IL BANANA SI DISPERA: PD TROPPO DIVISO PER INTAVOLARE UNA TRATTATIVA

Carmelo Lopapa per "La Repubblica"

Intesa appesa a un filo, Berlusconi attende la «rosa» di nomi offerta da Bersani, pretende garanzie sul «dopo», ma si fida poco o nulla. Il Pd prende tempo. Amato, D'Alema e Marini il ventaglio di nomi che i vertici Pdl prevedono venga offerto e sul quale già si ragiona in via dell'Umiltà. Con lo spauracchio Prodi sempre ben presente e le "amazzoni" che già annunciano: «Se si rompe, il nostro candidato al Colle sarà Berlusconi».

Alla fine, l'incontro tra i due leader ci sarà. I contatti tra i «pontieri» sono proseguiti ieri per tutto il giorno. Se salterà stasera, potrebbe slittare più a ridosso delle votazioni (che iniziano giovedì), non è esclusa una telefonata. Pierluigi Bersani continua a smentire il faccia a faccia che tutti davano per probabile per stasera col Cavaliere. Ma le smentite fioccavano anche alla vigilia di quello di sette giorni fa. E un indizio anche stavolta
c'è.

Berlusconi resterà ad Arcore anche oggi ma è previsto che rientri a Palazzo Grazioli, a Roma, nel tardo pomeriggio. Coi dirigenti pre-allertati per un vertice in serata. È il segnale che qualcosa nelle stesse ore potrà maturare. Poi, le decisioni ufficiali il partito le comunicherà domattina, quando alle 11 è stato convocato l'ufficio di presidenza nella residenza del Cavaliere, e a seguire il pomeriggio alle 18 in un'assemblea dei parlamentari.

Nei colloqui telefonici avuti con quegli stessi dirigenti prima di partire per Parma - dove ieri sera ha incrociato e saluto Matteo Renzi in occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita di Pietro Barilla al Teatro Regio - il leader Pdl ha rilanciato tutte le sue perplessità sullo stallo in atto, nell'imminenza dell'elezione per il Colle. «Con un Pd che non è d'accordo al proprio interno, non so ancora cosa ci verranno a proporre, lì ormai c'è la guerra» è il suo sfogo di queste ore.

La paura confessata a più persone da Berlusconi è che, quand'anche un nome venisse individuato, poi non sarebbe così blindato da reggere al fuoco dei franchi tiratori della sponda democratica, nelle Camere in seduta comune. E con Marini e Finocchiaro presi di mira da Renzi, la margherita vista dai balconi della sede Pdl di via dell'Umiltà riduce i suoi petali ad Amato e D'Alema. Due nomi sui quali, confidano berlusconiani di prima fila, non ci sarebbero preclusioni insormontabili.

Ma il Cavaliere vuole trattare. Soprattutto su quel che il futuro capo dello Stato farà dopo. Intervistato ieri sera dal Tg1 si è tenuto sul vago: «Non c'è nessuna trattativa aperta sul Quirinale. Stiamo attendendo, come il primo giorno dopo i risultati elettorali, che Bersani e il Pd ci comunichino cosa vogliono fare. E siamo in attesa, ancora oggi, di una loro comunicazione».

Ma poi, ecco la disponibilità condizionata. «Nell'unico incontro che abbiamo avuto - spiega ancora Berlusconi al Tg1 - si è parlato di una rosa di nomi, non dunque di uno o due nomi soli. Noi potremmo aderire a una votazione per un candidato adeguato, purché ci sia anche la possibilità di collaborare nel governo che auspichiamo sia messo in campo immediatamente per varare con urgenza quei provvedimenti che sono indispensabile per far ripartire l'economia e uscire da questa crisi».

Un candidato «adeguato», dunque, e garanzie per l'esecutivo di scopo. E semmai restassero dubbi, il capogruppo al Senato Renato Schifani chiarisce che «Prodi non è il nome adatto, lui ha diviso il Paese: l'intesa va trovata su un nome che unisca e non che divida». Il timore che il Professore alla fine possa sfondare, sponsorizzato magari da Casaleggio e sostenuto da una buona parte del Pd, è ancora assai forte.

«E se la sinistra candida Prodi noi dovremmo candidare Berlusconi» avverte la Gelmini e come lei la Prestigiacomo e la De Girolamo, tra gli altri. Il copyright era di Michaela Biancofiore, ideatrice di un blog ad hoc (50 mila iscritti dichiarati) che da giorni ripete come lei comunque tra due giorni voterà il Cavaliere «presidente».

 

 

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