I SONDAGGISTI PASTICCIONI SI ARRAMPICANO SUGLI SPECCHI - PIEPOLI: “NOI INDICHIAMO LE TENDENZE, I NUMERI SONO INFLUENTI” - GHISLERI: “NON SIAMO MAGHI” - PER MANNHEIMER “LA DECISIONE FINALE AVVIENE SOLO NELL’URNA”

Beatrice Borromeo per "il Fatto Quotidiano"

La pugnalata al cuore, usciti i risultati elettorali definitivi, non se l'è data solo Beppe Grillo. Perché un trionfo come quello del Pd, che ha superato il 40 per cento dei voti, non l'aveva anticipato nessuno. A partire da chi prevede proprio di mestiere: i sondaggisti.

Le reazioni all'amaro risveglio elettorale sono più eloquenti dei gesti del leader a Cinque Stelle: c'è chi tace, chi parla lentamente - con lunghe e dolorose pause che precedono ogni risposta - chi si sfoga imprecando e chi nega in toto di aver preso una cantonata. "Ma quale sbandata? Noi non sbandiamo mai", giura Nicola Piepoli, presidente dell'omonimo istituto che aveva dato il partito del premier tra il 29.5 e il 32.5 per cento.

E ci spiega che a seggi ancora aperti, gli intention poll da lui raccolti parlavano chiaro, indicando che l'atteggiamento alle urne si era normalizzato e che una vittoria di Matteo Renzi era probabile. E i numeri? "Quelli sono ininfluenti - è la replica di Piepoli - perché a contare sono solo le tendenze. E poi voi giornalisti siete dei perturbatori di quiete. Noi abbiamo stravinto. Quale degli altri istituti ha dato questa diagnosi? Quale? Me lo trovi!".

Ma non è l'unico a prendersela con la categoria. "Voi giornalisti dite che sbagliamo, ma le nostre proiezioni hanno confermato le tendenze di voto", si difende il direttore di Ipr Marketing, Antonio Noto. "Mi sarei sentito male se il M5S fosse stato il primo partito, quello sì che mi avrebbe stupito. Ma abbiamo dato il Pd al 40 per cento già alla prima proiezione, e anche nei sondaggi era comunque avanti".

Noto sottolinea che in tutte le nazioni ci sono momenti di imprecisione, e spiega così lo scarto consistente tra quel che avevano previsto e i dati reali: "Non è un problema metodologico, ma sociale. C'è una parte dell'elettorato che ormai non si identifica più con nessun partito. E dato che non è orgogliosa del proprio voto, se lo tiene per sé. Quest'anno la scelta è caduta sul Pd, mentre alle ultime Politiche lo stesso elettorato ha preferito i Cinque Stelle".

Anche nel 2013 , infatti, nessuno aveva previsto il risultato dei grillini. Ma questo, insiste Noto, non significa che i sondaggi siano inaffidabili: "La prossima volta terremo conto di più variabili. E poi non abbiamo mica la palla di cristallo. I nostri numeri servono per programmare una strategia, sono i media a usarli come previsioni". Anche Alessandra Ghisleri, sondaggista di fiducia del Cavaliere, si lamenta: "Non facciamo i maghi.

Cerchiamo solo di indicare scenari" . Ma, a differenza dei colleghi, ammette l'errore con un laconico "boh" seguito da un lungo silenzio. "Cos'è successo? Proprio non lo so. Il dato finale era giusto, così come la nostra classifica dei partiti. Ma quei due milioni di voti in più che il Pd ha incassato non me li spiego".

Le possibilità, per lei, sono due: "C'è un elettorato mobile che ha deciso all'ultimo momento. E poi i sondaggi, che raccontavano il testa a testa tra Grillo e Renzi, possono aver influenzato molte persone, che per paura dei pantastellati hanno optato per il Pd". Non è d'accordo Piepoli: "Nel 2002 l'82 per cento dei francesi ha votato per Chirac. Dunque tantissima gente di sinistra ha votato a destra.

In quel caso i cittadini hanno preferito la patria al partito, proprio come è successo durante queste Europee, con gli italiani che l'hanno messo in quel posto a Grillo". Ricorda poi Ghisleri che lo scorso giovedì, secondo i dati raccolti da Euromedia Research, il 30 per cento si dichiarava ancora indeciso. "Di questi, il 10 per cento tendeva verso il Pdl, e in parte si è astenuto. Il resto era scettico, ma alla fine ha scelto di restare fedele ai democratici, anche per via dei segnali tangibili che hanno lanciato, come il bonus da 80 euro di Renzi".

Poi c'è chi di previsioni, per una volta, non ne ha fatte: I motivi del flop, secondo il sociologo Renato Mannheimer, sono questi: "La decisione finale avviene solo nell'urna. Poi pesa il fatto che i sondaggi sono fatti su campioni molto esigui e poco rappresentativi. Basti pensare che, per risparmiare, evitano di chiamare sui cellulari. E chi ce l'ha più il telefono fisso?".

 

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