L’ARRESTO DEL MINISTRO RUSSO, ALEKSEJ ULYUKAEV, RIENTRA NELLO SCONTRO TRA GLI OLIGARCHI CHE SI SPARTISCONO IL POTERE A MOSCA - LA BATTAGLIA SI E’ CONSUMATA SUI CONTI PUBBLICI RUSSI: ULYUKAEV ERA TRA I PRINCIPALI SOSTENITORI DI UN PACCHETTO DI PRIVATIZZAZIONI, CHE PREVEDEVA VENDITE ANCHE A INVESTITORI OCCIDENTALI
Francesco Mimmo per “la Repubblica”
«Un episodio esemplare della lotta alla corruzione», che non risparmia i potenti. Una storia di tangenti e petrolio. O un regolamento di conti all’ombra del Cremlino. L’arresto del ministro dello Sviluppo russo Aleksej Uljukaiev è probabilmente tutto questo insieme. Ma certamente è un terremoto: mai un politico di così alto rango era stato arrestato in Russia dopo il collasso dell’Urss, nel ’91.
Uljukaiev è stato preso in flagrante, nel cuore della notte, mentre cercava di incassare una mazzetta di due milioni di dollari dalla Rosneft, il colosso di Stato del petrolio. Il ministro avrebbe estorto quel denaro, secondo le accuse, in cambio di un parere positivo del governo all’acquisto di un’altra società petrolifera. Ma il suo arresto è da inquadrare in uno scontro tra due élite che si spartiscono il potere a Mosca. E potrebbe essere solo l’inizio di una nuova campagna di epurazioni.
All’alba di ieri i media russi già davano conto dell’operazione condotta direttamente dai servizi russi, l’Fsb, presentandola con enfasi come un successo della lotta alla corruzione. Poi, in abito blu, Uljukaiev è comparso davanti a un giudice a Mosca, dichiarandosi innocente ma promettendo collaborazione. Rischia 15 anni di carcere. Per ora è stato sottoposto a due mesi di arresti domiciliari. E poi rimosso dall’incarico di governo.
L’operazione finita sotto inchiesta è la cessione (per 4,8 miliardi di dollari) della Bashneft a Rosneft. L’accordo si è chiuso il 6 ottobre, ma non erano mancati i dubbi. Da parte di Putin, in primis, che però non si era mai formalmente opposto. E da parte dello stesso ministro che aveva inizialmente dato un parere negativo. Uljukaiev è un politico “liberal”, in passato considerato più vicino all’attuale premier Medvedev (che lo aveva nominato ministro nel 2013) che a Putin.
Già vice della Banca centrale russa, era stato uno degli artefici del primo pacchetto di riforme economiche della Russia postcomunista. Ironia della sorte, proprio ieri si festeggiava il 25esimo anniversario di quelle misure. E forse è anche questa eredità che pesa sul ministro, in uno scontro in corso — registrato dall’opposizione e da molti osservatori internazionali — nella cerchia ristretta degli uomini più vicini al Cremlino.
Uno scontro che trova proprio nelle liberalizzazioni il campo di battaglia. Crisi economica, greggio ai minimi e sanzioni internazionali pesano sui conti pubblici russi. Uljukaiev era tra i principali sostenitori di un consistente pacchetto di privatizzazioni, vendendo anche a investitori occidentali.
E da ministro sarebbe stato proprio lui a guidare il piano. Per la stessa Rosneft gigante petrolifero da 54 miliardi di fatturato, si era parlato della cessione a privati di una quota, progetto poi accantonato viste le condizioni di mercato non favorevoli. Ma forse anche per l’opposizione dei “falchi” nazionalisti, gli uomini della squadra di Putin che vengono dal Kgb, più inclini a mantenere i principali asset economici nelle mani dello Stato.
Per la Bashneft, invece, il piano era andato in porto. Seppur con condizioni particolari, visto che si tratta di un’industria statale passata sotto il controllo di un’altra compagnia pubblica. Proprio questa era l’obiezione sollevata dal ministro. Che poi, però, aveva cambiato idea. Come mai? «Chiedere una tangente a Rosneft — segnala il partito di opposizione Jabloko — è come estorcere denaro direttamente a Putin». Il numero uno di Rosneft Igor Sechin (uno che si è meritato il soprannome di Dart Fener) è da sempre considerato il braccio destro di Putin, già dai tempi del Kgb. Difficile che Uljukaiev non lo sapesse.