LA CASSA È SALVA! LA CRISI OFFRE AI PARTITI LA SCUSA PER INSABBIARE DEFINITIVAMENTE LA RIFORMA DEL FINANZIAMENTO PUBBLICO VOLUTA DA LETTA (CHE NESSUNO VOLEVA)
Sara Nicoli per il "Fatto quotidiano"
Pagheremo l'aumento dell'Iva per colpa del Cavaliere. E nel frattempo, con la crisi, potrebbe non vedere luce la promessa fatta dai leader politici prima delle scorse elezioni: l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Con la scusa che ci si deve precipitare di nuovo alle urne, potrebbero essere indotti a tenersi il malloppo. Mercoledì la Camera dovrebbe licenziare il disegno di legge, voluto da Enrico Letta, sull'abolizione L'accordo tra le parti è stato trovato, ma poi il provvedimento passerà al Senato. E lì potrebbe morire.
Il 13 gennaio del 2013 Silvio Berlusconi affermava: "Mi impegno a presentare in Parlamento, nel primo mese del mio governo, una legge che abolisca il finanziamento pubblico dei partiti". Nessuno avrebbe mai immaginato che poi il governo sarebbe stato effettivamente anche "suo".
Due giorni dopo Angelino Alfano a Porta a Porta: "Il primo gesto che faremo sarà di dimezzare il finanziamento pubblico dei partiti". E già si parlava solo di dimezzare. Ma sull'onda del martellamento dei grillini, che di abolizione del finanziamento avevano parlato in tempi non sospetti, ecco emergere Matteo Renzi: "Togliere il finanziamento pubblico ai partiti, subito, come primo atto del nuovo Parlamento, con efficacia immediata sarebbe come dire ai cittadini: ok, abbiamo capito la lezione", diceva a marzo.
Pier Luigi Bersani fece subito spallucce: "La politica una qualche forma di sostegno pubblico deve averlo" (3 marzo). Così, mentre andavano in scena i tentativi di Bersani di catturare Beppe Grillo per fare il suo governo, ecco che 10 senatori renziani appena eletti (3 aprile) spiazzavano tutti presentando una loro proposta di legge sull'abrogazione che faceva saltare la mosca al naso al Cavaliere. Che rispondeva così: "Mentre le altre forze politiche sembrano impegnate a perdere tempo - ecco il proclama - il Pdl dal 15 aprile presenterà in Parlamento l'abolizione del finanziamento ai partiti che ha portato la coalizione a un soffio dalla vittoria".
Fabrizio Cicchitto nicchiava: "Non sono d'accordo, la politica deve avere finanziamenti pubblici", ma ormai il premier Letta era in agguato. E il 24 maggio, ecco l'annuncio: "Nel Cdm di oggi abbiamo trovato l'accordo sull'abrogazione del finanziamento pubblico dei partiti". Il ministro Mario Mauro, lesto lesto, si intestò la vittoria: "Dopo il governo di grande coalizione, passa ancora un cavallo di battaglia di Scelta Civica: l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti". Come no.
IL ddl era appena uscito da Palazzo Chigi che già cominciavano i mal di pancia. Letta, il giorno dopo, fu costretto a punzecchiare la sua maggioranza: "A chi non piace la proposta presentata ieri, ne faccia altre, ma il tema è da affrontare". Il 6 giugno il governo forzava la mano nella riunione dei capigruppo, ottenendo la procedura d'urgenza del provvedimento, ma gli scricchiolii sull'intesa si cominciano a sentire.
Pochi giorni dopo, ecco ancora Letta rispondere a Grillo che accusava il governo di aver messo su un poderoso bluff: "Non è una presa in giro - giurava il premier - non ci limitiamo a tagliare il finanziamento pubblico, ma lo aboliamo proprio". A questo punto, però, sono successe due cose. Che il Pd si è preso spavento al pari del Pdl. Ruminava, severo, Fabrizio Cicchitto, di sponda a un Bersani negativo sul decreto: "L'eliminazione del finanziamento - è ancora Cicchitto - non potrà che avere effetti negativi". La fronda ha così cominciato a montare, tanto che il 9 luglio, Letta è sbottato: "Se il Parlamento e i partiti perderanno tempo sul finanziamento pubblico ai partiti ho già detto che siamo pronti ad un decreto".
Ancora, il 23 luglio, via Twitter: "Non faremo passi indietro sull'abolizione del finanziamento pubblico partiti, non capisco perché bloccarlo". Infine, l'8 settembre: "Dico a tutti di fare presto, ho preso un impegno con il Paese di abolire il finanziamento pubblico entro autunno, se si fa finta non si è capito il voto di febbraio". Già .
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