HAFTAR, LA CHIAVE PER ENTRARE IN LIBIA - LA VISITA DEL GENERALE A GIUSEPPE CONTE PERMETTE ALL’ITALIA DI RIENTRARE NELLA PARTITA LIBICA E DISCUTERE DI CIRENAICA, MIGRANTI E PETROLIO - CON LA FRANCIA ALLE PRESE CON PROBLEMI INTERNI, E LE ELEZIONI ALL’ORIZZONTE, HAFTAR NON PUÒ FARE A MENO DELL’APPOGGIO DI ROMA - SU TRIPOLI PENDE LA “MINACCIA” DEL RITORNO DEL FIGLIO DI GHEDDAFI, SAIF
Gabriele Carrer per “la Verità”
L'incontro di ieri a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il comandante dell' autoproclamato Esercito nazionale libico, il generale Khalifa Haftar, ha riavvicinato la Francia alla visione italiana sul dossier che riguarda il Paese del Nord Africa, fondamentale per il controllo delle ondate migratorie sulle coste europee. L'uomo forte della Cirenaica era atterrato in Italia martedì, e nei suoi due giorni a Roma ha incontrato, oltre al premier Conte, anche Daniel Rubinstein, ambasciatore statunitense in Tunisia e uomo di riferimento del presidente Donald Trump per la Libia.
Una nota diffusa di Palazzo Chigi riferisce che al centro dei colloqui ci sono stati i seguiti della conferenza di Palermo del 12 e 13 novembre e il sostegno al lavoro di Ghassan Salamé, invitato delle Nazioni Unite in Libia, nell'ambito del processo di stabilizzazione del Paese.
al serraj haftar giuseppe conte
Sull' incontro è intervenuto Mohammed Al Riad, deputato libico di Misurata, intervistato da Agenzia nova. La speranza dei politici libici di Misurata, ha detto, è che il governo italiano convinca Haftar «ad aderire al processo politico» iniziato in Libia con l’accordo di Skhirat del 2015. L'aiuto dell' Italia, «in quanto Paese amico nel trovare una soluzione allo stallo politico è molto importante ed è questo che noi vediamo in questi incontri bilaterali», ha aggiunto.
«Gli sforzi di Roma possono aiutare un riavvicinamento tra Haftar e le altre parti politiche della Tripolitania per unire gli sforzi e andare verso il piano dell' inviato dell' Onu». In poche parole Al Riad ha messo in fila tre temi: il sostegno al piano Onu (appoggiato dall' Italia) che prevede elezioni entro la primavera 2019; la necessità di trovare un' intesa tra Haftar e Fayez Al Serraj, presidente del governo di Tripoli, quello riconosciuto dall' Onu ma in difficoltà negli ultimi mesi vista l'avanzata delle forze della Cirenaica; il riallineamento sull' agenda italiana di Parigi, ben più inserita in quel di Misurata rispetto a Roma.
I primi segnali di riavvicinamento della Francia all'Italia sul dossier libico erano arrivati durante la conferenza di Palermo. Il ministro degli Esteri di Parigi, Jean-Yves Le Drian, si era allineato alla richiesta di Roma di non premere troppo sul pedale dell'acceleratore del processo di pace nel Paese del Nord Africa dilaniato da due guerre civili dopo il rovesciamento per mano occidentale del regime di Muammar Gheddafi: già allora il numero uno della diplomazia dell' esecutivo di Emmanuel Macron decise di sostenere il governo Conte e il piano dell' inviato Onu Salamé rinunciando al voto entro il 2018 e accettando di posticiparlo a primavera.
Sul tavolo dell' incontro tra Haftar e Conte anche altri tre temi però: migranti, petrolio e il futuro dell' ambasciatore italiano a Tripoli Giuseppe Perrone, il cui ritorno in Libia oggi è fortemente caldeggiato proprio da Haftar, i cui uomini ad agosto lo definirono un nemico costringendolo al rientro in Italia (poi prolungato dalla Farnesina). Il leader dell' Est della Libia ha in mano due nuove città, Sabrata e Zawiya, a Ovest di Tripoli, che rappresentano importanti porti di partenza per i barconi, e i suoi uomini stanno intensificando le operazioni a Mellita, centro a pochi chilometri dal confine con l' Algeria, dove ha sede l' hub di Eni.
Forte del sostegno degli Usa, Haftar ha garantito collaborazione al nostro Paese, spiegano fonti della diplomazia italiana, ricordando la forte intesa tra l' amministrazione Trump e il governo Conte. Il generale si è dovuto però scontrare con le resistenze del nostro esecutivo, in particolare dei ministeri degli Esteri (guidato da Enzo Moavero Milanesi) e della Difesa (di Elisabetta Trenta), ben poco disposti ad accettare il rientro dell' ambasciatore Perrone e decisi a forzare la mano su un altro diplomatico, Giuseppe Buccino Grimaldi, già ambasciatore in Libia dal 2011 al 2015, ma poco gradito ad Haftar.
La due giorni romana è servita al leader della Cirenaica per far pesare i suoi risultati sul campo e mostrarsi come l' interlocutore principale dell' Occidente in Libia. Verso le elezioni però si muove anche, seppur con crescenti difficoltà, Al Serraj. Difficoltà, spiegano fonti libiche, legate anche al flop dei colloqui di martedì con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Il quale, seppur abbia ufficialmente dato il suo appoggio al governo di Tripoli, ora deve fare i conti con le resistenze della Germania e della Francia.
Quest'ultima non soltanto si sta riavvicinando ad Haftar ma vuole soprattutto evitare che le milizie di Al Serraj accedano ai programmi di addestramento Nato. Il primo obiettivo sia di Haftar sia di Al Serraj è il riconoscimento delle Nazioni Unite, che significa palcoscenico internazionale ma soprattutto soldi. E in corsa per il malloppo si è inserito Saif Al Islam Gheddafi, che proprio ieri ha inviato una lettera al presidente russo Vladimir Putin per chiedere il sostegno di Mosca nella crisi libica.
In cambio, il secondogenito dell' ex leader (che non appare in pubblico da quando venne rilasciato di prigione nel giugno 2017 e su cui pende un mandato di arresto da parte della Corte penale internazionale dell' Aia) ha garantito il suo appoggio al piano di pace Onu, a patto che la conferenza nazionale prevista per l' inizio del 2019 porti a una vera riconciliazione nazionale. Cioè che ne sia protagonista anche lui.