luigi di maio stadio steward san paolo bibitaro bibbitaro

DI MAIO VUOLE ELIMINARE IL LAVORO DI DOMENICA? E FILIPPO FACCI LO INFILZA: “LA LIBERTÀ DI APRIRE I NEGOZI NEI GIORNI FESTIVI ORA VIENE RIMESSA IN DISCUSSIONE DA UN MINISTRO DEL LAVORO NOTO PER AVER LAVORATO PROPRIO E SOLO LA DOMENICA COME BIBITARO ALLO STADIO DI SAN PAOLO, A NAPOLI - QUELLO CHE FORSE NON È CHIARO, È CHE NEI FINE SETTIMANA NEGOZI E SUPERMERCATI FANNO QUASI IL 50 PER CENTO DEI RICAVI…”

Filippo Facci per “Libero Quotidiano”

 

FILIPPO FACCI

Poi Di Maio non deve stupirsi se Salvini ha più successo di lui, se Salvini, cioè, sembra più consonante tra ciò che prometteva e ciò che sta facendo o dicendo. Sì, perché Luigi Di Maio, vicepresidente del Consiglio ma soprattutto ministro del Lavoro, di primo acchito il lavoro vorrebbe letteralmente eliminarlo, o meglio calmierarlo come se fosse un ministro della Cgil: ieri, infatti, ha annunciato che vuole aprire «aprire un tavolo» (e già qui...) per «rivedere il decreto Monti e modificare la liberalizzazione del lavoro domenicale». Modificare, cioè deliberalizzare.

 

di maio

Cioè tenere i negozi chiusi nei giorni di festa, come aveva scritto anche sei mesi fa sul blog di Grillo: «Il Senato deve approvare la proposta di legge che dice una cosa molto semplice: tutte le famiglie hanno diritto al riposo. Anche quelle che posseggono o gestiscono esercizi commerciali». Anche quelle che volessero lavorare, aggiungiamo noi.

 

«Così lavoriamo troppo» era stata infatti la lagnanza di alcune categorie associate come Federmoda, forse non quella che soffriva maggiormente la crisi. In ogni caso, nel 2012, il provvedimento "Cresci Italia" voluto da Mario Monti liberalizzò del tutto gli orari degli esercizi pubblici e fu salutato con soddisfazione da milioni di cittadini ma anche da Federdistribuzione (la grande distribuzione, in pratica) e fu osteggiata soprattutto da chi? Dalla Cgil, anche se alla fine si risolse con qualche sciopero.

luigi di maio confcommercio

 

IL PARADOSSO

La libertà di aprire i negozi nei giorni festivi, insomma, sembrava un dato acquisito, ma ora viene rimesso in discussione da un ministro del Lavoro - la battuta è inevitabile - noto per aver lavorato proprio e solo la domenica come bibitaro allo stadio di San Paolo, a Napoli. Col rischio, ulteriore, che nella gara a chi la spara più grossa il ministero del Lavoro sia individuato dall' elettorato come il nuovo baluardo sindacale - la nuova Cgil - anziché il contrario, anziché essere, cioè, un promotore del lavoro e della sua flessibilità in tutte le sue varianti possibili.

 

Mario Resca

Gli esiti di un passo indietro del genere erano già stati analizzati quando Di Maio lo paventò una prima volta, nel periodo natalizio. Mario Resca, ex numero uno di McDonald' s e poi presidente di Confimprese (300 marchi commerciali, 30mila punti vendita) parlò di 12 ipotetiche chiusure festive e quantificò i mancati incassi per mancate vendite in almeno 100 miliardi annui.

 

Una cifra irrecuperabile anche per via di un concorrente che un tempo non c'era: il commercio elettronico, insomma internet, operativo 24 ore al giorno per 7 giorni la settimana. Quello che forse non è chiaro, a Di Maio e ai Di Maio, è che nei fine settimana negozi e supermercati fanno quasi il 50 per cento dei ricavi.

 

Senza contare che molti esercizi più piccoli sarebbero proprio costretti a chiudere, perché a salvarli è proprio quell' apertura festiva che permette di ammortizzare costi di gestione come il personale e gli affitti. Insomma, per anni avevamo visto e letto centomila servizi su una crisi dei consumi che colpiva indistintamente le grandi catene e le insegne storiche radicate nel territorio, con l' aggravante del commercio elettronico che non chiude mai: è un fatto che l' apertura sette giorni su sette ha limitato i danni, e a Mario Monti gliene va dato atto. Ma ora è arrivato Luigi Di Maio.

luigi di maio 1

 

OCCHIO AI PICCHETTI

Con lui - non auspichiamo - potrebbero riprendere forza i picchetti fuori dagli outlet, risollevarsi i falliti scioperi indetti nella grande distribuzione nel 2015 e nel 2016 (chiuse solo il 6 per cento dei punti vendita) con consumi e occupazioni capaci di crollare anche del 20 per cento in un solo anno. Col tasso di disoccupazione soprattutto giovanile più alto d' Europa. E con una lenta e difficile risalita delle mete turistiche preferite dagli stranieri, certo non ansiosi di ritrovarsi il deserto domenicale.

 

negozi aperti domenica

Troppe cose son cambiate in pochi anni: dalle vacanze sempre più brevi di chi resta in città, al centro commerciale vissuto come "agora" domenicale agli orari di lavoro sempre più flessibili con facoltà di trovare negozi aperti una volta usciti dall' ufficio. Troppe cose son cambiate in pochi anni, ma ora Luigi Di Maio dice che se ne vuole occupare. Durante la campagna elettorale disse: «Le liberalizzazioni ci hanno reso più poveri e hanno sfaldato le famiglie».

Le famiglie non sappiamo, ma il resto è materialmente falso.

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…