renzi padoan

RIUSCIRA' RENZI A CONVINCERE LA MERKEL E JUNCKER A SFORARE IL PATTO DI STABILITA'? PER VINCERE LE ELEZIONI DEL 2016 IL PREMIER BLA-BLA HA PROMESSO 50 MILIARDI DI TAGLI FISCALI IN CINQUE ANNI, MA SENZA DIRE COME TROVA LE COPERTURE...

Antonio Spampinato per "Libero"

RENZI E PADOANRENZI E PADOAN

 

Il taglio delle tasse annunciato da Matteo Renzi, 50 miliardi in cinque anni, rischia davvero di trasformarsi in una poco divertente battuta estiva. E questa volta il premier, sempre a caccia di gufi da zittire, non deve fare molta strada per trovarne uno.

 

È stato il ministro per l’Economia, Pier Carlo Padoan, a sottolineare come le coperture necessarie per potersi permettere una tale - sacrosanta- riduzione della pressione fiscale vanno ancora trovate.

 

Non trovandoci in campagna elettorale, almeno non ufficialmente, ci si aspetta che le dichiarazioni di tale portata provenienti da Palazzo Chigi siano state ben ponderate e soprattutto concordate con chi ha il compito di far quadrare i conti.

 

matteo renzi pier carlo padoanmatteo renzi pier carlo padoan

Ma l’affittuario di via XX Settembre sembra venga puntualmente spiazzato da un estroverso presidente del Consiglio e che debba ogni volta correre ai ripari riportando Renzi con i piedi per terra.

 

L’eliminazione della Tasi sulla prima casa dal 2016 e l’Imu sui fabbricati rurali e sui cosiddetti imbullonati è sicuramente un bel modo per allentare l’asfissiante morsa del fisco ma, finora, il governo non ha detto come intenda coprire i cinque miliardi di buco che il provvedimento provocherebbe.

 

Si parla di un generico taglio della spesa ma vista la differenza tra i recenti annunci e i risultati ottenuti, sono in pochi che ora si azzardano a mettere la mano sul fuoco. E tra chi preferisce non sbilanciarsi troppo, c’è proprio Padoan. Ieri, nel corso di un incontro con la stampa estera, il ministro economico ha preso le distanze: i tagli dipenderanno dalle coperture e da una maggiore flessibilità sui parametri europei.

matteo renzi pier carlo padoanmatteo renzi pier carlo padoan

 

Se Bruxelles dirà no, addio riduzione delle tasse. E anche qui a Padoan tocca smentire il suo giovane capo: è possibile che il rapporto deficit/pil venga sforato, seppure con la benedizione dei colleghi europei.

 

«La copertura dipende da tagli di spesa, crescita e dall’utilizzo delle clausole di flessibilità che il Paese ha già richiesto e intende ribadire», ha detto Padoan, secondo quanto riporta l’agenzia Reuters presente all’incontro. «Visto il ritmo di riforme difficilmente comparabile ad altri Paesi della zona euro, ci sono i margini per ottenere questo».

 

La clausola sulla flessibilità, sottolinea l’agenzia, ammette deviazioni dagli obiettivi di bilancio, purché il deficit resti entro il 3% del pil, «se il ritmo di attuazione delle riforme è adeguato ». Senza contare che così facendo si aumenta l’indebitamento netto.

pier carlo padoan, pierre moscovici e michel sapin 4193e149pier carlo padoan, pierre moscovici e michel sapin 4193e149

 

E poi, chi decide sull’adeguatezza delle riforme? Non certo il governo italiano. Ci saranno sicuramente i margini per ottenere la sperata flessibilità ma il sì non è scontato. Così come non è detto che la crescita proceda ai ritmi previsti (negli ultimi anni le previsioni sono state puntualmente disattese) e i tagli di spesa, questa volta, portino ai saldi sperati.

 

Il ministro ha poi aggiunto che i numeri non sono stati ancora fissati perché manca la decisione sull’ammontare definitivo dei tagli alle tasse e si attendono gli ultimi dati sulla crescita.

carlo fuortes e pier carlo padoancarlo fuortes e pier carlo padoan

 

In pratica il conto sui 50 miliardi di tagli è stato fatto senza consultare l’oste. Perché dunque illuderci? È così che si zittiscono i gufi? Difficilmente i fornitori di luce, gas, linea telefonica e lo stesso fisco locale nazionale accettano l’ottimismo come moneta di scambio. Loro preferisco denaro son

Ultimi Dagoreport

turicchi, giorgetti, sala

FLASH! - IL DILEMMA DI GIORGETTI: IL CAPO DELLE PARTECIPATE DEL TESORO E SUO FEDELISSIMO, MARCELLO SALA, NON HA INTENZIONE DI TRASLOCARE ALLA PRESIDENZA DI NEXI PER FARE POSTO AD ANTONINO TURICCHI, CHE VANTA PERO’ UN ‘’CREDITO’’ NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DEL MEF PER AVER CONDOTTO IN PORTO LE TRATTATIVE ITA-LUFTANSA. MA ALLA PRESIDENZA DI ITA, INVECE DI TURICCHI, MELONI & C. HANNO IMPOSTO SANDRO PAPPALARDO, UN PILOTA PENSIONATO LEGATO AL CLAN SICULO DI MUSUMECI – ORA GIORGETTI SPERA CHE VENGA APPLICATA LA LEGGE CHE VIETA AI PENSIONATI DI STATO DI RICOPRIRE INCARICHI RETRIBUITI)…

donald trump

DAGOREPORT - LA DIPLOMAZIA MUSCOLARE DI TRUMP È PIENA DI "EFFETTI COLLATERALI" - L'INCEDERE DA BULLDOZER DEL TYCOON HA PROVOCATO UNA SERIE DI CONSEGUENZE INATTESE: HA RIAVVICINATO IL REGNO UNITO ALL'UE, HA RILANCIATO L'IMMAGINE DI TRUDEAU E ZELENSKY, HA RIACCESO IL SENTIMENT ANTI-RUSSO NEGLI USA - LA MOSSA DA VOLPONE DI ERDOGAN E IL TRACOLLO NEI SONDAGGI DI NETANYAHU (SE SALTA "BIBI", SALTA ANCHE IL PIANO DI TRUMP PER IL MEDIO ORIENTE) - I POTENTATI ECONOMICI A STELLE E STRISCE SI MUOVONO: ATTIVATO UN "CANALE" CON LE CONTROPARTI BRITANNICHE PER PREVENIRE ALTRI CHOC TRUMPIANI...

giorgia arianna meloni maria grazia manuela cacciamani gennaro coppola cinecitta francesco rocca

DAGOREPORT - MENTRE LE MULTINAZIONALI STRANIERE CHE VENIVANO A GIRARE IN ITALIA OGGI PREFERISCONO LA SPAGNA, GLI STUDIOS DI CINECITTÀ SONO VUOTI - SONDARE I PRODUTTORI PER FAVORIRE UNA MAGGIORE OCCUPAZIONE DEGLI STUDIOS È UN’IMPRESA NON FACILE SOPRATTUTTO SE A PALAZZO CHIGI VIENE L’IDEA DI NOMINARE AL VERTICE DI CINECITTÀ SPA, CARDINE DEL SISTEMA AUDIOVISIVO ITALIANO, MANUELA CACCIAMANI, LEGATA ALLE SORELLE MELONI, IN PARTICOLARE ARIANNA, MA DOTATA DI UN CURRICULUM DI PRODUTTRICE DI FILM “FANTASMA” E DOCUMENTARI “IGNOTI” – FORSE PER IL GOVERNO MELONI È STATA PIÙ DECISIVA LA FEDE POLITICA CHE IL POSSESSO DI COMPETENZE. INFATTI, CHI RITROVIAMO NELLA SEGRETERIA DI FRANCESCO ROCCA ALLA REGIONE LAZIO? LA SORELLA DI MANUELA, MARIA GRAZIA CACCIAMANI, CHE FU CANDIDATA AL SENATO NEL 2018 NELLE LISTE DI FRATELLI D’ITALIA - QUANDO DIVENTA AD DI CINECITTÀ, CACCIAMANI HA LASCIATO LA GESTIONE DELLE SUE SOCIETÀ NELLE MANI DI GENNARO COPPOLA, IL SUO COMPAGNO E SOCIO D'AFFARI. QUINDI LEI È AL COMANDO DI UNA SOCIETÀ PUBBLICA CHE RICEVE 25 MILIONI L'ANNO, LUI AL TIMONE DELL’AZIENDA DI FAMIGLIA CHE OPERA NELLO STESSO SETTORE…

consiglio europeo giorgia meloni viktor orban ucraina zelensky ursula von der leyen

LE DECISIONI ALL’UNANIMITÀ IN EUROPA SONO FINITE: IERI AL CONSIGLIO EUROPEO IL PRIMO PASSO PER IL SUPERAMENTO DEL VETO, CON L’ISOLAMENTO DEL PUTINIANO VIKTOR ORBAN SUL PIANO IN CINQUE PUNTI PER L’UCRAINA – GIORGIA MELONI NON POTEVA SFILARSI ED È RIUSCITA A RIGIRARE LA FRITTATA CON MATTEO SALVINI: NON ERA UN DESIDERIO DI TRUMP CHE I PAESI EUROPEI AUMENTASSERO FINALMENTE LE SPESE PER LA DIFESA? DI CHE TI LAMENTI? - ANCHE LA POLEMICA DEL LEGHISTA E DI CONTE SUI “SOLDI DEGLI ASILI CHE FINISCONO IN ARMAMENTI” È STATA AGILMENTE NEUTRALIZZATA DALLA SORA GIORGIA, CHE HA FATTO “VERBALIZZARE” LA CONTRARIETÀ DELL’ITALIA ALL’UTILIZZO DEI FONDI DI COESIONE…