mario draghi pat gelsinger intel

FISH AND CHIPS - ANCHE L’ITALIA ENTRA NELLA PARTITA EUROPEA DEI MICROCHIP: IL GOVERNO HA RICEVUTO A ROMA PAT GELSINGER, AMMINISTRATORE DELEGATO DI INTEL, LA PIÙ GRANDE AZIENDA AMERICANA PRODUTTRICE DI SEMICONDUTTORI - IN BALLO C’È UN POLO DI PRODUZIONE EUROPEO DA 8 MILIARDI DI EURO, MA BISOGNA VEDERE COSA DICE LA COMMISSOINE EUROPEA…

Francesco Bechis per www.formiche.net

 

pat gelsinger INTEL

Eppur si muove. L’Italia entra nella partita europea dei microchip. In questi giorni, a quanto risulta a Formiche.net, il governo italiano avrebbe incontrato a Roma Pat Gelsinger, amministratore delegato di Intel, la più grande azienda americana produttrice di semiconduttori.

 

Ricevuto al Mise e a Palazzo Chigi, il ceo del colosso tech di Santa Clara ha esposto il piano per la costruzione in Europa di un impianto di produzione di semiconduttori, i “cervelli” che fanno funzionare interi settori, dall’automotive agli elettrodomestici fino ai computer e l’elettronica.

 

MARIO DRAGHI GIANCARLO GIORGETTI

A maggio il numero uno di Intel, arrivato ai vertici dell’azienda a gennaio con la missione di risollevarla da una lunga fase di crisi, ha svelato i numeri dell’investimento. L’impianto di produzione potrebbe sorgere nella base aerea di Penzing-Landsberg, a ovest di Monaco, in Baviera. Per realizzarlo però bisogna mettere sul tavolo almeno 8 miliardi di euro in aiuti di Stato.

 

Questa la richiesta che Gelsinger ha fatto alla Commissione europea, “chiediamo sia ai governi degli Stati Uniti sia a quelli europei che per noi sia più competitivo produrre in Europa rispetto all’Asia”. Per questo il Ceo è partito alla volta di Bruxelles, dove ha incontrato la commissaria Ue alla concorrenza Margrethe Vestager, per poi intrattenersi in un tour che lo ha portato a Parigi e ora a Roma. Obiettivo: rispondere alla concorrenza asiatica nella fabbricazione dei chip di ultima generazione, cioè quelli sotto ai dieci nanometri.

 

margrethe vestager 2

In Europa e negli Stati Uniti si contano su una mano le aziende in grado di produrli, per i costi proibitivi e per l’investimento necessario in ricerca e sviluppo. La visita in Francia e a Roma (dove ha incontrato per un breve saluto anche papa Francesco) è servita dunque a chiedere ai rispettivi Stati membri di fare pressione sulla Commissione per evitare la tagliola dell’anti-trust Ue e aprire la strada agli aiuti di Stato per l’impianto.

 

microchip. 2

Negli ultimi mesi la produzione di microchip ha scalato l’agenda della Commissione europea. Di fronte a una domanda in crescita esponenziale dovuta alla restrizione delle supply chain durante la pandemia, l’Europa ha bisogno di investire per competere con la concorrenza asiatica, in particolare di Cina, Corea del Sud e Taiwan (dove risiede il più grande produttore al mondo, Tsmc).

 

Non a caso la Commissione Ue ha fatto dei microchip uno dei pilastri dell’ “autonomia strategica”. Alla causa si è dedicato con costanza il commissario francese al Mercato interno Thierry Breton, una lunga carriera ai vertici dell’industria tech europea, prima alla guida d’Orange e poi di Atos, incontrando i principali player del settore, da Intel a Tsmc fino alle olandesi Nxp e Asml.

pat gelsinger INTEL 2

 

In alcune delle interlocuzioni con le aziende leader è emerso scetticismo rispetto all’approccio della Commissione, ritenuto eccessivamente “top-down”, e per la mole di aiuti di Stato che a Bruxelles sono disposti ad accettare per dare il via alla costruzione di impianti europei di microchip. Per assemblare semiconduttori di ultima generazione, quelli che, ad esempio, servono a far funzionare il mercato delle auto elettriche, sono necessari miliardi di euro di investimenti pubblici.

 

microchip

Negli Stati Uniti l’amministrazione di Joe Biden ha già messo sul piatto 50 miliardi di dollari “iniziali” con il “Chips act” approvato da un fronte bipartisan al Congresso. Ma nel rapporto sulla “revisione delle supply chain” della Casa Bianca pubblicato a inizio giugno sono previste altre forme di finanziamento pubblico, come i fondi stanziati dal Congresso per la ricerca e sviluppo delle principali aziende a stelle e strisce o il “Fondo di sicurezza multilaterale per i semiconduttori” del Dipartimento di Stato per convincere gli alleati europei ed asiatici a “mettere al sicuro le catene di produzione”.

 

GIANCARLO GIORGETTI E MARIO DRAGHI LEGGONO DAGOSPIA

Anche l’Italia si sta muovendo e non solo sul fronte americano. È italo-francese una delle più grandi produttrici europee di chip, Stmicroelectronics, controllata al 27,5% da St Holding, una joint venture partecipata al 50% dal Mef e da Ft1Ci, veicolo a sua volta detenuto al 95% dalla “Cdp” francese, la Bpi France.

 

L’azienda ha in ballo due grandi investimenti nel Belpaese. Il primo, ad Agrate, in Brianza, è un impianto di 65mila metri quadri, del valore di circa 1,6 miliardi di euro, per produrre wafers in silicio da 300 mm di diametro, presentato due settimane fa alla presenza del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti.

 

MICROCHIP BIDEN

Il secondo a Sud, vicino Catania, nella valle dell’Etna. Per ora il progetto è sulla carta. Nel Recovery Fund sono stati stanziati 850 milioni di euro da qui al 2025. Per rendere competitivo l’investimento, che secondo le stime del governo dovrebbe creare tra i 700 e i 900 posti di lavoro, è “essenziale” una garanzia pubblica del 40%, si legge nella scheda tecnica dedicata. Altrimenti “sarebbe più conveniente portarlo al di fuori dell’Europa o comprare direttamente da lì il prodotto”.

 

MICROCHIP 2

Il progetto è stato al centro di un po’ di maretta fra i ministeri responsabili, Mef (che è azionista di Stm), Mise e Farnesina. A Via XX Settembre, che conosce bene il dossier anche grazie al direttore generale Alessandro Rivera, componente del supervisory board di Stm, viene contestata una gestione “in solitaria” del maxi-investimento.

 

Così come l’inserimento di una nota finale nel Pnrr dove viene “esclusa” la presenza di aiuti di Stato in accordo con le regole della Commissione Ue. Senza una deroga esplicita, riflette chi ha lavorato da vicino all’investimento, la somma finale destinata alla fabbrica di Stm potrebbe essere di molto ridimensionata. E spingere i vertici dell’azienda a spostare l’impianto altrove, magari in un Paese membro più “flessibile” in materia di aiuti di Stato come la Francia.

produzione microchip 2produzione microchip 3

Ultimi Dagoreport

woody allen ian bremmer la terrazza

FLASH! – A CHE PUNTO E' LA NOTTE DELL’INTELLIGHENZIA VICINA AL PARTITO DEMOCRATICO USA - A CASA DELL'EX MOGLIE DI UN BANCHIERE, SI È TENUTA UNA CENA CON 50 OSPITI, TRA CUI WOODY ALLEN, IMPEGNATI A DIBATTERE SUL TEMA: QUAL È IL MOMENTO GIUSTO E IL PAESE PIÙ ADATTO PER SCAPPARE DALL’AMERICA TRUMPIANA? MEGLIO IL CHIANTISHIRE DELLA TOSCANA O L’ALGARVE PORTOGHESE? FINCHE' IL POLITOLOGO IAN BREMMER HA TUONATO: “TUTTI VOI AVETE CASE ALL’ESTERO, E POTETE FUGGIRE QUANDO VOLETE. MA SE QUI, OGGI, CI FOSSE UN OPERAIO DEMOCRATICO, VI FAREBBE A PEZZI…”

meloni musk trump

DAGOREPORT – TEMPI DURI PER GIORGIA - RIDOTTA ALL'IRRILEVANZA IN EUROPA  DALL'ENTRATA IN SCENA DI MACRON E STARMER (SUBITO RICEVUTI ALLA CASA BIANCA), PER FAR VEDERE AL MONDO CHE CONTA ANCORA QUALCOSA LA STATISTA DELLA GARBATELLA STA FACENDO IL DIAVOLO A QUATTRO PER OTTENERE UN INCONTRO CON TRUMP ENTRO MARZO (IL 2 APRILE ENTRERANNO IN VIGORE I FOLLI DAZI AMERICANI SUI PRODOTTI EUROPEI) - MA IL CALIGOLA A STELLE E STRISCE LA STA IGNORANDO (SE NE FOTTE ANCHE DEL VOTO FAVOREVOLE DI FDI AL PIANO “REARM EUROPE” DI URSULA). E I RAPPORTI DI MELONI CON MUSK NON SONO PIÙ BUONI COME QUELLI DI UNA VOLTA (VEDI IL CASO STARLINK), CHE LE SPALANCARONO LE PORTE TRUMPIANE DI MAR-A-LAGO. PER RACCATTARE UN FACCIA A FACCIA CON "KING DONALD", L'ORFANELLA DI MUSK (E STROPPA) E' STATA COSTRETTA AD ATTIVARE LE VIE DIPLOMATICHE DELL'AMBASCIATORE ITALIANO A WASHINGTON, MARIANGELA ZAPPIA (AD OGGI TUTTO TACE) - NELLA TREPIDANTE ATTESA DI TRASVOLARE L'ATLANTICO, OGGI MELONI SI E' ACCONTENTATA DI UN VIAGGETTO A TORINO (I SATELLITI ARGOTEC), DANDO BUCA ALL’INCONTRO CON L'INDUSTRIA DELLA MODA MILANESE (PRIMA GLI ARMAMENTI, POI LE GONNE)... 

davide lacerenza giuseppe cruciani selvaggia lucarelli

TE LO DÒ IO IL “MOSTRO”! – SELVAGGIA LUCARELLI, CHE SBATTE AL MURO GIUSEPPE CRUCIANI, REO DI ESSERE NIENT’ALTRO CHE IL “MEGAFONO” DI LACERENZA, DIMENTICA CHE L’AUTORE DEL PRIMO ARTICOLO CHE HA PORTATO ALLA RIBALTA LE NEFANDEZZE DELLO SCIROCCATO DELLA GINTONERIA E’ PROPRIO LEI, CON UNA BOMBASTICA INTERVISTA NEL 2020 SULLE PAGINE DI T.P.I. (“LA ZANZARA” ARRIVA SOLO NEL 2023) – POI TUTTI I MEDIA HANNO INZUPPATO IL BISCOTTO SULLA MILANO DA PIPPARE DI LACERENZA. IVI COMPRESO IL PALUDATO “CORRIERE DELLA SERA" CHE HA DEDICATO UNA PAGINATA DI INTERVISTA AL "MOSTRO", CON VIRGOLETTATI STRACULT (“LA SCOMMESSA DELLE SCOMMESSE ERA ROMPERE LE NOCI CON L’UCCELLO, VINCEVO SEMPRE!”) - ORA, A SCANDALO SCOPPIATO, I TRASH-PROTAGONISTI DELLE BALORDE SERATE MILANESI SPUNTANO COME FUNGHI TRA TV E GIORNALI. SE FILIPPO CHAMPAGNE È OSPITE DI VESPA A “PORTA A PORTA”, GILETTI RADDOPPIA: FILIPPO CHAMPAGNE E (DIETRO ESBORSO DI UN COMPENSO) LA ESCORT DAYANA Q DETTA “LA FABULOSA”… - VIDEO

andrea scanzi

DAGOREPORT - ANDREA SCANZI, OSPITE DI CATTELAN, FA INCAZZARE L’INTERA REDAZIONE DEL “FATTO QUOTIDIANO” QUANDO SPIEGA PERCHÉ LE SUE “BELLE INTERVISTE” VENGONO ROVINATE DAI TITOLISTI A LAVORO AL DESK: “QUELLO CHE VIENE CHIAMATO IN GERGO ‘CULO DI PIETRA’ È COLUI CHE NON HA SPESSO UNA GRANDE VITA SOCIALE, PERCHÉ STA DENTRO LA REDAZIONE, NON SCRIVE, NON FIRMA E DEVE TITOLARE GLI ALTRI CHE MAGARI NON STANNO IN REDAZIONE E FANNO I FIGHI E MANDANO L'ARTICOLO, QUINDI SECONDO ME C'È ANCHE UNA CERTA FRUSTRAZIONE” - “LO FANNO UN PO’ PER PUNIRMI” - I COLLEGHI DEL “FATTO”, SIA A ROMA CHE A MILANO, HANNO CHIESTO AL CDR DI PRENDERE INIZIATIVE CONTRO SCANZI - CHE FARA’ TRAVAGLIO? - LE SCUSE E LA PRECISAZIONE DI SCANZI - VIDEO!

roberto tomasi – andrea valeri blackstone – gianluca ricci macquarie – scannapieco – salvini autostrade

DAGOREPORT - DUE VISIONI CONTRAPPOSTE SUL FUTURO DI AUTOSTRADE PER L’ITALIA (ASPI) SI SONO CONFRONTATE AL CDA DI QUESTA MATTINA. DA UNA PARTE CDP (51%), DALL’ALTRA I FONDI BLACKSTONE (24,5%) E MACQUARIE (24,5%). IN BALLO, UN PIANO CHE HA COME PRIORITÀ LA MESSA IN SICUREZZA DELLA RETE AUTOSTRADALE. ALLA RICHIESTA DEI DUE FONDI DI VARARE UN SOSTANZIOSO AUMENTO DELLE TARIFFE, CHE PORTEREBBERO A UNA IMPENNATA DEI PREZZI SU OGNI GENERE DI MERCI E UN TRACOLLO DI CONSENSO PER IL GOVERNO MELONI, OGGI IN CDA CDP HA RISPOSTO CON UN CALCIONE DECIDENDO CHE NON SARANNO PIÙ DISTRIBUITI DIVIDENDI PARI AL 100% DELL’UTILE: PER L'ESERCIO 2024 SI LIMITERANNO AL 60% - CHE FINE FARA' IL CEO ROBERTO TOMASI?