipazione cala ovunque. Qual è l'identikit dell'astensionista?
«Le caratteristiche più ricorrenti dell'astensionista strutturale sono basso titolo di studio, una situazione economica precaria, in maggioranza si tratta di donne. Persone che si sentono completamente estranee al circuito istituzionale e a domanda se si sentano di destra o di sinistra non sanno o non intendono collocarsi: giudicano genericamente negativo tutto quello che ha a che fare con la politica e il Parlamento».
Metà degli italiani – più o meno il tasso di astensionismo – è così?
«No, questo profilo non spiega tutto. Perché poi ci sono persone che su specifiche elezioni non si sentono coinvolte, ritengono che il fatto di votare o no non faccia molta differenza. Il che si può leggere in due modi: può voler dire che disprezzano tutti, ma anche che non sono particolarmente preoccupati da nessuno. Questo tipo di astensionista è in consistente crescita al Nord».
Questa disaffezione in crescita è un pericolo per la democrazia?
«Il rischio che vedo è nel come possono essere riattratti elettori che hanno preso le distanze».
Cosa intende dire?
«Beh, persone che si sentono completamente escluse possono essere attratte in un modo positivo, con proposte che garantiscano un interesse immediato. Il partito che è stato più efficace in questo è stato il Movimento cinque stelle, che è riuscito a strappare dall'astensionismo elettori con la promessa del reddito di cittadinanza o di bonus. Ma c'è il rischio invece di intercettare questi elettori con proposte meno rassicuranti».
A cosa allude?
«Elettori a lungo in sonno potrebbero essere risvegliati da proposte non del tutto compatibili con lo stato di diritto e la democrazia».
E non è possibile secondo lei riattrarli offrendo loro un sogno, una speranza, come si dice spesso la politica dovrebbe saper fare?
«Si possono far sognare persone già predisposte a farlo, che si sono astenute temporaneamente ma hanno già socializzato con la politica. Altrimenti, il pericolo vero è che questi astensionisti diventino la base di leader illiberali».