POLVERE DI CINQUESTELLE - I PEONES DEL MOVIMENTO APPROFITTANO DEL TONFO ELETTORALE PER TOGLIERE SPAZIO AL “CERCHIO MAGICO” DEI DI BATTISTA E DI MAIO, GLI UNICI A POTER ANDARE IN TV

Tommaso Ciriaco per ‘La Repubblica'

Gli strateghi della Casaleggio associati pensavano di aver fatto piazza pulita del dissenso. E invece le chat interne al Movimento, le riunioni carbonare e le saette lanciate dai dissidenti raccontano un film diverso: Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, per la prima volta, sono sul banco degli imputati. Non a caso Tommaso Currò si spinge fino all'impronunciabile: «Beppe aveva promesso che in caso di sconfitta avrebbe lasciato. Ora lasci». Fra i grillini, intanto, cresce il fronte di chi vuole mettersi in gioco sulle riforme.
È stanco, il leader. I falchetti lo implorano di mostrarsi subito a Roma: «Beppe, qui esplode tutto!».

Lui è netto, però: «Forse non ci siamo capiti: io sono distrutto. Ho bisogno di stare con la mia famiglia. Ora dovete lasciarmi in pace per un po'». E infatti in serata, a bordo di una Smart, raggiunge un ristorante di Santa Margherita Ligure. Pesce, ostriche e la compagnia di un amico. Ma il pressing sul comico non si allenta, né Casaleggio può concedergli di sparire dai radar, perché a Roma c'è chi sta organizzando un vero e proprio processo.

La resa dei conti è prevista in occasione del summit congiunto di deputati e senatori. Non è ancora fissato, ma potrebbe tenersi solo lunedì prossimo. Spinge per lo slittamento la Casaleggio associati. E d'altra parte il tornante è pericoloso, come dimostra la mail collettiva inoltrata dal capogruppo Giuseppe Brescia: «Lasciamo qualche giorno per elaborare, poi ci incontreremo».

In tanti però, anche tra i "moderati" del grillismo, esigono un chiarimento: «Qualcosa non ha funzionato ammette Massimo Artini - ora è normale interrogarsi sulle responsabilità». Un primo assaggio, comunque, ci sarà già stasera, in una riunione aperta ai soli deputati. Non mancheranno le scintille.

E già, perché i dissidenti sono fuori controllo. Currò, come detto, picchia duro: «Basta con il cerchio magico dei servitori di Grillo». Qualche nome? I Di Battista e Di Maio che «si sentono più puri del puro». Conversando con l'Espresso, il deputato mostra il petto: «Che mi caccino, se ritengono».

Non è però solo Currò a farsi sentire. Aris Prodani, per dire, è criptico: «Qualcosa si sta muovendo...». In effetti, la reazione dei vertici pentastellati l'immobilismo, di fatto - non lascia bene sperare. Per spiegare una sconfitta epocale Grillo si è limitato a un video di un minuto e mezzo circa. Casaleggio neanche quello. E i due leader meditano anche di disertare l'incontro congiunto.

Terreno di scontro, ancora una volta, sarà l'atteggiamento da tenere in Parlamento. Basta "manette" e atti clamorosi, per cominciare: «Dobbiamo implementare le azioni eclatanti spiega il capogruppo al Senato Maurizio Buccarella - con una comunicazione più "istituzionale"». E poi sulle riforme sarebbe meglio scongelare un patrimonio di voti parlamentari in freezer: «Altrimenti Renzi - giura Currò - le fa da solo con Berlusconi».

Soprattutto a Montecitorio c'è chi è pronto a riaprire il dialogo con i democratici. «Confrontarci non significa allearsi né sostenere il governo - azzarda Tancredi Turco - ma sedersi attorno a un tavolo per verificare se ci sono punti in comune».

In parecchi la pensano così. E poi ci sono i talk show. Casaleggio ha già decretato la sospensione temporanea delle ospitate sul piccolo schermo. Vanno interrotte, congelate: «Ci hanno danneggiato - ragiona il guru - e avevamo ragione a dire che la tv è davvero morta». Ma il vero nodo è la presenza fissa in video di pochi eletti.

Che è poi il tema sollevato prima delle Europee dalla senatrice Serenella Fucksia in una mail interna: «Dobbiamo essere tutti fighetti alla DIBA (Alessandro di Battista, ndr), il più amato dalle italiane, il santo subito?». Ecco, i dissidenti chiedono lo "scioglimento" del cerchio magico, unico depositario del diritto di talk.

Chi osserva il braccio di ferro con un qualche interesse è Federico Pizzarotti. Il sindaco di Parma, da mesi sul libro nero della Casaleggio, ha implorato un'autocritica: «È doverosa, dobbiamo riconoscere la sconfitta».

Anche ieri ha contattato i dissidenti della Camera e li incontrerà presto. Interpreta il malessere Marco Bosi, il suo capogruppo in consiglio comunale: «Se vogliamo diventare forza di governo dobbiamo diventarlo nella maturazione politica prima che nei numeri e nei voti. È ora di dare più spazio a chi si è fatto le ossa».

Mentre a Roma si duella, a Bruxelles si attende l'approdo dei primi pentastellati. E fervono le trattative per costituire un gruppo con altre forze politiche. L'idea è legarsi agli euroscettici di Nigel Farage. Un movimento conservatore, spiccatamente di destra, con una ragione sociale chiara: l'uscita della Gran Bretagna dall'Europa. Nascerebbe un'imponente pattuglia di una sessantina di eurodeputati, ma non tutti gradiscono. C'è chi pensa un'intesa con i Verdi. E neanche il referendum promesso da Casaleggio per dirimere la questione pare più così certo.

 

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