CHI TOCCA LE TOGHE MUORE! – I MAGISTRATI BOCCIANO SU TUTTA LA LINEA LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA – “TAGLIARE I 4 GIORNI DI FERIE È UN INSULTO” – CRITICHE ANCHE SULLA PRESCRIZIONE E SULLE INTERCETTAZIONI
Enrico Paoli per "Libero Quotidiano"
«Pericolo, chi tocca le toghe muore». La scritta, anzi l’avvertimento, dovrebbe far bella mostra di sé all’ingresso delle aule dei tribunali. Perché l’Associazione nazionale magistrati, con un assalto frontale riservato solo ai governi di altri tempi, ha seppellito quintali di pagine dedicate alla presunta guerra fra Silvio Berlusconi e le toghe, in nome delle presunte leggi ad personam.
L’ex premier voleva cambiare la giustizia, le toghe vogliono fermare Matteo Renzi, con tutti i mezzi a loro disposizione pur di salvare il loro status, nonostante i cronici ritardi nell’amministrazione della giustizia e nello svolgimento dei processi: fra penale e civile sono quasi nove milioni le cause pendenti.
La differenza è tutt’altro che sottile, al punto che la riforma della Giustizia, approvata dal Consiglio dei ministri, non è ancora arrivata al Quirinale e in Aula non se ne discuterà prima di ottobre, sempre che il Parlamento non vada in apnea per il bilancio. Un ritardo inaccettabile, frutto del fuoco di sbarramento dei magistrati, che stanno mettendo a rischio anche un altro provvedimento importante come lo Sblocca Italia. In attesa di sciogliere questo rebus, le toghe hanno suonato la carica, bollando come «deludente» la riforma varata dal governo, al cui interno ci sono «norme punitive», frutto in parte di «logiche del passato», provocando la dura reazione della maggioranza.
TRIBUNALE LA LEGGE E UGUALE PER TUTTI
Insomma, l’Anm boccia senza mezzi termini il progetto di riforma della giustizia dell’esecutivo, presentato lo scorso 29 agosto a Palazzo Chigi dal premier e dal Guardasigilli Andrea Orlando. Una stroncatura contestata dall’esecutivo e definita «ingenerosa» dal viceministro alla Giustizia, l’alfaniano Enrico Costa. Segno che l’assalto delle toghe non salva nessuno, a partire proprio dal Pd, divenuto il vero avversario delle toghe.
E Renzi, ovviamente, ha replicato secondo il suo stile: «Che paura, ma noi andremo avanti. E il tema delle ferie è un fatto di giustizia». Non a caso i magistrati definiscono gli interventi di Palazzo Chigi «di scarso respiro» e contestano alcuni provvedimenti come quello dell’annunciata riduzione delle ferie che, se confermata, «sarebbe un grave insulto non per l’intervento in se stesso ma per il metodo usato e per il significato che esso esprime», anche perché arriverebbe «con un decreto legge a efficacia differita (cioè un ossimoro) quando altre riforme ben più urgenti sono incerte o rimandate al disegno di legge o addirittura alla legge delega». Insomma, perché a noi subito e agli altri no. Un atteggiamento da casta, più che da esperti di legge.
sede csm consiglio superiore della magistratura
L’altro duro attacco portato dall’Anm al governo riguarda il capitolo della prescrizione e le intercettazioni. «L’annunciata modifica», spiega la nota dell’Anm, «non tocca la riforma del 2005, prodotto di una delle varie leggi ad personam: si risolve invece nella debole scelta di introdurre due nuove ipotesi di sospensione temporanea ed eventuale del suo decorso» e rileva come «l’inerzia della politica vada in parallelo con periodiche, violente accuse rivolte ai magistrati di volersi sostituire al legislatore».
Il confronto con il ministro Orlando, che ha più volte incontrato i vertici dell’Anm, non sembra dunque servito ad arrivare ad una riforma condivisa. Il provvedimento prevede, nelle linee generali, nuove norme sul falso in bilancio e sulla prescrizione, norme sulle responsabilità civile dei magistrati, il dimezzamento della pausa estiva per i tribunali con l’obiettivo di arrivare al «dimezzamento dell’arretrato della giustizia civile».
Il presidente del Consiglio illustrerà al Senato il programma dei mille giorni di governo il prossimo 16 settembre. Intanto riappare all’orizzonte, con richiesta di voto segreto, la norma sulla responsabilità civile dei magistrati, in versione Lega, nella legge comunitaria (2013 bis) all’esame dell'Aula del Senato. E così si ripropone anche l’ipotesi che il governo possa mettere la questione di fiducia sul provvedimento. Il Carroccio ha depositato un emendamento con oltre 22 firme per ripristinare la «norma Pini».