toni negri

“MERKEL, FATTI AVANTI” - IL “CATTIVO MAESTRO” TONI NEGRI INVOCA LA TROIKA: “SPERO CHE L'UE PRENDA LE REDINI DELL'ITALIA DOPO IL 4 MARZO” - E DIRE CHE PROPRIO IL “SISTEMA DI PARTITI”, CHE A NEGRI “FA SCHIFO”, LO SALVÒ DAL CARCERE…

Alessandro Rico per la Verità

TONI NEGRI

 

Indro Montanelli coniò, per lui, la definizione più calzante: «cattivo maestro». Perché Toni Negri, nel 1967, divenne il più giovane professore ordinario d' Italia; ma di quella cattedra di filosofia politica all' Università di Padova fece, contemporaneamente, un trampolino di lancio per la propria carriera (una assistente ebbe a definirlo «un vero barone universitario») e uno strumento di lotta politica. Anzi, secondo Romano Alquati, storico esponente del pensiero operaista, Negri voleva fare dell' Istituto di dottrina dello Stato padovano «una base per proiettarsi altrove».

 

Con la costituzione dei gruppi extraparlamentari Potere operaio e Autonomia operaia, negli anni di piombo, quel «cattivo maestro» divenne un predicatore d' odio.

 

Fu infine condannato in via definitiva a 12 anni di reclusione per associazione sovversiva e per concorso morale in una fallita rapina in banca, in cui fu assassinato un carabiniere. Il processo che, insieme ad altre ottanta persone, lo vide imputato, fu contestato da Amnesty international, perché celebrato in deroga ad alcune garanzie giuridiche, come disposto dalle leggi speciali antiterrorismo, caldeggiate dall' allora ministro degli Interni Francesco Cossiga (che, peraltro, in gioventù aveva frequentato, come Negri, l' Azione Cattolica).

galera ed esilio toni negri

 

Oggi, uno dei principali protagonisti del Sessantotto italiano compie il passo definitivo verso il conformismo ideologico. E dalle colonne di Vanity Fair, il professionista delle occupazioni si riduce a invocare un' altra occupazione: quella tedesca. «Mi auspico che Bruxelles prenda le redini dell' Italia dopo il 4 marzo», ha pontificato Negri sulle pagine della rivista, simbolo del consumismo e della borghesia progressista, da lui sempre avversate. «Per me la burocrazia europea è il grande nemico, però è meglio avere qualcosa, che il nulla più completo. Angela Merkel, fatti avanti».

 

E dire che proprio il «sistema di partiti» che a Negri «fa schifo», lo salvò dal carcere: fu grazie alla candidatura con i Radicali che, nel 1983, eletto deputato, il «cattivo maestro» poté lasciare Regina Coeli con l' immunità parlamentare. L' intesa con Marco Pannella durò poco: poco tempo dopo, infatti, la Camera concesse l' autorizzazione a procedere contro Negri e l' astensione di 10 parlamentari radicali fu decisiva. Perciò, in Galera ed esilio, il secondo volume della sua corposa autobiografia (quale narciso, per scrivere due libri su di sé, ovvero circa 800 pagine),

 

a Pannella egli dedica un giudizio tutt' altro che lusinghiero, definendolo un uomo che manifestava «un culto dell' istituzione condito da un ottocentesco moralismo d' accatto», un «giacobino individualista,  perfetto esemplare dell' italica incultura laica e burocratica, un misto di letture non fatte e di risentimento per chi le ha fatte». Stessa acredine che Negri riserva a un altro santone dei radical chic, il compianto Enzo Biagi, che come Pannella aveva sempre «un lamentoso ricordo della famiglia, scampoli di memoria personale, commozione, come quei bravi padroni che quando sfruttano, lo fanno per i propri figli».

TONI NEGRI

 

 

La svolta eurocratica di Negri, però, era forse già intuibile quale logica evoluzione del suo pensiero. Dopo la fuga in Francia, dove beneficiò della dottrina Mitterand (che negava l' estradizione agli esuli italiani condannati per «atti di natura violenta ma d' ispirazione politica», ossia ai terroristi rossi), il «cattivo maestro» tornò in Italia nel 1997, finì di scontare la pena, per buona parte in libertà vigilata e alla fine si riaccreditò come teorico dei movimenti no global.

 

E in uno dei manifesti ideologici di questa frangia di disobbedienti, il saggio Impero, Negri delineò la crisi dello Stato nazionale, interpretando l' età contemporanea, sotto l' influenza di Carl Schmitt e del post strutturalismo francese, come una condizione di guerra permanente in cui le parti belligeranti non sono più le nazioni, bensì gruppi sovranazionali, dal grande capitale, al Fondo monetario internazionale, ad alcune Ong (tipo Amnesty, che lo aveva sostenuto ai tempi del processo), entità per le quali il «nemico» non è lo straniero, ma il «fuorilegge», il terrorista, colui che non riconosce l' esistente geografia delle relazioni di potere.

 

TONI NEGRI PANNELLA

Pazienza, poi, se alla «moltitudine» globalizzata, il popolo che egli riteneva capace di invertire il nuovo imperialismo nel nome della democrazia partecipata, e agli Stati nazionali, dei quali Negri aveva cantato il de profundis, si è sostituito un super Stato a trazione burocratica come l' Unione europea. Cattivo maestro fino alla fine, per Negri è sempre meglio la Troika che la sovranità e l' autonomia del popolo italiano; è sempre meglio tessere le lodi del potente nume straniero, che mostrare un po' di gratitudine all' establishment di intellettuali e politici nostrani i quali, in fondo, lo hanno protetto, se non apertamente esaltato.

 

Evidentemente, essendosi esaurita la spinta propulsiva dei no global, Negri ha bisogno di un nuovo idolo su cui versare fiumi d' inchiostro.

Tanto, a promuovere le sue fatiche letterarie è bravo come qualunque capitalista che smerci i propri prodotti sul mercato. Non è un caso che siano già numerosi i media di quell' Italia che egli spera di vedere commissariata da Bruxelles, ad aver segnalato l' uscita della sua autobiografia (non casualmente concomitante con i quarant' anni dal Sessantotto): Il Manifesto, Il Fatto Quotidiano, Huffington Post, Corriere della Sera, Repubblica, l' Ansa e, appunto, Vanity Fair. Per un comunista, non c' è male come strategia di marketing.

toni 190x130toni negri gestoni negri

 

TONI NEGRI negri toni

Ultimi Dagoreport

fazzolari meloni giorgetti salvini poteri forti economia

DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE DAI LORO INVESTIMENTI MILIARDARI IN ITALIA - I VARI BLACKSTONE, KKR, MACQUARIE, BLACKROCK, CHE ALL’INIZIO AVEVANO INVESTITO IN AZIENDE DI STATO, BANCHE, ASSICURAZIONI, RITENENDO IL GOVERNO DUCIONI STABILE E AFFIDABILE, DOPO APPENA DUE ANNI SI SONO ACCORTI DI AVER BUSCATO UNA SOLENNE FREGATURA - DAL DECRETO CAPITALI AD AUTOSTRADE, DALLA RETE UNICA ALLE BANCHE, E’ IN ATTO UN BRACCIO DI FERRO CON NOTEVOLI TENSIONI TRA I “POTERI FORTI” DELLA FINANZA MONDIALE E QUEL GRUPPO DI SCAPPATI DI CASA CHE FA IL BELLO E IL CATTIVO TEMPO A PALAZZO CHIGI, IGNORANDO I TAPINI DEL MANGANELLO, COSA ASPETTA LORO NELL’ANNO DI GRAZIA 2025...

donald trump elon musk

DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO ALLA CASA BIANCA DI TRUMP VENGA CONDIZIONATO DAL KETAMINICO ELON MUSK, CHE ORMAI SPARA UNA MINCHIATA AL GIORNO - GLI OPERATORI DI BORSA VOGLIONO FARE AFFARI, GLI AD PENSANO A STARE INCOLLATI ALLA POLTRONA DISTRIBUENDO PINGUI DIVIDENDI, NESSUNO DI ESSI CONDIVIDE L’INSTABILITÀ CHE QUEL “TESLA DI MINCHIA” CREA A OGNI PIÉ SOSPINTO - DAGLI ATTACCHI ALLA COMMISSIONE EUROPEA AL SOSTEGNO AI NAZISTELLI DI AFD FINO ALL’ATTACCO ALLA FED E AL TENTATIVO DI FAR ZOMPARE IL GOVERNO BRITANNICO, TUTTE LE SPARATE DEL MUSK-ALZONE…

matteo salvini giorgia meloni piantedosi renzi open arms roberto vannacci

DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL MARTIRE DELLE TOGHE ROSSE E LO HA COSTRETTO A CAMBIARE LA STRATEGIA ANTI-DUCETTA: ORA PUNTA A TORNARE AL VIMINALE, TRAMPOLINO CHE GLI PERMISE DI PORTARE LA LEGA AL 30% - E "IO SO' GIORGIA E TU NON SEI UN CAZZO" NON CI PENSA PROPRIO: CONFERMA PIANTEDOSI E NON VUOLE LASCIARE AL LEGHISTA LA GESTIONE DEL DOSSIER IMMIGRAZIONE (FORMALMENTE IN MANO A MANTOVANO MA SU CUI METTE LE MANINE MINNITI), SU CUI HA PUNTATO TUTTE LE SUE SMORFIE CON I “LAGER” IN ALBANIA - I FAN DI VANNACCI NON ESULTANO PER SALVINI ASSOLTO: VOGLIONO IL GENERALE AL COMANDO DI UN PARTITO DE’ DESTRA, STILE AFD - I DUE MATTEO...

giorgia meloni - matteo salvini - open arms

DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI GRIDERA' ANCORA ALLE “TOGHE ROSSE” E ALLA MAGISTRATURA “NEMICA DELLA PATRIA”? -L’ASSOLUZIONE È DI SICURO IL PIÙ GRANDE REGALO DI NATALE CHE POTEVA RICEVERE GIORGIA MELONI PERCHÉ TAGLIA LE UNGHIE A QUELLA SETE DI “MARTIRIO” DI SALVINI CHE METTEVA A RISCHIO IL GOVERNO – UNA VOLTA “ASSOLTO”, ORA IL LEADER DEL CARROCCIO HA DAVANTI A SÉ SOLO GLI SCAZZI E I MALUMORI, DA ZAIA A FONTANA FINO A ROMEO, DI UNA LEGA RIDOTTA AI MINIMI TERMINI, SALVATA DAL 3% DI VANNACCI, DIVENTATA SEMPRE PIÙ IRRILEVANTE, TERZA GAMBA NELLA COALIZIONE DI GOVERNO, SUPERATA PURE DA FORZA ITALIA. E LA DUCETTA GODE!

roberto gualtieri alessandro onorato nicola zingaretti elly schlein silvia costa laura boldrini tony effe roma concertone

DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI MEGALOMANI CHE È DIVENTATO IL PD DI ELLY SCHLEIN: UN GRUPPO DI RADICAL-CHIC E BEGHINE DEL CAZZO PRIVI DELLA CAPACITÀ POLITICA DI AGGREGARE I TANTI TONYEFFE DELLE DISGRAZIATE BORGATE ROMANE, CHE NON HANNO IN TASCA DECINE DI EURO DA SPENDERE IN VEGLIONI E COTILLONS E NON SANNO DOVE SBATTERE LA TESTA A CAPODANNO - DOTATA DI TRE PASSAPORTI E DI UNA FIDANZATA, MA PRIVA COM’È DI QUEL CARISMA CHE TRASFORMA UN POLITICO IN UN LEADER, ELLY NON HA IL CORAGGIO DI APRIRE LA BOCCUCCIA SULLA TEMPESTA CHE STA TRAVOLGENDO NON SOLO IL CAMPIDOGLIO DELL’INETTO GUALTIERI MA LO STESSO CORPACCIONE DEL PD -  EPPURE ELLY È LA STESSA PERSONA CHE SCULETTAVA FELICE AL GAY PRIDE DI MILANO SUL RITMO DI “SESSO E SAMBA” DI TONY EFFE. MELONI E FAZZOLARI RINGRAZIANO… - VIDEO