IL SEGRETO DI PULCINELLA: DA ECHELON A PRISM, L’EUROPA SAPEVA DELLO SPIONAGGIO USA (CON L’AIUTO DI LONDRA E BERLINO)

Giovanna Faggionato per Lettera43.it

Il presidente americano Barack Obama probabilmente non è l'unico imbarazzato dallo scandalo Datagate: anche i leader delle istituzioni europee hanno qualcosa da nascondere. Bruxelles, infatti, è a conoscenza delle attività della National security agency (Nsa) da 13 anni.

Cioè dal 5 luglio del 2000, quando al parlamento europeo fu istituita un'apposita commissione temporanea per appurare l'esistenza del programma Echelon, l'antesignano di Prism, il meccanismo di sorveglianza rivelato dalla talpa Edward Snowden. Certo, aver scoperto le cimici americane nelle proprie ambasciate non è un affare di poca rilevanza, ma il sistema di spionaggio nel suo insieme era già noto.

LA RELAZIONE INFORMATA
Il 21 luglio 2001 la commissione presieduta da Carlos Coelho, deputato portoghese del Partito popolare europeo, presentò infatti una relazione la cui conclusione era che «non si può nutrire alcun dubbio sull'esistenza di un sistema di intercettazioni delle comunicazioni a livello mondiale cui cooperano in proporzione gli Stati Uniti, il Regno Unito, il Canada, l'Australia e la Nuova Zelanda nel quadro del patto Ukusa».

La relazione, approvata con 367 voti a favore, metteva in guardia le istituzioni europee, compreso il Consiglio e la Banca centrale europea, dalla minaccia dello spionaggio americano.

Sottolineava la problematicità della posizione di Londra, membro dell'Unione, ma complice degli Stati Uniti nella raccolta di informazioni riservate. Chiedeva alla Commissione europea di affrontare il caso aprendo un negoziato con gli Usa. E sottolineava la reticenza dei leader Ue rispetto alle denunce presentate dagli europarlamentari.

«NON SE NE FECE NULLA»
«Era una relazione che già diceva tutto. Ma al tempo se ne fece poco nulla», ha raccontato a Lettera3.it l'ex europarlamentare e senatore Giuseppe Di Lello, già magistrato del pool antimafia di Antonino Caponnetto, uno dei due italiani che di quella commissione facevano parte: «Quando ho letto sui giornali di Snowden mi sono messo a ridere», ha aggiunto. «Vedrà che anche stavolta non succederà nulla».


Il primo a rivelare all'europarlamento il sistema di spionaggio ai danni dei cittadini europei fu il giornalista investigativo Duncan Campbell.
Incaricato di un report sulla Valutazione delle tecnologie del controllo politico, Campbell spiegò già nel 1997 l'esistenza del cosidetto 'patto Ukusa', su cui si fondava il programma di spionaggio Echelon.
Il parlamento ordinò allora ulteriori indagini.

Nei quattro anni successivi, venne fuori che la rete delle intercettazioni era citata in diversi documenti ufficiali: nella relazione dell'intelligence inglese del biennio 1999-2000, in una pubblicazione del 2000 dell'ufficio del primo ministro neozelandese, nelle dichiarazioni del direttore dei servizi segreti australiani, nella relazione del comitato parlamentare di sicurezza canadese.
Ma soprattutto si scoprì che alcuni governi europei erano coinvolti nel sistema di spionaggio Echelon, uno dei nomi con cui venne chiamato il piano di intercettazione internazionale.

LE BASI DI ASCOLTO
Tra le stazioni di spionaggio dagli Usa figuravano infatti tre basi europee: due in Inghilterra e una in Germania.
«La stazione della Raf di Menwith Hill fa parte del ministero della Difesa britannico, ma viene messa a disposizione del ministero della Difesa statunitense, in particolare del Nsa, che dirige la stazione», scrissero nella relazione del 2001 gli eurodeputati.
«A Morwenstow, in Gran Bretagna il Gchq (servizio di spionaggio britannico, ndr) in collaborazione con la Nsa e su istruzioni di quest'ultima capta comunicazioni civili e le trasmette agli Usa in forma di materiale grezzo», si leggeva ancora.

E infine: «La Germania concede agli Stati Uniti d'America l'uso del proprio territorio, a Bad Aibling, al fine esclusivo di effettuare captazioni satellitari».
Secondo le testimonianze raccolte, la stazione tedesca avrebbe addirittura servito due padroni: gli americani e i russi. Ma, stando alla relazione, gli americani avevano deciso di chiuderla nel 2002. Due anni dopo la base tornò sotto l'amministrazione tedesca. Anche per questo oggi Berlino potrebbe risultare immune dallo scandalo.

INTOCCABILE LA SICUREZZA NAZIONALE
Le rivelazioni contenute nella relazione, insomma, spiegavano che due importanti stati europei partecipavano alla raccolta di informazioni contro gli interessi dei loro stessi cittadini. Ma gli eurodeputati potevano fare poco: formalmente, il programma di intercettazione degli stati Ue era mirato alla difesa della sicurezza nazionale e la Comunità europea non poteva contestare violazioni dei trattati europei.

La penetrazione degli Usa nel sistema continentale era comunque una faccenda spinosa.
La relazione sollecitò la Germania e il Regno Unito a subordinare «l'ulteriore autorizzazione sul loro territorio di intercettazioni di comunicazioni a opera dei servizi di informazione degli Usa alla compatibilità con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo che prevede la tutela della privacy».

Chiese controlli democratici sui servizi segreti, verifiche di costituzionalità e che venisse negoziata e firmata una convenzione tra l'Unione europea e gli Stati Uniti a tutela della privacy. La posizione della Commissione e del Consiglio dei capi di Stato però si dimostrò ambigua.

Il consiglio dei capi di Stato dichiarò di «non poter ammettere la creazione o l'esistenza di un sistema di intercettazione delle telecomunicazioni che non rispetti le norme giuridiche degli Stati membri». Nonostante le ripetute interrogazioni degli europarlamentari, insomma, il consiglio non forniva spiegazioni, ammissioni o smentite.

SILENZIO INQUIETANTE
Non fu il solo no comment. «La Commissione non ha ricevuto informazioni né dagli stati membri, né da cittadini o imprese», fece sapere l'ex commissario tedesco alle telecomunicazioni Martin Bangemann, interrogato sullo spionaggio.
Gli eurodeputati trassero le loro conclusioni. «È sconcertante, per non dire inquietante che molti dei responsabili comunitari ascoltati, in particolare commissari europei, abbiano dichiarato di non essere a conoscenza di questo fenomeno», scrissero.

LONDRA A METÀ
La relazione aveva non solo denunciato il fenomeno dello spionaggio, ma anche posto interrogativi: già allora si ventilava, a partire dal dossier intercettazioni, che il Regno Unito sarebbe stato costretto «a decidere se il suo destino fosse europeo o transatlantico».
In poche parole, gli eurodeputati invitavano Londra a decidere quali pratiche adottare: quelle americane o quelle del Vecchio Continente. Ma la scelta non era in realtà così stringente.

LA DIPENDENZA DAGLI USA
La relazione segnalò infatti che l'arretratezza nei mezzi tecnologici della Ue, e la mancata volontà di investire denaro per creare l'apparato integrato necessario, avrebbe consegnato l'Europa all'America per lungo tempo.
«Già dal punto di vista tecnologico e di bilancio sarà nell'interesse dell'Unione europea mantenere stretti rapporti con gli Stati Uniti nel campo della raccolta di informazioni».
Il messaggio era passato. «Gli Stati Uniti fecero capire: spiano tutti, spiate anche voi», ha concluso Di Lello. Oggi i leader europei chiedono pubblicamente spiegazioni, ma dovrebbero darle ai loro elettori.

 

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