GRECIA, LA PAGHEREMO CARA - L’ITALIA HA GIÀ PRESTATO AD ATENE 36 MILIARDI DI EURO: OGNI ITALIANO È “ESPOSTO” PER 600 EURO - MA IN CASO DI “GREXIT” LE PERDITE PRO-CAPITE NEL NOSTRO PAESE ARRIVEREBBERO A CIRCA MILLE EURO A TESTA

Stefano Lepri per “la Stampa”

christine lagardechristine lagarde

 

In qualsiasi modo vada a finire, la Grecia ci costerà cara. Questo ci dice lo studio del Fondo monetario internazionale sulla sostenibilità del debito greco, uscito ieri. Schematizzando, lo Stato italiano ha già prestato allo Stato ellenico 36 miliardi di euro, 600 euro a testa per ciascuno di noi, da restituire in tempi piuttosto lunghi. Secondo il Fmi è probabile che non rientrino tutti.

 

Nell’ipotesi che le cose si mettano ragionevolmente bene - ossia vittoria del «sì» nel referendum di domenica prossima, e nuovo accordo con l’Europa sulla base dei sacrifici previsti dal negoziato ora interrotto - la Grecia avrà ugualmente bisogno di aiuti aggiuntivi per andare avanti. Se si fosse più generosi diverrebbe inevitabile condonare in parte il debito esistente.

 

LAGARDE TSIPRASLAGARDE TSIPRAS

Ovvero, nei termini del calcolo «pro capite» per gli italiani, in aggiunta ai 600 euro bisognerebbe prestarne almeno altri 100 (in rapida salita dopo gli ultimi eventi) e mettere in conto che una parte non ritorni mai. In caso di uscita della Grecia dall’euro, invece, non solo i 600 euro li perderemmo tutti ma si aggiungerebbero altri danni difficili da calcolare, per un totale di forse 1000.

 

Alla solidarietà gli altri europei sono dunque costretti; ma anche per loro, come per i greci, ci sono limiti di tolleranza. Tra le righe, lo studio Fmi fa capire che i calcoli alla base dei precedenti programmi di aiuto alla Grecia si fondavano su numeri stiracchiati a più non posso, robusti aumenti di produttività, scomparsa del lavoro nero, bassa disoccupazione, alto tasso di crescita.

 

varoufakis e tsiprasvaroufakis e tsipras

Da qui a tutto il 2018 il Fmi ritiene necessario prestare alla Grecia altri 52 miliardi di euro, dei quali «almeno 36» dovrebbero essere a carico degli altri Stati europei. Purtroppo i suoi i calcoli, chiusi il 26 giugno, non sono aggiornati ai danni provocati dalle scelte del governo Tsipras negli ultimi giorni, banche chiuse, pagamenti paralizzati, prenotazioni disdette dai turisti.

 

Una stima sommaria può far salire la cifra a 70 miliardi; alla ripresa del negoziato gli obiettivi di bilancio per il 2015 dovrebbero essere modificati. Basterebbe questo a trasformare in necessità un intervento sul debito già esistente.

 

Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis   Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis

Per alleviare il peso del debito l’opzione minima che il Fondo suggerisce sarebbe di rinviare ancora, a venti anni, l’inizio dei rimborsi. In questa forma, più accettabile agli elettori dei Paesi nordici, l’ammontare nominale dei soldi prestati non sarebbe ridotto. Un intervento più incisivo sarebbe invece di condonare il 30% dei debiti.

 

Il documento arrivato da Washington consiglia anche agli europei di considerare con più realismo che cosa la Grecia può fare e non può fare. Certo, un Paese indebitato può ricavare gran vantaggio da vendite di beni pubblici a investitori esteri. Ma in concreto «l’esperienza mostra una radicata resistenza verso le privatizzazioni» da parte di tutti i partiti, non solo di Sýriza che governa adesso.

 

tsipras varoufakis tsipras varoufakis

Le privatizzazioni secondo il Fmi restano un obiettivo valido, per migliorare l’efficienza dell’economia, ma senza pensare di far cassa abbondante. Nel caso dei terreni e degli immobili «esistono difficoltà risapute, come mancanza di dati catastali, diritti di proprietà contestati, difficoltà a ottenere i necessari permessi dagli enti pubblici».

 

Insomma la Grecia è uno Stato che funziona talmente poco che ci vorrà molto tempo per riformarlo. Ad Atene, l’uscita proprio ieri del documento è parsa ad alcuni un favore al partito del «no» che appunto ritiene il debito insostenibile. Ma letta da un altro punto di vista, l’analisi Fmi suggerisce che una Grecia senza riforme (le riforme che Sýriza non vuole), stanti le attuali tendenze della popolazione e della produttività, possa non ritornare alla crescita mai, ristagnare per sempre.

 

 

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