L'ALTO COMMISSARIO ONU PER I DIRITTI UMANI, IL PRINCIPE GIORDANO AL-HUSSEIN, SI SCATENA CONTRO I POPULISTI: “TRUMP, FARAGE, ORBAN, WILDERS E MARINE LE PEN SONO COME L'ISIS: MANIPOLANO LA REALTÀ ALLO STESSO MODO”
Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
I populisti come Geert Wilders, Donald Trump, Nigel Farage, Victor Orban, Marine Le Pen «usano le stesse tattiche di comunicazione» dell' Isis: «mezze verità, iper semplificazioni». Zeid Raad Zeid al-Hussein è l' Alto commissario per i diritti umani dell' Onu. Il primo musulmano a ricoprire la carica.
Principe giordano, nato ad Amman 52 anni fa, figlio di un dignitario di corte e di una svedese, Zeid è un diplomatico dal linguaggio insolitamente diretto che poggia su una base di robusta autostima. L'altro giorno, lunedì 5 settembre, è stato invitato a tenere il discorso al gala della Peace, Justice and Security Foundation, all' Aia in Olanda. Tutti si aspettavano un pistolotto convenzionale, con belle parole e qualche formula generica.
Zeid, invece, si è presentato con queste parole: «Mi rivolgo al signor Geert Wilders, ai suoi accoliti e a tutti quelli come lui, i populisti, i demagoghi e gli illusionisti politici. Per tutti loro io devo essere una sorta di incubo. Io sono la voce globale dei diritti umani, dei diritti universali, eletto da tutti i governi, sono ora il critico di quasi tutti i governi».
Il 16 giugno del 2014, la nomina di Zeid, proposta dal segretario generale Ban Ki-moon fu approvata all' unanimità dai 193 Paesi membri dell' Onu. Fu sostenuto dalle principali organizzazioni come Human Rights Watch e Amnesty International. Solo la rivista Foreign Policy provò a seminare dubbi: Zeid proveniva pur sempre da un Paese, la Giordania, che ancora non garantiva in pieno la libertà di critica in materia religiosa.
A due anni di distanza il principe giordano è ancora accompagnato da una buona reputazione nel Palazzo di Vetro. Certo, all' Aia ha dato prova di coraggio politico, assimilando la propaganda dei terroristi dell' Isis a quella di figure comunque influenti come Donald Trump, candidato alla presidenza degli Stati Uniti.
«Non facciamo errori: non sto paragonando le azioni dei nazionalisti demagoghi a quelle dei terroristi del Daesh, che sono mostruose. Ma le due parti di quest' equazione ricavano un mutuo vantaggio: all' espansione degli uni corrisponde l' espansione degli altri».
Come molti esponenti delle élite arabe, anche Zeid ha studiato all' estero. Prima alla Reed' s School di Surrey in Gran Bretagna; poi alla Johns Hopkins University negli Stati Uniti. Dopo aver conseguito un dottorato di ricerca a Cambridge, il principe è tornato a casa: cinque anni nella Jordanian desert police e, subito dopo, l' inizio della carriera diplomatica, con un passaggio di due anni nell' ex Jugoslavia. Nel 1996 arriva a New York, vice e poi ambasciatore del suo Paese all' Onu.
Il suo profilo, le sue aperture attirano l'attenzione. All'Aia lui stesso ha tirato le fila: «Sono un musulmano che è anche di pelle bianca e ciò confonde i razzisti. Mia madre è un'europea, mio padre un arabo. E sono arrabbiato anch'io, ma per le bugie, le mezze verità e le paure diffuse dai populisti». E fa a pezzi la foto della famiglia politica che abbiamo visto a luglio nella Convention repubblicana di Cleveland: Trump trionfante sul palcoscenico; Wilders e l'euroscettico britannico Farage entusiasti in tribuna. Vedremo le risposte.