ASSASSINIO SUL NILO - REGENI SAREBBE RIMASTO QUATTRO, ADDIRITTURA CINQUE GIORNI, NELLE MANI DEI SUOI AGUZZINI. SOTTOPOSTO A TORTURE INDICIBILI, VITTIMA DI SEVIZIE CHE LO HANNO RESO QUASI IRRICONOSCIBILE - I SOSPETTI: IL CORPO DI GIULIO DOVEVA SPARIRE - IL CADAVERE GETTATO IN UN FOSSO, L’ULTIMO DEPISTAGGIO
Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”
Il corpo di Giulio Regeni doveva sparire. La sensazione degli investigatori italiani è che le disposizioni iniziali dei servizi di sicurezza locali prevedessero di non fornire alcun elemento concreto sulla sua morte.
E che la consegna del cadavere il 31 gennaio sia stata decisa solo di fronte al rischio concreto che i rapporti tra i due Paesi venissero seriamente compromessi dopo la minaccia esplicita dell' ambasciatore Maurizio Massari - concordata con Roma - di una interruzione delle relazioni commerciali e diplomatiche.
Ad avvalorare questa ipotesi sono proprio le condizioni della salma. Una indicazione più precisa potrà venire dalle varie analisi svolte durante l' autopsia, ma secondo i primi esami compiuti al Cairo il giovane sarebbe morto tre, quattro giorni prima del ritrovamento. Dunque sarebbe rimasto quattro, addirittura cinque giorni, nelle mani dei suoi aguzzini. Sottoposto a torture indicibili, vittima di sevizie che lo hanno reso quasi irriconoscibile.
Le rogatorie
Non sarà facile arrivare alla verità. Dopo il rilascio delle due persone fermate venerdì, il timore degli italiani è che al Cairo si stia cercando di mettere insieme una versione di comodo. I tempi di indagine si annunciano piuttosto lunghi e per l' eventuale acquisizione di atti è necessario procedere per rogatoria, passando attraverso i ministeri della Giustizia.
Ieri sera, 24 ore dopo l' arrivo al Cairo, il gruppo investigativo formato dai Carabinieri del Ros e i poliziotti dello Sco proprio per partecipare all' inchiesta, era impegnato ancora nelle istanze preliminari, in riunioni preparatorie per decidere con chi si dovesse interloquire. E questo nonostante ci sia ormai la certezza che Regeni è finito nelle mani di una squadra di servizi di sicurezza che da tempo lo teneva sotto osservazione.
La detenzione
Il giovane è stato catturato nel tardo pomeriggio del 25 gennaio. È possibile che sia stato preso nel corso di una «retata», ma il sospetto è che in realtà l' intervento fosse mirato proprio a lui, che in questo modo si volesse impedirgli di raggiungere i suoi amici.
Numerose testimonianze dell' ultima ora parlano di arresti di gruppo ma sulla loro attendibilità ci sono molti dubbi visto che tra la scomparsa e il ritrovamento del corpo sono trascorsi sei giorni e tutti i tentativi dell' ambasciata italiana al Cairo di avere qualche informazione sono caduti nel vuoto, nessuno si è fatto avanti.
Atteggiamento di chiusura, se non addirittura ostile quello delle autorità locali che hanno negato categoricamente la sua presenza negli ospedali e nelle carceri. La convinzione degli investigatori italiani è che fosse finito nel mirino della polizia e dei servizi di sicurezza per la sua collaborazione con l' agenzia online Nena news che si occupa di problemi mediorientali ed è molto seguita dagli attivisti politici.
Volevano conoscere le sue fonti, la sua rete di contatti. E seguendo una modalità utilizzata in centinaia di altri casi, avrebbero cominciato a interrogarlo proprio per ottenere informazioni preziose sull' identità degli egiziani che lo aiutavano a ottenere informazioni sul mondo sindacale.
Le sevizie
È la prima fase, dura dodici o al massimo diciotto ore e serve a verificare la volontà di collaborare, poi la capacità di resistenza. Subito dopo comincia il «trattamento». Difficile sopravvivere, perché le tecniche persuasive sono molteplici e vanno dalle scariche elettriche alle bruciature, dalle ferite inflitte con un coltello fino agli arti tagliati. Poi ci sono le percosse sul corpo, quelle sulla testa.
Moltissimi arrestati muoiono nelle camere di sicurezza egiziane, la maggior parte di loro non viene mai ritrovata.
GIULIO REGENI CON LA FAMIGLIAGiulio Regeni
Probabilmente anche Giulio Regeni doveva finire nella lista degli «scomparsi». Fino a quando non è stato fatto ritrovare in un fosso a decine di chilometri dalla capitale. L' ultimo depistaggio di chi lo ha ucciso.