
IN SARDEGNA SOLO UN ELETTORE SU 5 HA RINNOVATO LA FIDUCIA AL MOVIMENTO CINQUESTELLE: HA PERSO 300 MILA VOTI - META’ DI QUESTI PERO’ NON SONO ANDATI AD ALTRI PARTITI: SONO FINITI NEL BUCO NERO DELL’ASTENSIONE - LA GRILLINA ELENA FATTORI: “SIAMO DIVENTATI UNA COSTOLA DELLA DESTRA, DI MAIO DOVREBBE RINUNCIARE A UNO DEI SUOI INCARICHI. O FA IL MINISTRO O IL CAPO POLITICO. LA RIFORMA DEL M5S? COSI’ SI PASSA AL PARTITO DI DI MAIO…”
1 - IL MOVIMENTO PERDE 300 MILA CONSENSI SOLO 1 ELETTORE SU 5 GLI RINNOVA LA FIDUCIA
Renato Benedetto per il “Corriere della Sera”
Sono circa 300 mila a mancare all' appello, la stragrande maggioranza. Erano 369.196 appena un anno fa - il 4 marzo, alle Politiche - gli elettori 5 Stelle nella Sardegna del 42%. Ieri, per le Regionali sull' isola, il conteggio dei voti per la lista del Movimento si è fermato intorno a quota 70 mila. Dove sono spariti gli elettori dei 5 Stelle? Buona parte, circa la metà, nel buco nero dell' astensione (a Cagliari il 65% , a Sassari il 48%). E gli altri, dove sono fuggiti?
Più a destra che a sinistra, dicono i flussi elaborati dall' Istituto Cattaneo, che ha confrontato le scelte degli elettori tra il 4 marzo e domenica scorsa. Avrà pesato in parte il maggior dinamismo del socio di governo, in parte il radicamento territoriale degli alleati della Lega, in ogni caso a Sassari uno su quattro, tra quanti alle Politiche avevano votato M5S, stavolta ha scelto Christian Solinas: gli elettori grillini hanno preferito il candidato del centrodestra non solo a Zedda, ma anche al pentastellato Francesco Desogus (solo uno su cinque è rimasto fedele). A Cagliari è il 10% a passare dal Movimento al centrodestra, l' 8% al centrosinistra (contro il 15% al M5S).
LUIGI DI MAIO E DAVIDE CASALEGGIO
Così al Movimento, trascorso un anno, meno di un elettore su cinque ha confermato la fiducia. Un tonfo peggiore che in Abruzzo (uno su tre, lì, M5S lo aveva tenuto). Certo, quelle locali sono elezioni con dinamiche diverse dalle Politiche. E le 5 Stelle alle Regionali non hanno mai brillato.
Ma dati così sconfortanti alimenteranno le perplessità di chi, anche nel Movimento di Luigi Di Maio, non è convinto che bastino le alleanze con qualche lista civica per ridare slancio alla capacità di mobilitazione. Perché qui il Movimento non solo non ha mobilitato i suoi, ma - formazione che aveva fatto della trasversalità e della capacità di pescare nei bacini altrui la chiave di tanti successi elettorali - ha avuto una capacità di attrazione nulla: ha sottratto percentuali residuali agli avversari, al massimo un 3%.
È il centrodestra «classico» a vincere, quello costruito intorno a Lega, Forza Italia e Fratelli d' Italia. Lo stesso che aveva corso unito per il voto del 4 marzo, prima di dividersi sulla strada di Palazzo Chigi, e che si è ripresentato più o meno compatto alle Regionali sarde. L' elettorato del centrodestra di domenica scorsa, però, è diverso da quello del 4 marzo.
luigi di maio roberto fico napoli
Forza Italia e Lega hanno dato tanto all' astensione: a Sassari hanno perso più di un elettore su due (il 58%); a Cagliari il dato è comunque forte (41% la Lega, 31% FI). Anche in Abruzzo i partiti di centrodestra avevano mostrato cedimenti verso l' astensione, ma minori. La coalizione di Solinas ha saputo, in ogni caso, pescare altrove: a Sassari, rispetto a un anno fa, ha sottratto il 23% degli elettori al Pd; a Cagliari il 10% al Movimento.
Massimo Zedda, comunque, ha dimostrato grande capacità di tenuta nel suo schieramento. A Cagliari - dove giocava più che in casa, da primo cittadino in carica - sono pochissimi i delusi, quasi una quota «fisiologica»: ha tenuto il 93% degli elettori dem del 4 marzo. A Sassari, dove cede una quota al centrodestra (il 23%), tiene comunque il 70% dei suoi.
Si era visto già in Abruzzo e questo dato sembra confermarlo: l' emorragia di voti dal Pd al Movimento 5 Stelle sembra essersi arrestata (certamente pesa la condizione di salute attuale del Partito democratico, che ha meno da dare, ma il dato è comunque significativo).
Il Pd è il partito più votato, prendendo in considerazione le singole liste. Il risultato di Zedda è comunque superiore rispetto a quello della sua coalizione. Così come, in casa 5 Stelle, il risultato di Francesco Desogus (circa 80 mila voti, l' 11,2%) è superiore quello della lista del Movimento (circa 60 mila, 9,7%).
2 - ELENA FATTORI: «ORMAI SIAMO DIVENTATI UNA COSTOLA DELLA DESTRA, AL VOTO VINCE L'ORIGINALE»
gregorio de falco elena fattori
Alessandro Trocino per il “Corriere della sera”
«Di Maio dovrebbe concentrarsi a fare una cosa sola: rinunciare a uno dei suoi incarichi. O fa il ministro o il capo politico». Elena Fattori, senatrice spesso critica sulla linea e sulla deriva del Movimento 5 Stelle, interviene dopo la sconfitta elettorale in Sardegna.
Senatrice, a cosa dovrebbe rinunciare?
«Scegliesse lui. Noi l'abbiamo eletto come capo politico, quindi dovrebbe fare quello.
Ma fare il capo non significa fare il boss. La leadership è una cosa complessa. Bisogna impegnarsi a fondo, conoscere le persone, mediare. È un'arte».
Finora non ha fatto il capo?
«No, finora da capo politico non ha fatto nulla, tranne le campagne elettorali. Non basta l'azione governativa. Ci vuole la conoscenza dei territori, il rispetto delle vertenze.
In alcuni casi le azioni di governo sono state contraddittorie rispetto a quanto deciso sul territorio».
E questo non aiuta nelle elezioni locali, visto che perdete puntualmente.
«Le Regionali sono sempre più difficili delle nazionali. In questo caso arriviamo addirittura quarti. Non si possono neanche invocare le alleanze. La verità è che dobbiamo ripartire dal territorio».
Ma queste sconfitte sono figlie di problemi locali o di una disaffezione generale?
«Più che di disaffezione, parlerei di un altro fenomeno. Si è creato un bipolarismo destra e sinistra, dove i 5 Stelle invece di darsi una connotazione autonoma, si sono accodati alla destra. Quando, invece di trascendere realmente gli opposti ti schieri, allora la gente sceglie l' originale e non certo la costola della destra».
Buffa definizione. D' Alema chiamò la Lega «costola della sinistra».
«Ora siamo arrivati a stare insieme all' estrema destra. Nelle elezioni europee rischiamo di finire con la peggiore destra identitaria europea».
Di Maio sta facendo partire la riorganizzazione del Movimento.
«Basta che non sia una rivoluzione decisa dall' alto».
Devono deciderla i parlamentari?
«No, io vorrei che Di Maio convocasse tutti i consiglieri comunali, magari con i portavoce. Deve ascoltare il territorio».
Pare abbia già deciso: direttorio, fine doppio mandato locale, via libera a liste civiche.
«Allora è una riforma già fallita. Si passa dal Movimento 5 Stelle al partito di Di Maio».
È arrivato il momento di porre fine all' esperienza di governo?
«Non succederà, non conviene a nessuno. Né adesso né dopo le elezioni europee».
Ma lei sarebbe favorevole a un' interruzione?
«Neanche io, che pure ho votato contro il contratto, lo vorrei. Non avrebbe senso distruggere qualcosa che i cittadini in fondo apprezzano, almeno a guardare i sondaggi.
Bisogna però gestirlo meglio».
Si dice sia in arrivo la sua espulsione e quella della Nugnes, a opera del collegio dei probiviri.
«Non lo so, nessuno mi ha avvertito di nulla. Del resto non ho neanche ricevuto la prima comunicazione. Se succedesse, comunque, sarebbe un provvedimento illegittimo e farei ricorso».
E resterebbe in Parlamento?
«Rimarrei nei 5 Stelle nell' animo, anche se fuori dal gruppo».