POLVERE DI 5 STELLE - IL SENATORE MORRA ACCOMPAGNA ALL’USCITA I TRE RIBELLI: “SPERO CHE ALCUNI VADANO VIA. NON SONO DISSIDENTI, MA CAVALLI DI TROIA: RESTANO DENTRO PER DISTRUGGERE” - CAOS IN AULA
1. ADDIO AI GRUPPI M5S: ALTRI 3 SBATTONO LA PORTA
Silvio Buzzanca per “la Repubblica”
CASALEGGIO E GRILLO f afd a a f f d a ea
Il Movimento Cinque Stelle continua a perdere pezzi. Ieri hanno deciso di dimettersi dal Parlamento due senatori, Giuseppe Vacciano, il tesoriere del gruppo, e Ivana Simeoni. Li ha seguiti il deputato Cristian Iannuzzi, figlio della Simeoni. Ma quasi a compensare le difficoltà interne, i grillini della Camera hanno dato spettacolo. Durante la discussione della legge di Stabilità hanno “assaltato” a più riprese il banco del governo ed esposto cartelli di tutti i tipi.
Come “ladri di pellet”, “vergogna” e “governo d’azzardo”. Ottenendo come risultato un grappolo di espulsioni: ben 15. «Non c’è nulla di eroico», ha detto Laura Boldrini, invitandoli ad uscire fra gli applausi di Pd e Sel. Fuori la scontro è continuata sui social. «Un commesso mi ha sbattuto a terra. È una guerra - scrive Michele Dell’Orco, uno degli espulsi. «La maestrina Boldrini oggi mi ha sospeso dall'aula», twitta Daniele Del Grosso.
Infine un comunicato: «In questi giorni abbiamo visto cose inaccettabili, inenarrabili, mai viste nella storia parlamentare recente». L’azione di protesta “interna” è stata accompagnata da in sit in a Largo Goldoni, a via del Corso. I deputati, seduti incerchio, hanno manifestato tra la folla dello shopping natalizio all’insegna dello slogan “governo marchettaro”.
Una mobilitazione lanciata la mattina da Beppe Grillo che, ricevuto dal prefetto di Genova, per parlare delle tasse degli alluvionati, ha detto: «Si preferisce finanziare il gioco d’azzardo piuttosto che salvare chi è stato danneggiato». Il leader però deve fare i conti con la diaspora che fino ad oggi ha prodotto l’abbandono, a vario titolo, di 17 senatori e 9 deputati.
E altri ne seguiranno. Ieri, per esempio, Aris Prodani, dissidente “storico”, ha approfittato della diretta “pirata” dalla commissione Bilancio, per accusare il suo gruppo di avergli “censurato” due emendamenti. Quelli che hanno lasciato ieri, tutti e tre fanno capo a Latina, tengono pero a precisare che non escono dal Movimento, che rispetteranno tutte le regole e le decisioni dei gruppi.
Il terzetto spiega che non va in altri partiti, che andrà al Misto solo in attesa di uscire dal Parlamento. Vogliono lasciare lo scranno perché non condividono più il “metodo” di gestione del Movimento. Lamentano la scelta del “direttorio” e l’abbandono del principio “uno vale uno”. «Oggi - scrive Vacciano non riesco a identificare in questo Movimento (che rappresenta l’ultima speranza per il paese) alcuni elementi che per me erano fondamentali».
2. NON C’É DEMOCRAZIA. ALTRI PRONTI A LASCIARE
Annalisa Cuzzocrea per “la Repubblica”
A Parma, Cristian Iannuzzi era stato chiaro: «Nel mio meet up, a Latina, crediamo alla democrazia orizzontale. Sono entrato nel Movimento per questo, non per vedere nascere direttori o cacciare persone senza passare dall’assemblea. Che si fa quando le regole le violano Grillo e Casaleggio? Possiamo cacciare anche loro?». Il 7 dicembre - alla riunione organizzata dal sindaco della città ducale Federico Pizzarotti - Iannuzzi non aveva nascosto il suo dissenso. Non è un “dialogante”, non è uno di quelli che pensano si debbano cercare punti di incontro con le altre forze politiche, ma sono mesi che denuncia le cose che non vanno.
L’espulsione degli attivisti di Occupypalco per aver fatto troppe domande al Circo Massimo, la cacciata dei deputati Massimo Artini e Paola Pinna messa in votazione direttamente sul blog, la scelta di cinque persone per fare le veci di un Grillo «un po’ stanchino ». «Parlo per me - aveva detto - ma penso che anche Simeoni e Vacciano stiano pensando di dimettersi». L’aveva chiamata così, per cognome, la madre senatrice Ivana Simeoni.
E di Vacciano, il senatore tesoriere del gruppo - considerato un ultra-ortodosso - aveva finto di non conoscere la lettera di dimissioni già inviata ai colleghi di palazzo Madama, svelata a inizio dicembre dall’ Adnkronos . Promettono che il loro addio sarà diverso, i tre. Si sono dimessi, non hanno chiesto di passare al gruppo misto. «Una scelta più dignitosa - commentano molti colleghi - vediamo se lo faranno davvero, però, se reitereranno le loro dimissioni finché non saranno accettate».
È proprio all’uscita dal Parlamento, che vuole portarli chi rimane. Un Luigi Di Maio di umore tutt’altro che natalizio si ferma mal volentieri a parlarne in Transatlantico. Il vicepresidente della Camera non accenna a un sorriso, allarga le braccia e dice solo: «Aspetto quelli che subentreranno».
Roberto Fico, altro influente esponente del direttorio, è a Cagliari a lanciare la campagna anti-Equitalia, e sceglie di non commentare. Ma in una giornata movimentatadalle continue espulsioni dall’aula (i deputati M5S cercano a turno di scavalcare e piazzarsi sui banchi del governo) nei capannelli di Montecitorio non si parla d’altro. Per Giulia Sarti «se non si trovavano bene è meglio così, l’importante è che si siano dimessi. È nel nostro dna, se non ti ritrovi torni a casa, non passi al misto votando con il Pd come ha fatto Currò».
La deputata romagnola ricorda: «Grillo in campagna elettorale l’aveva detto, ne perderemo il 20 per cento. Se non cambiamo il nostro metodo di selezione è fisiologico, ma mi rendo conto che sia complicato. Non abbiamo circoli in cui poter votare le persone che si sono distinte, i meet up non sono riconosciuti, in alcune città ce ne sono due o tre. Noi tutti siamo qui grazie a Beppe, è lui che hanno votato, ma bisogna trovare un modo perché chi arriva non lo debba solo a un colpo di fortuna».
A questo punto, la domanda che ricorre è: «Chi sarà il prossimo? ». Il più vicino all’uscita sembra Aris Prodani. Il deputato triestino ha litigato col suo gruppo per un emendamento in stabilità e ora dice: «Mi prendo qualche giorno per pensare ». Altri hanno rinviato la scelta a gennaio. Aspettano un pretesto, che potrebbe arrivare con l’elezione del presidente della Repubblica.
«Ne usciranno ancora uno o due - prevede Danilo Toninelli - poi avremo raggiunto il nostro organico fisiologico ». Il senatore Nicola Morra, invece, fa il tifo: «Spero che alcuni vadano via. Non sono dissidenti, ma cavalli di Troia: restano dentro per distruggere ».