"RENZUSCONI" RELOADED - RENZI ORA È PRONTO AD APRIRE A UN GOVERNO ISTITUZIONALE CON I VOTI DEL CENTRODESTRA: LA CONDIZIONE FISSATA DAI RENZIANI E' CHE SIA PRESIEDUTO DA UN PREMIER TERZO - MA LA MINORANZA DEM TEME UN "RENZUSCONI" SOTTO MENTITE SPOGLIE (MA SE LO CHIEDE MATTARELLA SARA' MOLTO DIFFICILE DIREDI NO)
Alessandro Di Matteo e Carlo Bertini per la Stampa
Appuntamento lunedì al le nove al Nazareno: ordine del giorno, cosa dire stavolta a Mattarella. Si preannuncia calda la seconda mezz' ora dell' incontro tra i quattro della delegazione Pd, ovvero Maurizio Martina, Andrea Marcucci, Graziano Delrio e Matteo Orfini.
La prima mezz' ora infatti scorrerà liscia sullo schema di gioco metabolizzato da «tutto» il Pd: ovvero sì ad un governo di tregua con tutti dentro. Saranno le possibili variabili ad agitare il clima, in particolare una subordinata. Perché è chiaro che gli schemi vanno calati nella realtà e che i 5 Stelle si sono messi di traverso.
Il Pd di stampo renziano è pronto a dare il via libera a un governo di tregua, a condizione che sia presieduto da un premier terzo, che non sia espressione dei partiti che hanno vinto le elezioni. Ma anche con i soli voti del centrodestra. Tradotto, ecco il primo paletto: no ad un eventuale governo guidato dal braccio destro di Salvini, Giancarlo Giorgetti, ma sì ad un esecutivo con un premier terzo.
Il discrimine concordato dai big renziani con il loro leader è che vi siano un profilo e una maggioranza istituzionali e non politici: siccome i confini sono labili, le parole sono importanti.
E siccome è difficile un governo con tutti, il Pd valuterebbe una proposta che venisse dal Colle, anche sostenuta da una maggioranza solo di centrodestra, ma con profilo della compagine di ministri e premier istituzionali.
Un passo avanti. Che andrebbe tradotto in pratica da un comportamento in Parlamento. Quale? In quel caso, si dovrebbe valutare tra un appoggio esterno o una partecipazione più diretta.
Ma è evidente che sotto la magica insegna «Istituzionale», via via le asticelle si abbassano. «Su un governo Casellati, tanto per fare un esempio, con ministri tecnici, ma con una maggioranza formata solo dal centrodestra, sarebbe improbabile spingersi fino alla fiducia», ammette un dirigente renziano.
«Ma con un programma minimo concordato potrebbero scattare le condizioni per un appoggio esterno». E quale potrebbe essere questo programma minimo, nelle intenzioni dei renziani?
Sminare l' aumento dell' Iva, altrimenti obbligato dalle clausole di salvaguardia, stendere la legge di bilancio e fare un tentativo di cambiare legge elettorale. Il tutto per traghettare il paese a nuove elezioni nel 2019, scongiurando il rischio di nuove elezioni a ottobre. Vero spauracchio di tutto il Pd, che si troverebbe impreparato, costretto a far eleggere di corsa Lorenzo Guerini segretario in assemblea e a pregare Paolo Gentiloni di fare il candidato premier di una coalizione allo stato inesistente.
Lo stesso Guerini che ha fatto rizzare le orecchie a molti con una sua dichiarazione l' altro ieri. «Non ci sono le condizioni per fare un governo politico né con Di Maio né con Salvini, il Pd ascolterà il Presidente Mattarella e proseguirà nel suo approccio costruttivo».
Ora è chiaro che su tutto ciò incombe il volere dei protagonisti.
In primis Salvini, che Renzi pare senta spesso - così dicono nel Pd - per aggiornarsi sui passi dei rispettivi partiti. Pubblicamente ha detto che non vuole una maggioranza istituzionale e che Renzi e il Pd più lontani stanno da lui meglio è. Non proprio un buon viatico. L' altro nodo è che una parte del Pd si metterebbe contro: un governo che nascesse in parlamento con i voti del centrodestra e il placet dem potrebbe essere bollato come un «Renzusconi» sotto altre spoglie.
E innescare reazioni prevedibili. Tanto che già in camera caritatis i non renziani guidati da Martina preparano la resistenza. «Un governo di tregua si può fare se ci stanno tutti, altrimenti mi pare difficile, dopo che ci hanno accusato di voler fare un governo con M5S», dice Cesare Damiano, dell' area Orlando. Già in direzione, giovedì scorso, i renziani avevano provato a far passare un documento che limitasse il veto del Pd al solo «governo Salvini» e non a generici accordi con il centrodestra come aveva detto Martina nella relazione. Ora la questione è destinata a riesplodere.