POLLI ITALIANI E GALLETTI FRANCESI - MERLO: “LA CRETINOCRAZIA DI DI BATTISTA E DI MAIO È IL VAFFA CHE HA CONQUISTATO IL POTERE” – TRAVAGLIO: “LA FRANCIA NASCONDE DA 40ANNI DECINE DI TERRORISTI, ASSASSINI E TAGLIAGOLE ITALIANI SPACCIANDOLI PER PERSEGUITATI POLITICI; MACRON PARAGONA I VINCITORI DELLE ELEZIONI ITALIANE A "UNA LEBBRA CHE CRESCE UN PO' OVUNQUE IN EUROPA”
1 - LA PERFIDA GALLIA
Francesco Merlo per “la Repubblica”
Più che alla testata di Zidane sul campo di calcio, la scena del bullo Di Battista che straccia in tv un facsimile di 5000 franchi africani, rimanda alla testata del mafioso di Ostia. Non è più infatti un fallo di reazione, uno dei tanti episodi di volgarità del governo italiano contro la Francia di Macron, « quel matto che beve Champagne » , quel «chiacchierone», «ipocrita e cinico», «quel nuovo Napoleone » e persino (Beppe Grillo) «quel vibratore con le pile scariche di Madame Brigitte».
EMMANUEL MACRON BRIGITTE GILET GIALLI
No, al di sopra del solito, ormai scontato verminaio di disprezzo e di insulti, qui c' è la politica estera ridotta a parodia. C' è, nel nuovo, grottesco ma drammatico attacco alla Francia, la "mossa" dell' oltraggio di Giulio Cesare, l' idea scema del "qui casca il gallo" vale a dire nel colonialismo settant' anni dopo la sua fine: qui casca il gallo che non capisce che la Tav « è una sciocchezza », il gallo che «protegge i terroristi latitanti».
luigi di maio e alessandro di battista in auto 3
Ormai inacidisce anche la simpatia della vecchia rivalità a colpi di stereotipi. E Giorgia Meloni, sempre più reginetta di Coattonia, grida in tv che Macron sfrutta i bambini africani per arricchirsi. «Ci vuole un incidente diplomatico» aveva detto Di Battista provocandolo.
GIORGIA MELONI E GIOVANNI TOTI
Ecco, sempre in viaggio in Patagonia, Cile, Bolivia, Amazzonia, Ecuador, Colombia, Perù, Nicaragua, Guatemala e prossimamente in India, con l' idea cioè che la diplomazia sia " giro e vedo gente" alla Nanni Moretti, questo Dibba, con l' elmetto del superministro degli Esteri e del filosofo antimperialista, domenica sera ha strappato la moneta affamatrice dell' Africa, lo sterco del demonio, con la stessa retorica della destra nel primo dopoguerra: le banche sanguisuga e i Rothschild che a Macron diedero lavoro, gli slogan sulla nefasta e distruttiva potenza del diavolo ricco nel mondo del sottosviluppo africano schiavizzato dal capitalismo francese. Manca solo la prosa allucinata del Selvaggio, dello Strapaese, da Barilli a Maccari: « Parigi, superficie lucente ammantata di schiuma e di bave sanguigne ».
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Ecco, ieri bastava fare un giro sui social del mondo grillino per ritrovare i francesi «uterini e cattivi», Macron « femminiello » oltre che « vomitevole» , «una marionetta al servizio della peggiore feccia umana: massoni, affaristi, banchieri, speculatori finanziari».
E mentre Di Battista attacca le colonie africane, il piccolo Masaniello Luigino Di Maio, che è vicepresidente del Consiglio oltre che capopartito, incendia la campagna francese. Il primo vuole liberare il continente nero dal giogo della moneta di Parigi e l' altro si offre come una Marianna di sostegno alla violenza redentrice dei gilet gialli: pugni ai poliziotti e ruspe contro la porta del ministero.
ALESSANDRO DI BATTISTA ANIMATORE
E così questa guerra fredda italo francese è diventata ormai un grottesco altro mondo di eccentrica e serissima mistificazione. Non è infatti vero che gli emigrati scappano dalla moneta unica africana stampata in Francia e collegata all' euro, che vale 655,957 franchi Cfa. Su un totale di 23mila migranti nel 2018 solo duemila sono arrivati dai paesi che adottano una moneta che, secondo molti economisti, garantisce la stabilità, e di sicuro non è un' imposizione.
Invece «è una manetta» ha scandito il tupamaro Di Battista. La cretinocrazia è infatti il vaffa che ha conquistato il potere, e Di Battista e Di Maio sono esperti nella declamazione indignata dei luoghi comuni di tutti gli estremismi, di destra e di sinistra, degli ultimi 40 anni. Così l' Africa che, dal carburante ai minerali, fa affari con la Cina, torna quella della Battaglia di Algeri e dell'Oas, e Dibba si atteggia al Sartre del film di Gillo Pontecorvo.
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2 - SOVRANISTI PER FORZA
Marco Travaglio per il “Fatto quotidiano”
macron alle antille con maschioni 3
Uno fa di tutto per non diventare sovranista, poi legge che il Fondo monetario internazionale accusa l' Italia nientemeno che di "frenare l' economia mondiale": e solo oggi, all' improvviso, tutto d' un botto. Prima no, anzi, eravamo l' ombelico del mondo, la locomotiva della galassia, il capofila dell' universo e non ce n' eravamo mai accorti. Poi il 4 marzo, per la prima volta nella loro storia, gli italiani hanno sbagliato a votare, e zac! Ora qualunque disastro accada sull' orbe terracqueo è colpa nostra. Se, puta caso, la pizza di fango del Camerun perde potere d' acquisto, c' è lo zampino dell' Italia. Spiace per le sorti degli aborigeni australiani, delle zingare del deserto, dei lama tibetani, delle balinesi nei giorni di festa e delle cavigliere del Kathakali: se se la passano male, sanno a chi dire grazie. Ai soliti italiani.
Uno fa di tutto per non diventare sovranista, poi scopre che il governo Macron ha convocato l' ambasciatrice italiana per le "dichiarazioni ostili e immotivate" di Di Maio e Di Battista sul neocolonialismo francese. Che è un po' come se il governo egiziano convocasse l' ambasciatore italiano per la nostra scarsa collaborazione sul delitto Regeni.
Cioè: il governo francese nasconde da quarant' anni decine di terroristi, assassini e tagliagole italiani aiutandoli a sottrarsi alla nostra giustizia e spacciandoli per perseguitati politici; il governo francese manda la sua Gendarmerie a sconfinare oltre la frontiera italiana per riportare migliaia di migranti che non ha intenzione di accogliere e poi accusa l' Italia di non essere abbastanza accogliente; il presidente francese Emmanuel Macron paragona i vincitori delle elezioni italiane a "una lebbra che cresce un po' ovunque in Europa" e dava dei "bugiardi" ai nostri governanti che parlano di crisi migratoria, mentre ordina migliaia di respingimenti di migranti a Ventimiglia e tiene ben chiusi i porti francesi; la ministra francese Nathalie Loiseau intima al nostro governo di "fare pulizia in casa propria", mentre il commissario francese dell' Ue Moscovici chiama i nostri governanti "piccoli Mussolini"; il portavoce del partito di Macron definisce "vomitevole la linea del governo italiano sui migranti"; il governo francese, dopo aver destabilizzato la Libia con la guerra del 2011, continua a soffiare sul fuoco sostenendo il noto galantuomo Haftar; e ora chi convoca chi? Ma per favore.
cesare battisti firma libriBernard-Henri Lévy
Uno fa di tutto per non diventare sovranista, poi trova su La Stampa un' articolessa di Bernard-Henri Lévy che racconta la prossima tournée teatrale di Bernard-Henri Lévy.
Siccome tocca fare tutto a lui, ora deve "fermare il populismo". Con le nude mani. "Il mio - spiega il noto paraguru - è il contributo di uno scrittore alla nuova resistenza europea che deve organizzarsi senza tardare".
Mi raccomando, non prendete impegni: si parte il 5 marzo da Milano e si prosegue in "venti tappe in Europa prima del voto", "con La Stampa media partner". "Perché far partire da Milano una campagna contro l' avanzata del populismo?", domanda Henri Lévy a Henri Lévy. Che, cortesemente, si risponde: "Perché è proprio lì, a Milano, che tutto è cominciato". Con Mussolini? Con Craxi?
No, con B. Ha impiegato appena 25 anni per accorgersene, meglio tardi che mai: "È dagli studi berlusconiani che sono uscite tutte quelle facce clonate, labbra arroganti, silicone e dentifricio, gel per i capelli e sorrisi da rappresentante, che sono diventate il marchio di fabbrica delle 'democrature' europee".
In effetti, dalle ragazze del Drive In a Orbán il passo è breve: una lettura così profonda che ci fa rivalutare persino il Biscione. Anche perché il primo Paese europeo dove B. riuscì a esportare le sue tette e i suoi culi siliconati fu proprio la Francia, grazie a Mitterrand che spalancò le porte a La Cinq quando l' ex trotzkista e maoista BHL gli suonava la trombetta. L' avvocato di B. era tal Sarkozy, poi asceso all' Eliseo fra i perepé di BHL .
cesare battisti salone letterario in francia 2004
Ma su questi e altri dettagli il paraguru sorvola, impegnato com' è a spiegare agli italiani quel che non capisce dell' Italia. Si pensava che si sarebbe preso una pausa, dopo la cattura di Battisti, il pluriassassino latitante che lui spacciava per uno "scrittore arrabbiato e imprigionato" e paragonava a Dreyfus. Invece coglie l' occasione per scagliarsi con chi l' ha finalmente assicurato alle patrie galere: "un dottore con credenziali false (Conte), un gradasso affetto da un' insana megalomania (Salvini) e un Pulcinella più pusillanime che capace (Di Maio)", senza dimenticare la Raggi, che si porta su tutto e "consegna Roma alle erbacce e alla prevaricazione in proporzioni mai viste dai tempi di Catone il Censore" (viva Mafia Capitale!).
Insomma: una "riedizione post-moderna del fascismo" agli "ordini di Mosca" e coi soldi degli "amici di Bannon". In attesa che questo coiffeur pour dames esibisca, sul giornale che combatte le fake news (altrui), uno straccio di prova sulla falsa laurea di Conte, sui cablo di Mosca e sui dollari di Bannon, apprendiamo che gli manca tanto Renzi: ah quelle "sagge decisioni prese in passato, in un anno (febbraio 2014-dicembre 2016, ndr), dal vulcanico Matteo Renzi: diminuzione delle tasse (mai vista, ndr) modernizzazione della giustizia (ma quando mai, ndr), fine degli sprechi delle Regioni (ma de che, ndr) "!
Che nostalgia! Purtroppo gli elettori non hanno apprezzato. Cose che càpitano, quando fai votare il popolo al posto di BHL . Il quale ora è molto "arrabbiato" e marcia su Milano "per via di Stendhal", ma anche degli altrettanto incolpevoli "Dario Fo (che votava 5Stelle, ndr), Leopardi, Verdi, Brecht e i suoi Quattro Soldi". Che poi erano tre, ma dev' essere l' inflazione.