ITA, ILVA, MPS, TIM: I DOSSIER VENGONO AL PETTINE – SARÀ UN AUTUNNO DI FUOCO PER GIORGIA MELONI: IL GOVERNO, CHE VUOLE VARARE UN NUOVO PIANO DI DISMISSIONI, SI TROVA A FARE I CONTI CON LE CONSEGUENZE (NEFASTE) DELLE VECCHIE PRIVATIZZAZIONI – L’IPOTESI DI UNA NAZIONALIZZAZIONE COMPLETA DEL MONTE DEI PASCHI, I DUBBI SU LUFTHANSA E LA TENTAZIONE DI RINVIARE (ANCORA) LE DECISIONI, PER ASSENZA DI IDEE...
Estratto dell’articolo di Carlo Marroni per “il Sole 24 Ore”
meloni contro i tecnici vignetta by rolli per il giornalone la stampa
Un anno fa esatto, ad urne appena chiuse e con Giorgia Meloni che si preparava ad essere chiamata al Quirinale, nelle stanze attigue si iniziava a fare i conti su cosa sarebbe stato trovato sui tavoli di governo. E, nell’eterno intreccio italiano politica-finanza, i dossier più importanti, urgenti e complicati, erano quattro: Mps, Ilva, Tim e Ita.
Quattro erano e quattro sono rimasti. […] per qualcuno il quadro di riferimento è mutato – Mps va certamente meglio - ma alla fine le questioni sono sempre sul tavolo e resta centrale il rapporto con Bruxelles.
I problemi sono molto diversi tra loro, ma alla fine il comune denominatore sono i vincoli di finanza pubblica: la necessità di reperire fondi e la scarsa capacità di manovra per investire. Ma a fine agosto scorso una decisione è stata presa, e il Mef entrerà nella nuova rete scorporata di Tim con una quota che costerà fino a oltre 2 miliardi.
GIORGIA MELONI E LO SPOT DI ESSELUNGA - MEME BY EMILIANO CARLI
Ha sentenziato Giorgia Meloni: «Difendiamo l’interesse nazionale», anche se l’interlocuzione con gli azionisti dell’ex monopolista telefonico, i francesi di Vivendi, è complessa e destinata a durare. Se ne parlerà a ottobre, uno dei tanti step temporali spostato in avanti. […]
Diverso il caso Mps, dove il sentiero – anche questo stretto, inteso come l’impegno assunto con la Ue in sede di aumento di capitale – prevede un’uscita dello Stato. Ma, anche se non c’è nessuna dichiarazione, si va verso un nuovo rinvio della vendita, e una eventuale proceduta di infrazione è molto improbabile.
La banca sotto la gestione di Luigi Lovaglio ha ripreso a marciare bene, conta su 3,5 milioni di clienti, e potrebbe essere l’asset forte di una aggregazione […], ma le strade imboccate dagli altri soggetti bancari potenzialmente coinvolgibili ad oggi sono altre. C’è una suggestione che è girata: e se il Mef comprasse il 35% del capitale che circola, tornasse al 100% per fare di Mps il soggetto bancario pubblico per lo sviluppo delle piccole e medie imprese?
Per le regole Ue sarebbe possibile, se realizzato alle condizioni di mercato, la Francia lo ha fatto con Edf. Costerebbe un po’, almeno un miliardo, e poi dentro il governo non tutti sarebbero d’accordo. Resta l’ipotesi del classamento di una quota del 7-8% a un investitore istituzionale in attesa di altre decisioni, anche queste (forse) a ottobre, anche se non ci sono scadenze.
Il dossier Ita-Lufthansa, anche quello apparentemente avviato, deve superare scogli molto complessi, in realtà. C’è il passaggio della “notifica” e il nodo degli slot […] ma questo, si dice in ambienti finanziari, forse cela anche una non piena convinzione nell’accordo, sia da parte italiana – va ricordato il peso simbolico dato dalla destra ad Alitalia in anni passati – che da quella tedesca.
Certo non aiuta il contrasto politico tra Roma e Berlino che è tornato a livelli molto alti, e non solo sui migranti e le ong (Macron, si è visto, ne ha approfittato scartando a destra). Non solo: Lufthansa si è detta interessata alla portoghese Tap, e forse questo taglierebbe la strada a Ita, che su molte tratte andrebbe a sovrapporsi. Tra l’altro i portoghesi sono forti verso quei paesi dell’Africa dove l’Italia ha interessi petroliferi dell’Eni.
L’Ilva è poi la summa di tutte le contraddizioni, di scelte di fondo ispirate forse a buoni propositi ma realizzate male e gestite peggio, in questo caso con l’azionista di maggioranza indiano Arcelor Mittal, che si comporta come se la cosa non lo riguardasse.
Il governo ha dato un segnale di attenzione convocando i sindacati a palazzo Chigi, ma ora servono decisioni forti, per il destino dell’impresa: in questo caso non c’è solo l’assetto strategico futuro e la composizione dell’azionariato ma la sopravvivenza stessa del polo e soprattutto quello di 20mila dipendenti.
[…] Un dato salta agli occhi: sono soggetti di quattro settori – banche, trasporto aereo, telecomunicazioni e acciaio – che erano totalmente pubblici e hanno visto dei processi di privatizzazione, spesso realizzati non al meglio, ad essere gentili. Il governo Meloni nella Nadef ha fissato che dovranno essere realizzati 20 miliardi da cessioni in tre anni, un punto di Pil promette Giorgetti, era da tempo che non se ne sentiva parlare.
Un obiettivo quantomeno ambizioso, che deve essere allora inquadrato dentro la spinta interventista che arriva da diversi ambienti di governo, e che Meloni in parte condivide. Forse la strada che pare di intravedere è quella di cessioni, quando le condizioni di mercato lo consentono, lasciando allo Stato una quota per poter incidere sulle scelte. Un “nocciolo duro” al contrario, insomma.
MELONI SCHOLZ VIGNETTA GIANNELLI