
THERESA MAY NON HA LA MAGGIORANZA! LE SERVONO 326 SEGGI PER GOVERNARE E I CONSERVATORI NE HANNO INCASSATI 318: DEVE TROVARE UN ALLEATO - LA RISCOSSA DEL LABURISTA CORBYN: "LA PREMIER SI DIMETTA, ORA GOVERNO DI TUTTI" – STERLINA IN PICCHIATA - CAZZULLO: "LA MAY HA PERSO LA SUA SCOMMESSA. NON È LA THATCHER. E LO SI È VISTO"
Piera Matteucci per repubblica.it
THERESA MAY è prima, ma non ha la maggioranza assoluta: una vittoria che in realtà è una sconfitta bruciante. È questo il verdetto delle elezioni anticipate in Gran Bretagna, indette dalla premier conservatrice con l'obiettivo di accrescere il vantaggio del partito Tory in Parlamento e avere maggiore libertà di movimento nei negoziati con l'Unione europea. Una scommessa che la leader conservatrice ha perso, non riuscendo a superare, ma neanche ad eguagliare, il risultato della precedente consultazione. In queste elezioni il partito conservatore avrebbe perso 12 seggi rispetto ai 330 su cui poteva contare in precedenza, mentre i Labour ne guadagnerebbero 29
THERESA MAY è prima, ma non ha la maggioranza assoluta: una vittoria che in realtà è una sconfitta bruciante. È questo il verdetto delle elezioni anticipate in Gran Bretagna, indette dalla premier conservatrice con l'obiettivo di accrescere il vantaggio del partito Tory in Parlamento e avere maggiore libertà di movimento nei negoziati con l'Unione europea. Una scommessa che la leader conservatrice ha perso, non riuscendo a superare, ma neanche ad eguagliare, il risultato della precedente consultazione. In queste elezioni il partito conservatore avrebbe perso 12 seggi rispetto ai 330 su cui poteva contare in precedenza, mentre i Labour ne guadagnerebbero 29
Sono stati gli exit poll e le proiezioni prima e i dati reali poi a far capire quasi subito che i sondaggi della vigilia avevano ragione e le cose, per la premier, non si mettevano bene. Al contrario di quanto accadeva per l'avversario laburista Corbin, che ha guadagnato terreno.
Alla fine il partito del primo ministro ottiene un risultato ben lontano dai 326 seggi necessari per avere la maggioranza (la Camera dei Comuni conta 650 seggi). I conservatori saranno costretti a cercare un'alleanza, probabilmente con il partito unionista dell'Irlanda del Nord che - con i suoi 10 seggi - si è detto disposto a trattare per un governo di coalizione.
Theresa May, rieletta deputata con ampio margine nel suo collegio storico di Maidenhead, nella contea del Berkshire, a est di Londra, visibilmente delusa ha sottolineato che il Paese ha bisogno di stabilità e i Tory lavoreranno per garantirla. La leader Tory si è mantenuta prudente sul risultato e si è limitata a dire che il suo partito è accreditato al momento dalle previsioni "del maggior numero di seggi" e di voti. Con un tremito nella voce, ha poi insistito sulla necessità di attuare la Brexit e di difendere "l'interesse nazionale". "Il Partito conservatore - ha concluso - farà il suo dovere qualunque sia il risultato" finale delle elezioni
THERESA MAY CON IL MARITO PHILIP
Di diverso tenore il discorso di Jeremy Corbyn, anche lui trionfatore nel suo collegio ma soprattutto vincitore morale di queste elezioni: il leader Labour ha riportato il partito ai livelli del 2010, recuperando una trentina di seggi. "Abbiamo cambiato la politica, in meglio" è stato il suo primo commento. "Voglio mandare il mio grazie tutti coloro che hanno votato per il nostro programma e per la sua radicale visione di una Gran Bretagna più giusta", ha scritto. Poi, parlando mentre ancora si contavano le schede, il leader del partito Laburista ha sottolineato che le persone hanno votato per la speranza e per il futuro: "Basta austerity. Spazio a un governo che rappresenta tutti". Poi, rivolto all'avversaria, l'ha esortata a un passo indietro: "Theresa May ha perso sostegno, ha perso seggi e ha perso voti, io credo sia abbastanza perché se ne vada".
E le voci che invitano la pemier a "valutare la sua posizione", si moltiplicano con il passare delle ore. C'è già chi pensa a possibili successori: il Financial Times, ad esempio, elenca come candidati possibili Boris Johnson, Amber Rudd, David Davis, Michael Fallon.
Bbc: "Niente dimissioni". Sia la Bbc che l'emittente Itv escludono che May abbia intenzione di dimettersi in questo scenario di 'hung Parliament' (espressione che si può tradurre con Parlamento in bilico o Parlamento sospeso). Il partito conservatore avrebbe perso 12 seggi rispetto ai 330 su cui poteva contare in precedenza, mentre i Labour ne guadagnerebbero 29.
Governo difficile. Il risultato delle urne rende difficile formare un governo: il portavoce dei Liberal Democratici (che hanno ottenuto 13 seggi), Menzies Campbell, ha detto a caldo: "Mi sembra molto difficile che il nostro leader possa entrare a far parte di una coalizione". La presidente del partito Sal Brinton ha spiegato che i Libdem non intendono collaborare né col Labour né coi Tories perché entrambi sono in favore di una "hard Brexit". Quindi non è possibile una coalizione per le "grandi differenze politiche" fra i partiti.
Un'apertura arriva, invece, dal Dup, che, con i 10 seggi conquistati, uniti ai 318 che le proiezioni attribuiscono a Tory, potrebbero garantire a May la maggioranza, sebbene molto risicata. Ma prima della fine del conteggio delle schede, arrivano i primi paletti: uno dei leader del partito, Foster, ha precisato che "nessun vuole vedere una hard Brexit". E aggiunge: "Abbiamo sempre avuto difficoltà a lavorare con Jeremy Corbyn".
Labour: "Pronti a governo di minoranza". Il Labour è pronto a formare un governo" di minoranza. Lo ha detto John McDonnell, numero due del partito laburista e Cancelliere dello Scacchiere ombra, dopo il risultato della notte elettorale. Per McDonnell sarebbe una "coalizione del caos" un eventuale accordo di governo fra i conservatori della premier Theresa May e il Dup, partito unionista nordirlandese.
Labour verso primo incremento seggi. Con 32 seggi in più rispetto alla precedente consultazione, il Labour segna il primo incremento di posti in Parlamento dalla prima vittoria di Tony Blair nel 1997. Da allora il Labour ha continuato a perdere punti, anche quando alla guida c'era ancora Blair e uscì vincitore dalle elezioni nel 2001 e nel 2005. Soddisfatti i colleghi di Corbyn: il vice leader Tom Watson, rieletto con ampia maggioranza nel suo seggio londinese, ha dichiarato che il risultato "mina l'autorità di Theresa May", che la leader Tory è ora "un primo ministro lesionato e potrebbe non riprendersi più".
IL TWEET SPAVALDO DI THERESA MAY
Watson è stato duro pure con i media, in un successivo intervento alla Bbc, accusandoli di aver "demonizzato il leader del suo partito", riportandone in modo non corretto il messaggio, e di essere stati anche loro "sconfitti" dal voto.
Delusione Tory. Le aspettative dei conservatori, alla vigilia, erano basate su presupposti precisi: qualunque risultato inferiore alla maggioranza del Parlamento uscente, di 330 deputati, sarebbe stato negativo. Corbyn, invece, mirava ad ampliare l'esito incassato dal Labour nel 2015 sotto la guida del suo predecessore Ed Miliband, che era stato del 30,4%. "Dobbiamo aspettare i dati reali", ha commentato in modo non certo entusiasta il ministro della Difesa britannico Michael Fallon prima dei dati finali, sperando in un errore delle proiezioni.
Sia il partito conservatore che quello laburista sono entrambi dati al di là di quota 40% di consensi nazionali (circa 6 punti in più per i Tory, circa 10 per il Labour), con un rilancio del dominio bipartitico. Per Corbyn si tratta di un ritorno alle percentuali ottenute da Tony Blair nella sua seconda vittoria elettorale, nel 2001 (e nettamente meglio dello score riportato dallo stesso Blair nel 2005), mentre per Tory per trovare un risultato oltre il 40% bisogna risalire alla vittoria di John Major nel 1992 o, ancor prima, a Margaret Thatcher.
Indipendentisti scozzesi perdono quasi venti seggi. In calo piuttosto netto gli indipendentisti scozzesi dell'Snp di Nicola Sturgeon, indicati ancora come primo partito nella loro roccaforte del nord, ma con 35 seggi contro i 56 (su 59 totali della Scozia) di due anni fa. Alex Salmond, storico ex leader degli indipendentisti scozzesi dell'Snp, resta fuori dal parlamento di Westminster. Salmond, artefice e protagonista del referendum per la secessione della Scozia dalla Gran Bretagna perso di misura nel 2014, è stato sconfitto nel suo collegio di Gordon da un rivale unionista del Partito Conservatore. Commentando l'arretramento complessivo dell'Snp e l'avanzata del suo partito nella regione del nord, la leader Tory in Scozia, Ruth Davidson, ha detto da parte sua che l'idea di un secondo referendum per l'indipendenza "è morta".
Dove finiscono i voti Ukip. Merita un'analisi quanto avvenuto nel collegio di Basildon South and Thurrock East dove, due anni fa, Ukip aveva il 25% dei voti, 12mila, più del Labour. Oggi è crollato a tremila voti. I novemila che mancano, dove sono? In gran parte (7mila) ai conservatori, mentre il Labour conquista all'incirca gli altri duemila, più una quota dei voti LibDem. In ogni caso, il collegio era e resta in mano ai conservatori.
Sterlina in picchiata. Crollo brusco per la sterlina scatenato dai primi exit poll in Gran Bretagna. Sull'unico mercato aperto, quello delle valute, la sterlina è crollata del 2% a 1,28 sul dollaro e sotto all'1,14 sull'euro.
Affluenza al 68%. È cresciuta di due punti, rispetto al 2015, l'affluenza alle urne che si è attestata oltre il 68%.
Tre volte alle urne. Sono stati 46,9 milioni i cittadini britannici chiamati a esprimere la loro preferenza per la terza volta in tre anni: dopo il voto del 2015 e il referendum che ha decretato la Brexit nel 2016, i sudditi di sua maestà sono tornati alle urne in un clima di paura, dopo i recenti attacchi di Manchester e Londra.
2. THERESA NON E' MAGGIE
Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera
Theresa May ha perso la sua scommessa.
Aveva chiesto un' ampia maggioranza e un mandato pieno per trattare una Brexit dura, a spese dei lavoratori europei del suo Paese; non l' ha avuta. L' esito del referendum sulla Brexit non può cambiare; ma la politica britannica si è messa in moto.
Ci sono Paesi di antica democrazia, che conoscono l' alternanza, ma hanno comunque un partito fondativo: il perno attorno a cui gira il sistema, almeno fino a quando il sistema non entra in crisi. In Israele sono i laburisti; che però hanno perso centralità dai tempi dell' assassinio di Rabin e dal successivo fallimento di Barak. In Francia sono i neogollisti; che però dopo le presidenziali si preparano a perdere pure le legislative, da cui potrebbe venire per Macron un ampio mandato a governare. Il partito-sistema del Regno Unito, i conservatori, ieri ha tenuto, pur indebolendosi. Ma il suo leader ha commesso lo stesso drammatico errore di Chirac, quando nel 1997 dissolse l' Assemblea Nazionale e perse le elezioni.
La May ha mantenuto la maggioranza; solo quella relativa, indicano però gli exit-poll. Il suo predecessore David Cameron si era giocato tutto con lo sciagurato azzardo del referendum sull' Europa; lei ha sciolto il Parlamento con tre anni di anticipo, rischiando in modo scriteriato di consegnarlo a una versione del partito laburista radicalizzata e incompatibile con i tempi. La rimonta di Corbyn si è interrotta, ma questo probabilmente non basterà a salvare la poltrona della May. Quando si conosceranno i reali rapporti di forza, si capirà se si dovranno costruire difficili alleanze, o se si tornerà presto alle urne.
THERESA MAY ANNUNCIA ELEZIONI ANTICIPATE
Di sicuro, la May non è la Thatcher; e lo si è visto. Tiepida avversaria della Brexit, si è trasformata al governo nella sua più accanita sostenitrice. Anche il giro di vite contro il terrorismo è suonato come una grida manzoniana - severa ma impotente - più che come una svolta, se invocata dalla donna che è stata per sei anni ministro degli Interni. In campagna elettorale è stata un mezzo disastro: freddina, querula, apodittica nei suoi slogan: «Brexit is Brexit», «enough is enough». Molti inglesi ne avevano davvero abbastanza di lei e di sette anni di governo conservatore; e forse avrebbero anche votato per l' alternativa laburista, se fosse stata credibile. Ma non lo era, almeno per i moderati e i centristi.
Jeremy Corbyn si è battuto meglio del previsto. Ha recuperato rispetto ai sondaggi iniziali. Forse non merita di essere etichettato come uno dei tanti populisti nemici della modernità, della scienza, del libero mercato.
Però il suo sogno del ritorno al Labour delle origini, cancellando il decennio blairiano, è apparso impossibile, anche perché troppo costoso per i contribuenti. Le sue istanze di riforma sociale hanno convinto i giovani, gli esclusi, ampie quote dell' elettorato metropolitano. La sua sostanziale ambiguità sulla Brexit gli ha consentito di pescare voti sia tra gli europeisti, sia tra gli euroscettici. Ma alla fine la risalita non è stata sufficiente.
theresa may firma la richiesta secondo l articolo 50
Come spesso accade, le elezioni anticipate non hanno sciolto i nodi. Il terrorismo: gli attacchi mettono in discussione il modello multiculturale, difeso dal sindaco musulmano di Londra, Sadiq Khan, che è apparso a volte il vero capo dell' opposizione, in polemica pure con Trump (che tifava May).
L' economia, che si è ripresa prima rispetto al continente, ma a prezzo di disuguaglianze crescenti. L' indipendentismo scozzese. E ovviamente la Brexit. Ormai l' Europa si è rassegnata a perdere Londra: un negoziato bizantino che seminasse incertezze non conviene a nessuno. Meglio separarsi in modo da minimizzare i danni sia per i lavoratori e gli studenti emigrati, sia per il libero commercio e i mercati finanziari. Il voto inglese e francese di questi giorni, unito a quello tedesco di settembre, può imprimere un cambio di passo alla costruzione europea: senza il Regno Unito, da anni preoccupato di frenare se non di boicottare, Parigi e Berlino non hanno più scuse, e possono procedere. Intanto a Roma si calcola ogni giorno al rialzo il prezzo che l' instabilità comporta per i tassi e per la gracile ripresa.
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Nicola Sturgeon e Theresa May
MAY MERKEL THATCHER