enrico letta giuseppe conte

LETTA, DAL CAMPO LARGO È FINITO AL CAMPO SANTO - PER IL PD L'USCITA DEI 5STELLE DAL GOVERNO E LE DIMISSIONI DI DRAGHI SONO UNA DISFATTA CHE PORTA LA FIRMA DI ENRICHETTO E COMPAGNI A 5 STELLE (BETTINI, ZINGARETTI, BOCCIA, PROVENZANO, ORLANDO, ETC.) – ORA SI VA VERSO ELEZIONI ANTICIPATE E, SENZA IL PROPORZIONALE, IL "NUOVO ULIVO" E’ COSTRETTO AD ALLEARSI: CON CHI? CON I PAGLIACCI DI CONTE O CON I DI MAIO, RENZI, CALENDA E I VARI&AVARIATI DEL “CENTRO-TAVOLA”?

Federico Geremicca per “la Stampa”

giuseppe conte enrico letta 1

 

La cosa più sensata, per chi ama i thriller, stavolta sarebbe mettersi comodi in poltrona e vedere come va a finire. Il film - titolo possibile: «L'abisso di Conte» - è appena cominciato, e come tutti i film che si rispettino ha un primo ed un secondo tempo.

 

La prima parte si chiuderà oggi, sull'immagine dell'Aula del Senato nell'attimo in cui vota la fiducia al governo senza il Movimento cinque stelle. Quel che accadrà nel secondo tempo sarà una conseguenza di quel voto. E potrebbe trattarsi di tutt' altro film, con un finale che degenera dal thriller all'horror.

 

ENRICO LETTA

È per questo che lungo tutto questo primo tempo Enrico Letta si è speso per evitare un epilogo che considera funesto: e cioè l'uscita dei Cinque stelle dalla maggioranza di governo. Una conclusione del genere, infatti, potrebbe perfino precipitare il Paese verso elezioni anticipate: e costituirebbe un problema per l'oggi - considerate le mille emergenze da fronteggiare - ed ancor più per il domani, con il chimerico campo largo ridotto in frantumi alla vigilia di un possibile scontro elettorale.

 

GIUSEPPE CONTE SANNA MARIN ENRICO LETTA

Sono queste considerazioni che hanno convinto il segretario a usare toni appena più forti del solito: la crisi sarebbe «irresponsabile» - ha detto ieri ai suoi parlamentari - e chi la determinasse non potrebbe certo poi esser alleato dei democratici alle elezioni. È una constatazione, non una minaccia, ha chiarito Letta. Può essere.

 

Ma nel devastato accampamento dei Cinque stelle, l'annuncio ha aggiunto preoccupazione a preoccupazione.

E se è vero che protagonisti e comparse stanno per ora recitando copioni tesi ad influenzare - con avvertimenti e minacce - l'epilogo del primo tempo, non è detto che in caso di rottura sia poi cosa semplice rimettere assieme i noti cocci.

enrico letta roberto speranza 2

 

Tutto questo, evidentemente, rappresenterebbe un rischio soprattutto per il Pd. È vero che - esclusa Giorgia Meloni - nessuno sembra pronto per il voto, a cominciare da Salvini e Berlusconi che, se lo volessero davvero, avrebbero potuto e potrebbero determinarlo in qualsiasi momento: ma tra qualche mese si voterà di certo, e il cosiddetto campo largo non può continuare a somigliare ad una sfiancante tela di Penelope.

 

Secondo alcuni (nello stesso Pd) una rottura con il Movimento di Conte sarebbe manna dal cielo, perché potrebbe permettere la ripresa di un confronto serio con Calenda, Renzi e la irrequieta galassia centrista: ma Letta non si fida, resta prudente e vuole attendere almeno la conclusione del primo tempo del film per fare qualunque mossa.

GIUSEPPE CONTE CON ENRICO LETTA

 

È una strategia resa possibile anche dalla vaghezza della definizione "campo largo".

Chi deve esserci, infatti, nel campo largo? E chi creerebbe davvero problemi se invece non ci fosse? Il campo largo, insomma, non è il pentapartito: dove o si è in cinque o è un'altra cosa.

 

È una formula così generica da poter assorbire (nascondere) qualsiasi defezione. Se Renzi non ci fosse, sarebbe sempre un campo largo? E se non ci fosse Conte? In realtà, il Pd ha semplicemente dato un nome nuovo ad una cosa antica: perché in politica non s' inventa quasi niente.

 

giuseppe conte enrico letta 2

All'origine fu la «gioiosa macchina da guerra» targata Occhetto; poi divenne l'Ulivo (ricordiamolo: 18 formazioni politiche federate, nel 1996); quindi degenerò nell'Unione, per finire con la nascita del Pd «a vocazione maggioritaria». Oggi l'alleanza la si potrebbe chiamare «nuovo Ulivo»: sarebbe lo stesso, ma saprebbe di vecchio.

 

Non la si potrebbe chiamare centrosinistra, invece: almeno fin quando punta ad ospitare i Cinque stelle, che - come è noto - non tollerano esser definiti di sinistra... La si potrebbe definire alleanza progressista, certo, ma resterà la definizione campo largo: e quanto largo dipenderà anche da come finirà il primo tempo del film in proiezione.

goffredo bettini gianni letta giuseppe conte

 

Enrico Letta resta comunque ottimista. Ieri ha fatto propria, impossessandosene, la cosiddetta agenda sociale messa in campo da Draghi, che ora è la ragion d'essere della presenza del Pd al governo: lavoro, salario minimo, lotta alla precarietà.

 

«Chi determina la crisi, blocca tutto questo», ha spiegato, e i democratici non potranno mai allearsi con chi dall'opposizione spara contro quell'agenda: se il movimento di Conte oggi non vota la fiducia come ha annunciato, dunque, ognuno per la sua strada. E quella del Cinque stelle si farebbe ancor più in salita.

 

enrico letta felice

La direzione e lo stile di Letta invece non cambiano, fedeli ad un'impostazione che ha fin qui prodotto vittorie elettorali ed una nuova centralità. Sono bastate poche mosse: ancorare il Pd a Draghi senza ambiguità e nostalgie giallorosse, farne il "partito garanzia" della stabilità ed evitare polemiche e fughe in avanti, limitandosi ad aspettare gli errori degli avversari.

 

La rielezione al Quirinale di Sergio Mattarella è stato il miglior esempio di questo stile da "temporeggiatore". E radici non molto diverse hanno i tanti successi elettorali dovuti alla scelta di candidati sbagliati da parte del centrodestra. Anche oggi Enrico Letta temporeggia. Ma stavolta sa che il tempo della battaglia, dopo la scelta del Movimento cinque stelle, potrebbe esser vicino, più vicino di quel che continua a sperare...

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni daniela santanche ignazio la russa

DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA SENZA “PROTETTORI”: GIORGIA MELONI NON PUÒ SFANCULARLA SENZA FAR SALTARE I NERVI A LA RUSSA. E SAREBBE UN BOOMERANG POLITICO PER LA DUCETTA DEI DUE MONDI: ‘GNAZIO È UN PESO MASSIMO DEL PARTITO, GOVERNA DI FATTO LA LOMBARDIA TRAMITE LA SUA CORRENTE MILANESE. SOPRATTUTTO, È IL PRESIDENTE DEL SENATO. MEGLIO NON FARLO IRRITARE: LA VENDETTA, LO SGAMBETTO, “L’INCIDENTE D’AULA”, POSSONO ESSERE SEMPRE DIETRO L’ANGOLO…

luigi lovaglio - francesco gaetano caltagirone - giancarlo giorgetti - milleri - alberto nagel - philippe donnet mediobanca mps giorgia meloni

DAGOREPORT - A RACCONTARLO NON CI SI CREDE. RISULTATO DEL PRIMO GIORNO DI OPS DEL MONTE DEI PASCHI SU MEDIOBANCA: TRACOLLO DELLA BANCA SENESE - SE IL MEF DI GIORGETTI, CHE HA L’11,7% DI MPS, LO PRENDE IN QUEL POSTO (PERDENDO 71 MILIONI), IL DUPLEX CALTAGIRONE-MILLERI FA BINGO: 154 MILIONI IN UN GIORNO - INFATTI: SE I DUE COMPARI PERDONO SU MPS 90 MILIONI, NE GUADAGNANO 244 AVENDO IL 25,3% DI MEDIOBANCA - E DOPO IL “VAFFA” DEL MERCATO, CHE SUCCEDERÀ? TECNICAMENTE L’OPERAZIONE CALTA-MILLERI, SUPPORTATA DALLA MELONI IN MODALITÀ TRUMP, È POSSIBILE CON UN AUMENTO DI CAPITALE DI MPS DI 4 MILIARDI (PREVISTO PER APRILE) - PER DIFENDERE MEDIOBANCA DALL’ASSALTO, NAGEL DOVRÀ CHIEDERE AL BOSS DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, DI CHIAMARE ALLE ARMI I POTENTI FONDI INTERNAZIONALI, GRANDI AZIONISTI DI MEDIOBANCA E DI GENERALI, PER SBARRARE IL PASSO AL “CALTARICCONE” ALLA FIAMMA (FDI)

dario franceschini elly schlein gattopardo

DAGOREPORT - FRANCESCHINI, IL SOLITO “GIUDA” TRADITORE! SENTENDOSI MESSO DA PARTE DALLA SUA “CREATURA” ELLY SCHLEIN, ECCO CHE REAGISCE E LE DÀ LA ZAMPATA CON L’INTERVISTA A “REPUBBLICA”: “ALLE ELEZIONI SI VA DIVISI, E CI SI ACCORDA SOLO SUL TERZO DEI SEGGI CHE SI ASSEGNA CON I COLLEGI UNINOMINALI”. PAROLE CHE HANNO FATTO SALTARE DALLA POLTRONA ARCOBALENO LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA, CHE VEDE SFUMARE IL SUO SOGNO DI ESSERE LA CANDIDATA PREMIER. COME INSEGNA L’ACCORDO DI MAIO-SALVINI, NON SEMPRE IL LEADER DEL PARTITO PIÙ VOTATO DIVENTA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO – LA “GABBIA” IN CUI LA SCHLEIN SI È RINCHIUSA CON I SUOI FEDELISSIMI È INSOPPORTABILE PER I VECCHI VOLPONI CATTO-DEM. IL MESSAGGIO DAI CONVEGNI DI ORVIETO E MILANO: ELLY PENSA SOLO AI DIRITTI LGBT, NON PUÒ FARE DA SINTESI ALLE VARIE ANIME DEL CENTROSINISTRA (DA RENZI E CALENDA A BONELLI E FRATOIANNI, PASSANDO PER CONTE). E LA MELONI GODE...

dario franceschini elly schlein matteo renzi carlo calenda giiuseppe conte

DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ SINTETIZZARE COSÌ: IO CI SONO. E’ INUTILE CERCARE IL FEDERATORE, L’ULIVO NON TORNA, E NON ROMPETE LE PALLE ALLA MIA “CREATURA”, ELLY SCHLEIN, “SALDA E VINCENTE” AL COMANDO DEL PARTITO – AMORALE DELLA FAVA: “SU-DARIO” NON MOLLA IL RUOLO DI GRAN BURATTINAIO E DAVANTI AI MAL DI PANZA INTERNI, CHE HANNO DATO VITA AI DUE RECENTI CONVEGNI, SI FA INTERVISTARE PER RIBADIRE AI COLLEGHI DI PARTITO CHE DEVONO SEMPRE FARE I CONTI CON LUI. E LA MELONI GODE…

almasri giorgia meloni carlo nordio

DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA INDISTURBATO IN EUROPA? AVEVA UN PASSAPORTO FASULLO O UN VISTO SCHENGEN? E IN TAL CASO, PERCHÉ NESSUN PAESE, E SOPRATTUTTO L’ITALIA, SI È OPPOSTO? - LA TOTALE ASSENZA DI PREVENZIONE DA PARTE DEGLI APPARATI ITALIANI: IL MANDATO DI ARRESTO PER ALMASRI RISALE A OTTOBRE. IL GENERALE NON SAREBBE MAI DOVUTO ARRIVARE, PER EVITARE ALLA MELONI L’IMBARAZZO DI SCEGLIERE TRA IL RISPETTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE E LA REALPOLITIK (IL GOVERNO LIBICO, TRAMITE ALMASRI, BLOCCA GLI SBARCHI DI MASSA DI MIGRANTI) – I SOSPETTI DI PALAZZO CHIGI SULLA “RITORSIONE” DELLA CPI E IL PASTROCCHIO SULL’ASSE DEI SOLITI TAJANI-NORDIO

pier silvio giampaolo rossi gerry scotti pier silvio berlusconi

DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E L'INGAGGIO DI GERRY SCOTTI COME CO-CONDUTTORE DELLA PRIMA SERATA DI SANREMO NE È LA PROVA LAMPANTE - CHIAMARE ALL'ARISTON IL VOLTO DI PUNTA DI MEDIASET È IL SEGNALE CHE IL BISCIONE NON FARÀ LA GUERRA AL SERVIZIO PUBBLICO. ANZI: NEI CINQUE GIORNI DI SANREMO, LA CONTROPROGRAMMAZIONE SARÀ INESISTENTE - I VERTICI DELLA RAI VOGLIONO CHE IL FESTIVAL DI CARLO CONTI SUPERI A TUTTI I COSTI QUELLO DI AMADEUS (DA RECORD) - ALTRO SEGNALE DELLA "PACE": IL TELE-MERCATO TRA I DUE COLOSSI È PRATICAMENTE FERMO DA MESI...