I SINISTRATI DELLA LAGUNA- DOPO LO SCANDALO MOSE TESTA A TESTA TRA L’EX PM CASSON E IL FIGLIO DELL’EX VICESINDACO PCI PELLICANI - CON LUI ANCHE CACCIARI: “SE NON VINCE, VENEZIA È SPACCIATA”

NICOLA PELLICANINICOLA PELLICANI

Rodolfo Sala per “la Repubblica”

 

Primarie a otto mesi dal patatrac di giugno, quelle che si tengono domenica a Venezia tra gli elettori del centrosinistra. Primarie con tre candidati sindaci del Pd che si contendono un difficile dopo Orsoni, l’ex primo cittadino coinvolto nello scandalo del Mose, dimessosi da sindaco dopo aver chiesto il patteggiamento ed essere stato di fatto sfiduciato dal partito. Primarie vivaci, con scintille soprattutto tra i due aspiranti che, secondo i pronostici, si contendono il primato. Uno è Felice Casson, magistrato che ora siede in Senato con i Democratici (sottofamiglia civatiana).

 

Felice CassonFelice Casson

Si era già candidato nel 2005, non alle primarie ma alle elezioni vere, contro Massimo Cacciari. Che lo sconfisse contro ogni pronostico. Il suo avversario diretto è un giornalista e un figlio d’arte. Si chiama Nicola Pellicani, una vita al giornale la Nuova di Venezia e Mestre, ma soprattutto animatore di quella Fondazione intitolata al padre, già vicesindaco della città, parlamentare del Pci, politico a suo tempo vicinissimo a Giorgio Napolitano, e scomparso nel 2006.

 

Proprio in quell’anno nasce la Fondazione Gianni Pellicani, pensatoio che sforna proposte e progetti per Venezia. Il terzo candidato è un ex consigliere comunale (si è dimesso dopo che Orsoni ha chiesto il patteggiamento, poi negato): l’avvocato 37enne Jacopo Molina, un renziano della prima ora.

JACOPO MOLINAJACOPO MOLINA

 

Ma la complessa geografia interna al Pd c’entra fino a un certo punto in questa competizione. Pellicani, per dire, rivendica l’appoggio dei renziani, oltre che dei bersaniani: «Mi hanno chiesto di candidarmi dopo che si era già fatto avanti Casson, e così io sono partito con un mese di ritardo, mettendo a disposizione le idee e le soluzioni indicate dalla Fondazione, ho capito che questa esperienza poteva diventare un progetto politico». E il magistrato-senatore: «Con Pellicani c’è l’apparato del partito, con me ci sono le persone». Mentre Molina rivendica un «rinnovamento profondo, ma senza alcun timore di pestare i piedi ai portatori di interessi, che a Venezia sono molti».

 

Ridotta all’osso, la questione pare semplice, e in questi termini la pone l’ex sindaco Massimo Cacciari, che della Fondazione Pellicani è presidente: «Mi auguro prevalga una candidatura in continuità con le precedenti amministrazioni, che per 25 anni, e al di là della responsabilità personale di Orsoni nella vicenda Mose, hanno sempre governato bene la città; si tratta di contemperare le ragioni della salvaguardia di questo territorio particolarissimo con le sacrosante esigenze di sviluppo, altrimenti Venezia è spacciata; l’unico candidato che può garantire questo esito è Pellicani».

val34 felice cassonval34 felice casson

 

Insomma: secondo Cacciari, Casson punterebbe solo a fare lo “sceriffo” e il “giustiziere”, facendo leva sull’indignazione dei veneziani - soprattutto i 50mila che vivono in laguna, ma ci sono anche i 200mila di Mestre, e Pellicani è mestrino - vestendo i panni del rottamatore con un programma che, sempre per Cacciari, dice solo dei no: «Alle grandi navi, al porto di Marghera, al turismo».

 

Insomma, una candidatura tutta “rossoverde”, e non a caso ad appoggiare Casson c’è anche Rifondazione comunista: un suo ex consigliere comunale, Sebastiano Bonzio, si era candidato alle primarie, ma poi si è ritirato dalla gara. Il “prima”, quel che è successo a Venezia a partire dal 4 giugno, è ben presente nelle riflessioni di Pellicani: «In questa città ci vuole una nuova classe politica, e ci vogliono anche nuovi dirigenti nell’amministrazione; Venezia è bloccata da anni, il Comune non dialogava col Porto e con le categorie produttive e bisogna colmare il gap; questo non significa affatto assecondare alcuni interessi, ma riportare la politica al centro di tutto».

 

Massimo CacciariMassimo Cacciari

Casson ribatte e accusa: «Pellicani dice che in caso di vittoria non avrà assessori della vecchia giunta, che però adesso sono tutti schierati con lui; la gente vuole un cambiamento radicale, e solo io posso assicurarlo: sono l’alternativa non solo a Orsoni, ma anche a tutte le giunte che l’hanno preceduto».

 

C’è dunque un problema nel Pd, e non da poco. Anche a Venezia alle europee del maggio scorso Renzi è andato benissimo, ma il timore di Pellicani è che se vincesse Casson i «moderati guarderebbero altrove, e infatti il centrodestra tifa per lui». Le categorie produttive osservano e aspettano: Matteo Zoppas, presidente di Confindustria a Venezia, non si esprime e rimanda tutto agli esiti di un sondaggio commissionato tra gli associati, «per capire quali sono le priorità in vista delle elezioni».

CACCIARI SMORFIE CACCIARI SMORFIE

 

Più esplicito Vittorio Bonacini, titolare dell’hotel Continental e presidente dell’associazione albergatori: «Tutti i candidati sono rispettabilissimi, ma Pellicani è una persona straordinaria, figlio di un mostro sacro della politica, ma senza tessere di partito; grazie alla sua fondazione, esprime una grande conoscenza della città; solo se vince lui queste primarie, alle elezioni vere arriveranno anche i voti dei moderati: altrimenti a prevalere saranno gli altri».

 

grandi navi a venezia foto di berengo gardin 4grandi navi a venezia foto di berengo gardin 4CACCIARI DITO MEDIO CACCIARI DITO MEDIO Cacciari OrsoniCacciari Orsoni

 

Ultimi Dagoreport

donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – PUTIN NON PERDE MAI: TRUMP ESCE A PEZZI DALLA TELEFONATA CON “MAD VLAD”. AVEVA GIÀ PRONTO IL DISCORSO (“HO SALVATO IL MONDO”) E INVECE HA DOVUTO FARE PIPPA DI FRONTE AL NIET DEL PRESIDENTE RUSSO ALLA TREGUA DI 30 GIORNI IN UCRAINA – ZELENSKY COTTO E MANGIATO: “SE NON SEI AL TAVOLO DEL NEGOZIATO, SEI NEL MENÙ” – LE SUPERCAZZOLE DEL TYCOON SU IRAN E ARABIA SAUDITA E LA PRETESA DELL’EX AGENTE DEL KGB: ACCETTO IL CESSATE IL FUOCO SOLO SE FERMATE GLI AIUTI ALL’UCRAINA. MA TRUMP NON POTEVA GARANTIRE A NOME DELL’EUROPA – DOPO IL SUMMIT A GEDDA DI DOMENICA PROSSIMA CI SARÀ UNA NUOVA TELEFONATA TRA I DUE BOSS. POI L’INCONTRO FACCIA A FACCIA…

donald trump dazi giorgia meloni

DAGOREPORT! ASPETTANDO IL 2 APRILE, QUANDO CALERÀ SULL’EUROPA LA MANNAIA DEI DAZI USA, OGGI AL SENATO LA TRUMPIANA DE’ NOANTRI, GIORGIA MELONI, HA SPARATO UN’ALTRA DELLE SUE SUBLIMI PARACULATE - DOPO AVER PREMESSO IL SOLITO PIPPONE (‘’TROVARE UN POSSIBILE TERRENO DI INTESA E SCONGIURARE UNA GUERRA COMMERCIALE...BLA-BLA’’), LA SCALTRA UNDERDOG DELLA GARBATELLA HA AGGIUNTO: “CREDO NON SIA SAGGIO CADERE NELLA TENTAZIONE DELLE RAPPRESAGLIE, CHE DIVENTANO UN CIRCOLO VIZIOSO NEL QUALE TUTTI PERDONO" - SI', HA DETTO PROPRIO COSI': “RAPPRESAGLIE’’! - SE IL SUO “AMICO SPECIALE” IMPONE DAZI ALLA UE E BRUXELLES REAGISCE APPLICANDO DAZI ALL’IMPORTAZIONE DI MERCI ‘’MADE IN USA’’, PER LA PREMIER ITALIANA SAREBBERO “RAPPRESAGLIE”! MAGARI LA SORA GIORGIA FAREBBE MEGLIO A USARE UN ALTRO TERMINE, TIPO: “CONTROMISURE”, ALL'ATTO DI TRUMP CHE, SE APPLICATO, METTEREBBE NEL GIRO DI 24 ORE IN GINOCCHIO TUTTA L'ECONOMIA ITALIANA…

donald trump cowboy mondo in fiamme giorgia meloni friedrich merz keir starmer emmanuel macron

DAGOREPORT: IL LATO POSITIVO DEL MALE - LE FOLLIE DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HANNO FINALMENTE COSTRETTO GRAN PARTE DEI 27 PAESI DELL'UNIONE EUROPEA, UNA VOLTA PRIVI DELL'OMBRELLO MILITARE ED ECONOMICO DEGLI STATI UNITI, A FARLA FINITA CON L'AUSTERITY DEI CONTI E DI BUROCRATIZZARSI SU OGNI DECISIONE, RENDENDOSI INDIPENDENTI - GLI EFFETTI BENEFICI: LA GRAN BRETAGNA, ALLEATO STORICO DEGLI USA, HA MESSO DA PARTE LA BREXIT E SI E' RIAVVICINATA ALLA UE - LA GERMANIA DEL PROSSIMO CANCELLIERE MERZ, UNA VOLTA FILO-USA, HA GIA' ANNUNCIATO L'ADDIO ALL’AUSTERITÀ CON UN PIANO DA MILLE MILIARDI PER RISPONDERE AL TRUMPISMO - IN FRANCIA, LA RESURREZIONE DELLA LEADERSHIP DI MACRON, APPLAUDITO ANCHE DA MARINE LE PEN – L’UNICO PAESE CHE NON BENEFICIA DI ALCUN EFFETTO? L'ITALIETTA DI MELONI E SCHLEIN, IN TILT TRA “PACIFISMO” PUTINIANO E SERVILISMO A TRUMP-MUSK...

steve witkoff marco rubio donald trump

DAGOREPORT: QUANTO DURA TRUMP?FORTI TURBOLENZE ALLA CASA BIANCA: MARCO RUBIO È INCAZZATO NERO PER ESSERE STATO DI FATTO ESAUTORATO, COME SEGRETARIO DI STATO, DA "KING DONALD" DALLE TRATTATIVE CON L'UCRAINA (A RYAD) E LA RUSSIA (A MOSCA) - IL REPUBBLICANO DI ORIGINI CUBANE SI È VISTO SCAVALCARE DA STEVE WITKOFF, UN IMMOBILIARISTA AMICO DI "KING DONALD", E GIA' ACCAREZZA L'IDEA DI DIVENTARE, FRA 4 ANNI, IL DOPO-TRUMP PER I REPUBBLICANI – LA RAGIONE DELLA STRANA PRUDENZA DEL TYCOON ALLA VIGILIA DELLA TELEFONATA CON PUTIN: SI VUOLE PARARE IL CULETTO SE "MAD VLAD" RIFIUTASSE IL CESSATE IL FUOCO (PER LUI SAREBBE UNO SMACCO: ALTRO CHE UOMO FORTE, FAREBBE LA FIGURA DEL ''MAGA''-PIRLA…)

giorgia meloni keir starmer donald trump vignetta giannelli

DAGOREPORT - L’ULTIMA, ENNESIMA E LAMPANTE PROVA DI PARACULISMO POLITICO DI GIORGIA MELONI SI È MATERIALIZZATA IERI AL VERTICE PROMOSSO DAL PREMIER BRITANNICO STARMER - AL TERMINE, COSA HA DETTATO ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' ALLA STAMPA ITALIANA INGINOCCHIATA AI SUOI PIEDI? “NO ALL’INVIO DEI NOSTRI SOLDATI IN UCRAINA” - MA STARMER NON AVEVA MESSO ALL’ORDINE DEL GIORNO L’INVIO “DI UN "DISPIEGAMENTO DI SOLDATI DELLA COALIZIONE" SUL SUOLO UCRAINO (NON TUTTI I "VOLENTEROSI" SONO D'ACCORDO): NE AVEVA PARLATO SOLO IN UNA PROSPETTIVA FUTURA, NELL'EVENTUALITÀ DI UN ACCORDO CON PUTIN PER IL ‘’CESSATE IL FUOCO", IN MODO DA GARANTIRE "UNA PACE SICURA E DURATURA" - MA I NODI STANNO ARRIVANDO AL PETTINE DI GIORGIA: SULLA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO DEL 20 E 21 MARZO SULL'UCRAINA, LA PREMIER CERCHIOBOTTISTA STA CONCORDANDO GLI ALLEATI DELLA MAGGIORANZA UNA RISOLUZIONE COMUNE PER IL VOTO CHE L'ATTENDE MARTEDÌ E MERCOLEDÌ IN SENATO E ALLA CAMERA, E TEME CHE AL TRUMPUTINIANO SALVINI SALTI IL GHIRIBIZZO DI NON VOTARE A FAVORE DEL GOVERNO…