IL MANCATO INGRESSO DI ORBAN IN ECR VA BENE A TUTTI – GIORGIA MELONI NON SUBIRÀ L’ESODO DELLE ALTRE DELEGAZIONI (POLACCHI DEL PIS IN TESTA) E POTRÀ ANDARE AL TAVOLO DELLE TRATTATIVE DA “MODERATA”, RITAGLIANDOSI IL RUOLO DI “CERNIERA” TRA PPE E DESTRE. IL “VIKTATOR” POTRÀ CONTINUARE A STREPITARE CONTRO L’UE E FARE IL CAPETTO DEI SOVRANISTI DELL’EST EUROPA, IN UN NUOVO GRUPPO CON SLOVACCHI, SLOVENI, CECHI E BULGARI – IL SIPARIETTO CON LA TRADUTTRICE: “AO’, È SALTATA LA CORRENTE”
1. IN DISACCORDO SU TUTTO. DA KIEV A BRUXELLES: È GELO TRA MELONI E ORBAN
Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
[…] Giorgia Meloni [e] […] Viktor Orbán prendono atto dell’impossibilità di un matrimonio tra Fidesz e i Conservatori europei («non possiamo fare parte di una famiglia politica dove c’è un partito rumeno che è anti-ungherese», ammette Orban, drastico). I magiari resteranno fuori dalla porta di Ecr, infastiditi dalla gestione degli ingressi da parte di Meloni. E la premier rinuncerà a undici eurodeputati ungheresi, spiegandone brutalmente la ragione al diretto interessato: «Se aderite voi, se ne vanno almeno altre sei delegazioni, ce l’hanno già fatto sapere». Soprattutto perché in queste ore anche il Pis polacco rischia di abbandonare i conservatori, sottraendo in un colpo solo venti seggi a Ecr. […]
viktor orban e giorgia meloni 6
2. MELONI E L’AMICO ORBAN, SEPARATI NELL’UNIONE
Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo e Francesco Olivo per “La Stampa”
[…] E Meloni deve tenerne conto. La strategia della leader italiana, di sponda con Orban, prevede che alla fine l’ungherese, teorico della democrazia illiberale, resterà fuori da Ecr. Chiarisce lui come e perché: «Ci impegniamo al rafforzamento della collaborazione della destra europea senza far parte della stessa fazione».
«Oggi (ieri, ndr) – continua Orban – non abbiamo parlato di questioni di partito, che abbiamo chiuso lunedì scorso a Bruxelles. In quell’occasione ho reso chiaro che seguiamo una politica di interessi nazionali, e per questo non possiamo far parte di una famiglia politica in cui c’è un partito romeno antiungherese», spiega riferendosi all’Alleanza per l’unione dei romeni (Aur) e all’ingresso dei suoi eurodeputati nel gruppo dei Conservatori e riformisti europei, di cui Meloni è presidente.
Come funzionerà il coordinamento di questo arcipelago delle destre sarà compito della premier italiana. Sarà lei a dover soddisfare le ambizioni dell’alleato: innanzitutto per garantirgli di non restare il paria che è stato in questi ultimi anni. È quello che gli ha ribadito ancora ieri: che farà di tutto per non farlo emarginare, mantenendo un ruolo di cerniera tra la maggioranza e le destre nazionaliste e conservatrici. […]
3. ORBÁN SHOW: "NO A ECR, NO A QUESTA COMMISSIONE". E MELONI TRATTIENE IL FIATO
Estratto dell’articolo di Simone Canettieri per “il Foglio”
Primo presagio: il bilaterale è terminato, ma c’è un problema con la traduttrice ungherese. “Ao’, è saltata la corrente di sotto”. Lo staff di Palazzo Chigi elettrico, piccola tensione nella sala dei Galeoni dove tutti attendono Giorgia Meloni e soprattutto Viktor Orbán per le consuete dichiarazioni protocollari.
E’ un segno del destino perché poi quando il primo ministro di Budapest parlerà non si terrà un cecio in bocca. Poco diplomatico, molto orbaniano: sulla collocazione del suo partito fuori da Ecr, ma anche sulla posizione dell’Ungheria riguardo la partita dei top jobs. Un piccolo show, per la grammatica protocollare. Quando lo zio Viktor termina di parlare, Meloni sembra tirare un sospiro di sollievo.
MAKE EUROPE GREAT AGAIN - LO SLOGAN DI VIKTOR ORBAN PER IL SEMESTRE DI PRESIDENZA UNGHERESE DELL UE
[…] La premier, si sa, si è presa la briga di essere una sorta di elastico fra la democrazia illiberale ungherese e il resto d’Europa. In mezzo a loro c’è la guerra in Ucraina e il rapporto con la Russia di Putin.
[…] A nessuno sfugge il veto che, con costanza, Budapest pone quando ci sono in ballo nuove sanzioni a Mosca. C’è da immaginare che Meloni si sia rifatta sotto, cercando una mediazione, che sia anche all’insegna “della politica della sedia vuota”. Come accaduto in passato. Il primo ministro ungherese nel dubbio non ne parla, mentre Meloni concorda con lui su quanto sia centrale il tema natalità nel vecchio continente, motivo per il quale partecipò anche a un forum a Budapest nei mesi scorsi.
E comunque Orbán, che andava d’amore e d’accordo ai tempi del Ppe con Silvio Berlusconi e che ha conservato anche un rapporto con Matteo Salvini, dimostra feeling pure con la leader di Fratelli d’Italia. Solo che quando parla rompe il muro della noia, per la gioia delle coronarie della comunicazione del governo. “Vi dico di cosa non abbiamo parlato”, esordisce. Silenzio, la premier lo fissa.
“Non abbiamo parlato del mio ingresso in Ecr, perché l’argomento è stato già chiuso lunedì a Bruxelles: non possiamo fare parte di una famiglia politica dove c’è un partito rumeno che è anti ungherese. Ma ci impegniamo a rafforzare i partiti di destra europei anche se non siamo nello stesso gruppo”. Poi ecco la stoccata sulla commissione: “Non è più neutrale, come una volta, non è più guardiana dei trattati”. Ecco perché annuncia che l’Ungheria non potrà appoggiare il patto sui top jobs. Meloni annuisce, sperando che tutto finisca il prima possibile. La realpolitik di Palazzo Chigi impone che si dica di sì stasera e che intanto, in cambio del bis a Ursula, si contratti per una buona posizione da commissario. A proposito, dov’è finito Fitto?