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SINISTRATI: MATTEO S’ATTACCA AD ORFINI – E’ L’ULTIMO RENZIANO E RAPPRESENTERA’ IL DUCETTO ALLE CONSULTAZIONI DEL PD AL QUIRINALE – GLI OPPOSITORI DEL CAZZARO VOGLIONO COMMISSARIARE IL “REGGENTE” MARTINA – LA MINORANZA: “NO A LEADER UNICO” - AL DI LA' DELLE DIMISSIONI, RENZI CONTROLLA GRAN PARTE DEI DELEGATI IN DIREZIONE COME IN ASSEMBLEA

 

Francesca Schianchi per la Stampa

 

gentiloni renzi orfini

Il dopo-Renzi nel Pd si apre ufficialmente oggi alle 15. Quando cioè la Direzione del partito ratificherà le dimissioni del segretario che, garantisce il presidente Matteo Orfini, gli sono già arrivate via lettera. Si apre un percorso che porterà all' Assemblea nazionale ai primi di aprile e, da lì, una divaricazione possibile - primarie subito o segretario a tempo eletto dai mille dell' Assemblea - su cui si scontreranno le anime del partito.

 

E uno scontro potrebbe avvenire già oggi, sulla reggenza: mentre i renziani vogliono assegnare tutti i poteri al vicesegretario Martina, la minoranza di Orlando e Cuperlo chiede che venga affiancato da un organismo collegiale composto dalle varie anime del partito. Lo hanno già fatto presente al diretto interessato nei giorni scorsi, che ha dato garanzie: stamane, però, il ministro della Giustizia rinnoverà la richiesta nel suo intervento dal palco.

 

IL PESO DI RENZI

biliardino renzi lotti orfini nobili

«La relazione la farà Martina. Renzi si è dimesso ed evidentemente non andrà alle consultazioni al Quirinale», annuncia Orfini dagli schermi di Raitre. Secondo le minoranze, il presidente del partito rappresenta l' ultimo capocorrente di maggioranza rimasto fedele all' ex segretario: per questo quando, in un primo momento, si è parlato di conferire a lui la reggenza, hanno posto il veto.

 

Ma, in virtù del suo ruolo, sarà comunque parte della delegazione chiamata al Quirinale, insieme a Martina e ai due capigruppo da eleggere tra una decina di giorni, su cui si aprirà la prossima battaglia. Per questo gli orlandiani vogliono la garanzia di un direttorio plurale che tuteli le loro posizioni.

ORFINI E RENZI GIOCANO ALLA PLAYSTATION

 

Renzi è fisicamente lontano, certo, ritirato a Firenze, ma presentissimo negli organi del partito. Indipendentemente dal fatto di esserci oggi - ancora in forse la sua presenza - suoi sono gran parte dei delegati, in Direzione come in Assemblea. Come nei nuovi gruppi parlamentari: gli orlandiani sono riusciti a eleggere appena 11 persone tra Camera e Senato.

 

Vero è che i numeri non sono immutabili, e il terremoto delle ultime elezioni ha riposizionato vari leader della maggioranza - Franceschini, Minniti, Gentiloni; anche Delrio è dato in costante allontanamento - ma l' ex premier ha ancora un peso. Motivo per cui i suoi sponsorizzano la soluzione di un segretario eletto in Assemblea fra un mese («convocare le primarie fra tre mesi non è la soluzione migliore», dice Orfini), e quelli di Orlando chiariscono: «Non ci propongano, come hanno provato a fare, un leader eletto in Assemblea che resta in carica fino al 2021. Primarie in autunno».

 

NO AI CINQUE STELLE

carlo calenda tessera pd con maurizio martina

Oltre al fronte interno, la relazione di Martina dovrà rivolgersi all' esterno, mettendo agli atti la posizione dei dem riguardo un eventuale governo. Il tentativo di «obbligare» il Pd a sostenere un esecutivo M5S è, secondo Orfini, «una sorta di stalking»: se lo facessero «sarebbe la fine del Pd». Un no al corteggiamento a Cinque stelle che Martina pronuncerà facendosi portavoce di tutto il partito tranne una corrente: quella di Emiliano.

 

Secondo lui sarebbe opportuno «sostenere dall' esterno un governo M5S», magari consultando la base attraverso un referendum. Per ora, la mano tesa ai grillini non è all' orizzonte: dopodiché, ripetono tutti sibillini, quello che sarà maturato fra due o tre mesi, nessuno lo sa. Nel frattempo, la partita del dopo Renzi e quella del Pd in Parlamento, tendono inevitabilmente a incrociarsi.

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