AGGIUNGI UN POSTO A TAV – ENTRO NATALE SI DECIDONO LE SORTI DELL’ALTA VELOCITÀ TORINO-LIONE. LA SINDACA APPENDINO VUOLE FAR DIVENTARE IL CAPOLUOGO PIEMONTESE LA CAPITALE “NO TAV”: LUNEDÌ LA MAGGIORANZA M5S IN COMUNE VOTERÀ UNA MOZIONE PER “SOSPENDERE L’OPERA” – IL DECLINO DI TORINO, GIÀ FERITA DALL’EGEMONIA DI MILANO, SPOGLIATA DEGLI EVENTI CULTURALI, UMILIATA PER LA VICENDA DELLA CANDIDATURA OLIMPICA E ORA…
Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”
Almeno qualche virgola la si poteva cambiare. L' ordine del giorno che lunedì prossimo farà di Torino la capitale No Tav è invece un copia e incolla della lettera aperta inviata lo scorso 5 settembre dal Movimento No Tav al premier Giuseppe Conte e al ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, con annesse richieste di epurazioni dei vertici di Telt, la società che per conto di Italia e Francia sta costruendo la linea veloce Torino-Lione, e dell' Osservatorio che raccoglie i Comuni favorevoli alla sua realizzazione.
La proposta arriva dalla maggioranza a 5 Stelle che dal giugno 2016 governa la città, «sospendere l' opera e destinare sul territorio i fondi previsti per la mobilità collettiva e sostenibile del territorio». Ma la faccia, e l' ultima firma che verrà apposta su quella mozione una volta approvata, sono quelle di Chiara Appendino.
A livello personale, non è un voltafaccia. La sindaca è da sempre una convinta No Tav. Il primo atto della sua giunta fu proprio l' uscita dall' Osservatorio, festeggiata con foto di gruppo in municipio. Erano altri tempi, in ogni senso. Appendino godeva della benevolenza generale riservata alle novità, M5S era ancora ben lontano dalla presa di Palazzo Chigi.
Adesso ci siamo. Entro Natale si dovrà decidere la sorte di quell' opera. Da una parte o dall' altra. Appendino ha scelto, seguendo il richiamo della foresta pentastellata. E nel farlo ha anteposto la fedeltà alla linea M5S agli interessi e ai desideri della città che rappresenta. Oggi Torino è davvero il capoluogo di una regione che si sente una Cenerentola del Nord Italia, spaventata dalla propria perdita di peso politico e industriale.
La sindaca ha deciso di andare contro il sentimento prevalente di una città già ferita dall' egemonia di Milano, spogliata degli eventi culturali, umiliata per l' esclusione dalla candidatura italiana alle Olimpiadi invernali del 2026.
Può apparire una scelta irrazionale, ma il problema è proprio questo. La razionalità non ha nulla a che vedere con questa storia. Perché il no alla Tav è una categoria dello spirito dei 5 Stelle così come li abbiamo conosciuti, ne è un elemento fondativo. È un totem dal valore simbolico imprescindibile. Non è un caso che la scorsa settimana Matteo Salvini l' abbia lasciata fuori dall' elenco delle opere «ormai cominciate che bisogna finire».
LUIGI DI MAIO E GIUSEPPE CONTE
I vertici leghisti non si esprimeranno mai contro, sperano al massimo in una dilazione dei tempi, troncare e sopire, poi si vedrà. Eppure, come nel caso del Tap del quale ieri il governo ha ufficializzato il via libera, anche l' avvicinarsi della resa dei conti sulla Torino-Lione è accompagnato da un atteggiamento ambiguo dei 5 Stelle. In questi mesi, alcuni suoi esponenti di governo si sono prodigati in rassicurazioni, sostenendo che alla fine verrà trovata la quadra su una Tav rivista e corretta.
La stessa Appendino avrebbe rassicurato i vertici dell' Unione industriali torinese, dando per scontato un accordo. Un passo avanti e uno indietro. Nel caso degli altri amari bocconi infrastrutturali ingeriti dai 5 Stelle si trattava di semplice confronto con la realtà dei fatti. In quello della Tav, è probabile che sia solo una tattica. Le valutazioni sui costi e i benefici saranno la foglia di fico che giustificherà la decisione politica di cancellare l' opera, imprescindibile per M5S.
Lunedì, mentre la sua maggioranza voterà l' ordine del giorno fotocopiato dal Movimento No Tav, la sindaca non ci sarà. È in missione al Global islamic economy summit di Dubai, dove cercherà di portare investitori per la sua Torino. Una città che nel primo decennio del nuovo secolo era «il posto dove stare» in Italia, e ora teme di diventare l' ultima fermata prima della provincia di Cuneo.
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