
IL PRIMATO DI NORDIO: È RIUSCITO A COMPATTARE LE TOGHE CONTRO IL GOVERNO – ANCHE MAGISTRATURA INDIPENDENTE, LA CORRENTE “MODERATA” E VICINA ALLA DESTRA, VA ALLO SCONTRO CON IL GUARDASIGILLI SULLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DOPO UN INCONTRO CON LA LEGHISTA GIULIA BONGIORNO E IL FORZISTA ZANETTIN – IL LEADER DI MI, CLAUDIO GALOPPI: “QUESTA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE È UNA RIFORMA SGANGHERATA TECNICAMENTE, IPOCRITA SUI MEZZI E SUI FINI, E PUNITIVA. È NETTA L'IMPRESSIONE CHE SIA STATA IMPOSTATA COME REGOLAMENTO DI CONTI TRA POLITICA E GIUSTIZIA...”
Estratto dell’articolo di Francesco Grignetti per “La Stampa”
Se era un tentativo di compromesso nel perimetro vicino al centrodestra, è fallito. La corrente più moderata delle toghe italiane, infatti, Magistratura Indipendente, forte di un successo nelle recenti elezioni interne, due giorni fa ha chiamato attorno a un tavolo i capicorrente della magistratura più alcuni politici influenti che masticano davvero di giustizia. Un'occasione lontana dalle luci della ribalta per parlarsi a cuore aperto.
Ma l'incontro è servito solo a prendere atto che le distanze sono incolmabili. Restano nell'aria le parole definitive del leader di MI, Claudio Galoppi: «Questa separazione delle carriere è una riforma sgangherata tecnicamente, ipocrita sui mezzi e sui fini, e punitiva. È netta l'impressione che sia stata impostata come regolamento di conti tra politica e giustizia».
CARLO NORDIO - VOTO DI SFIDUCIA ALLA CAMERA - FOTO LAPRESSE (1)
L'incontro di mercoledì prevedeva un parterre bipartisan con i senatori Giulia Bongiorno (Lega) e Pierantonio Zanettin (Forza Italia) più le deputate Maria Elena Boschi (Italia viva) e Debora Serracchiani (Pd). I veri interlocutori, ovviamente, erano i due esponenti del centrodestra.
Era da essi che quelli di Magistratura indipendente, a cominciare da Galoppi e dalla presidente Loredana Micciché, volevano capire se ci sono ancora margini di compromesso. Tanto più che tutti avevano letto le parole sfuggite al sottosegretario Andrea Delmastro, meloniano tra i più puri, che nei giorni scorsi ha espresso seri dubbi su questa riforma. Ma sono stati gelati sul nascere.
Zanettin ha rimarcato che la riforma si farà, rapidamente, e che non si cambia di una virgola. Anche Bongiorno ha chiuso a ogni modifica in corsa. Se mai ci sarà qualche aggiustamento, hanno assicurato i due senatori del centrodestra, si faranno a riforma costituzionale approvata – quindi dopo che si sarà tenuto anche il referendum – attraverso le leggi ordinarie di attuazione. [...]
Tutti hanno provato a mostrarsi dialoganti, compreso il nuovo presidente dell'associazione nazionale magistrati, Cesare Parodi, che esce dalle file della stessa corrente: «Diciamo spesso tra noi che abbiamo bisogno di recuperare immagine e credibilità. La via è il dialogo interno tra noi ed esterno da noi». I magistrati della corrente moderata, spesso accusati dai colleghi di "collateralismo" con il governo Meloni, si sono però resi conto che c'è poco da dialogare.
giorgia meloni e cesare parodi - incontro tra anm e governo a palazzo chigi
Ogni ipotesi di modifica alla riforma è rinviata dalla maggioranza agli anni prossimi. E Giulia Bongiorno ha dato questa spiegazione: «Parlando più da avvocato che da politico – ha detto la presidente della commissione Giustizia del Senato – il dato al momento irreversibile è il crollo di fiducia da parte dei cittadini nella giustizia. Ma questa sfiducia non giova a nessuno. Non a voi, non ai politici, e neanche agli avvocati. Perché se il cittadino-imputato si convince che il suo processo è politicizzato, allora a che serve un bravo avvocato? A nulla. Per questi motivi di fondo occorre la riforma». [...]
C'è poi il nodo dei pubblici ministeri. A chi insiste che non ora, tra qualche anno, però l'esito finale sarà che il pubblico ministero verrà sottoposto all'esecutivo, Giulia Bongiorno ha sfiorato il politicamente scorretto: «No, scusate, questo nella riforma non c'è e non ci sarà mai. Per un ragionamento molto semplice. Io rabbrividisco al solo pensare che il pm sia un sottoposto del ministro della Giustizia. Mi fa paura questa prospettiva.
Dico, oggi abbiamo come ministro un fior di garantista come Carlo Nordio ma non avremo Nordio per sempre, per i prossimi trentacinque anni. E se invece in futuro vincesse le elezioni un partito che non rispetta il garantismo, un nuovo Cinquestelle? E se in quel futuro diventasse ministro un loro esponente come, per dire, il senatore Roberto Scarpinato, che tanto garantista non è? Ecco la ragione per cui il pm non è e non sarà mai sottoposto al governo: perché noi che questa riforma la stiamo portando avanti, con un ministro Scarpinato non ci sentiremmo garantiti».
Reazione palpabile in sala, dove c'erano soltanto magistrati e l'ex pm Scarpinato lo conoscono bene. Risatine di alcuni. Disappunto di altri. [...]
incontro tra anm e governo a palazzo chigi - cesare parodi
carlo nordio alla camera - foto lapresse