IL RICATTO DI MONTI – ORMAI SE NE FREGA DELLA DEMOCRAZIA: IN KUWAIT “NON GARANTISCE” PER IL FUTURO DELL’ITALIA. ERGO: ATTENTI A FARMI FUORI DA PALAZZO CHIGI E FARETE LA FINE DELLA GRECIA - L’INGRESSO DEL PREMIER ACCELERATO DALLA CONVENTION DEI CHIRICHETTI SMONTEZEMOLATI: AI PRIMI DI GENNAIO IL SUO NOME POTREBBE APPARIRE SULLA LISTA DEI CENTRISTI: “MONTI PER L’ITALIA” (POI CONTIAMO I VOTI)…
1 - MONTI, GOVERNI CHE VERRANNO FARANNO ANCHE MEGLIO
(ANSA) - "Qualsiasi cosa accadrà nella politica italiana penso che si tratterà di governi responsabili che faranno ancora meglio per far progredire l'economia italiana". Mario Monti torna così dal Qatar sulle sue parole di ieri: "Anche dopo il voto sono certo che governi i che verranno opereranno per il risanamento e le riforme".
2 - MONTI, APRIRE A CAPITALI ESTERI NON E' SVENDERE
(ANSA) "Chi pensasse che le operazioni di acquisizione estere in Italia siano modi per svendere farebbe un grandissimo errore". E' quanto ha detto il premier Mario Monti a Doha, spiegando che invece si tratta di opportunità "per attrarre investimenti stabili di lungo termine. E siamo lieti - ha proseguito Monti dopo gli incontri in Qatar che hanno registrato anche accordi - che l'Italia stia riuscendo ad attrarre questo tipo di investimenti".
3 - PREMIER QATAR, DA MONTI GRANDI RIFORME, INVITO A INVESTIRE
(ANSA) - L'Italia "alla luce delle grandi riforme del governo del premier Mario Monti, riforme che meritano apprezzamento", è un Paese dove investire. Lo ha detto il primo ministro del Qatar, Sheikh Hamad bin Jassim al-Thani. "Le riforme messe in campo invitano l'investitore a cogliere le opportunità dell'Italia e della sua economia" ha aggiunto parlando di "ottime relazioni" e di un rapporto da sviluppare ulteriormente.
4 - MONTI "NON GARANTISCO PER IL FUTURO"
Ugo Magri per "La Stampa"
Monti è più cauto di qualche mese fa, quando lui girava il mondo a spiegare che, chiunque avesse vinto le elezioni, l'Italia avrebbe continuato lungo la retta via... «Non posso garantire per il futuro», ha invece tagliato corto ieri dal Kuwait, «sarei già contento se potessi migliorare il presente, come credo stiamo facendo con lo sforzo di tutti». Il premier risponde del proprio operato, figurarsi se mette la mano sul fuoco per conto di chi verrà dopo.
Si limita a formulare un auspicio, «chiunque governerà dovrà avere come obiettivo non solo quello di garantire le imprese italiane, ma anche di continuare la trasformazione della società in termini di crescita, giustizia, lotta alla corruzione e all'evasione». Questa è stata la sua «agenda», ma non è detto che coincida con il programma di Bersani e di Vendola, lanciatissimi verso la vittoria. Anzi, la sinistra sembra intenzionata a imprimere una svolta netta, per Monti immaginano un ruolo istituzionale, in patria o all'estero, purché non a Palazzo Chigi, e non come timoniere delle riforme. Se così è, allarga idealmente le braccia il Prof, ciascuno scelga il proprio destino.
Il destino di Monti sembra saldarsi sempre più con l'iniziativa di Montezemolo e dei 6 mila che si sono adunati sabato a Roma per invocare un governo di ricostruzione. Vorrebbero rappresentare il nucleo di un grande «rassemblement» (anche se il ministro Riccardi esclude che voglia essere «la nuova Dc»), e decisivo sarà l'apporto del premier, se davvero tra qualche settimana permetterà l'uso del nome: il suo personale prestigio farebbe da cemento tra anime e mondi che oggi si guardano con diffidenza.
C'è chi dà per scontato un abbraccio, politico si capisce, tra Casini e il presidente della Ferrari. Eppure ieri colpiva il leader Udc, cauto nel giudicare la manifestazione agli «Studios» di via Tiburtina: «Penso che sia sempre positiva la concorrenza», ha detto Casini insieme a elogi di circostanza. Per ora Montezemolo è un competitor; se poi diventerà anche alleato, lo scopriremo... Nell'Udc qualcuno ricorda che molto ingeneroso era stato il giudizio di Italia Futura nei confronti dei centristi, presentati come rottami della vecchia politica proprio mentre provavano a ripartire da Chianciano. Rimettere insieme i cocci, ammettono, sarà laborioso.
A sinistra sembra scattare invece una certa demonizzazione. Vendola non esita a buttarla sul piano personale, Montezemolo «è uno dei volti delle vecchie classi dirigenti che hanno portato l'Italia verso la catastrofe». Rosy Bindi rinfaccia il famoso incarico che Berlusconi gli conferì (promuovere il made in Italy), quasi fosse la prova di una connection. Attualmente, il Cavaliere non esprime un particolare feeling per Monti, che attacca a ripetizione, e neppure per Montezemolo.
Una cosa è la personale stima, altra cosa l'interesse politico. Tornano a farsi forti le voci di un ripensamento, l'ultimo nonché definitivo, del Cavaliere, pronto a ricandidarsi subito dopo le primarie del Pd, non appena il «comunista» Bersani si sarà sbarazzato dell'innovatore Renzi.
Attestati di «simpatia e attenzione» per Montezemolo giungono, viceversa, da Alfano. Ormai è normale, se Silvio pensa «a», Angelino dice «b». Cicchitto, uno dei rari ragionatori di politica da quelle parti, è convinto che l'area moderata non potrà non allearsi col centrodestra, se al governo vorrà Monti anziché le sinistre. Però ci sono serie contraddizioni. Ad esempio: le primarie del Pdl hanno poco senso nella prospettiva di un grande schieramento moderato.
Perché insistere a tenerle? E poi: grandi elettori di Alfano sono tutti i capibastone, da La Russa a Scajola, da Formigoni ad Alemanno: facce non proprio nuove. Che in cambio dell'appoggio al segretario, da loro lanciato contro Berlusconi, pretenderanno un posto al sole. Per il «rassemblement» moderato, una visibilità imbarazzante.
5 - E IL PREMIER MEDITA LA MOSSA PER GENNAIO: FAR USARE IL SUO NOME
Fabio Martini per "La Stampa"
E' precipitato tutto (o quasi) nelle ultime 48 ore. Dopo la Convention degli Studios la chimera del Monti protagonista alle elezioni si è improvvisamente fatta più concreta: i segnali di disponibilità del Professore, privati e pubblici, si sono intensificati, tanto è vero che negli ultimi due giorni i maggiori leader politici, tra di loro, non parlano d'altro.
L'ingresso diretto del presidente del Consiglio nel ring politico ha preso la forma di uno scenario ben preciso: una volta approvata la Legge di Stabilità ed (auspicabilmente) la riforma elettorale e dunque ai primi di gennaio a cavallo con lo scioglimento delle Camere, il presidente del Consiglio preso atto delle «chiamate» potrebbe dare la sua disponibilità alla Coalizione che lo indicasse per palazzo Chigi. Con parole di questo tipo: se vincete voi, continuerò a guidare il governo.
E dunque, una coalizione incardinata su due liste (una Montezemolo-Riccardi-Bonanni e una del Terzo polo capitanata da Casini) e destinata a denominarsi «Monti per l'Italia», potrebbe determinare nel giro di pochi giorni clamorosi riposizionamenti e una corsa centripeta, attirando verso il nuovo soggetto spezzoni dei due partiti più forti. Ennesima scenario fantapolitico, oppure ai primi di gennaio la politica si prepara ad un fragoroso big bang?
Una cosa è certa: in queste ore l'ipotesi che col nuovo anno Monti passi il Rubicone è uno dei «refrain» più gettonati. Soprattutto dopo la Convention «Verso la Terza Repubblica», evento troppo impegnativo - si calcola nel Palazzo per non preludere a qualcosa di grosso. A chi gli ipotizza un Monti in campo a fianco dei centristi, Pier Luigi Bersani confida di «non crederci». Angelino Alfano sa che il giorno in cui Monti ri-scendesse in campo, per lui potrebbe diventare dirimente la scelta della vita: col professore o con Berlusconi?
E così, dopo che, per mesi e mesi, il circo politico-mediatico si era arrovellato su cosa potesse fare «da grande» il professor Monti, il primo a suggerire una possibile svolta è stato proprio lui. Per mesi e mesi il presidente del Consiglio aveva ripetuto che il suo incarico - guai a dubitarne - era a tempo. Poi, due mesi fa a New York e dopo averne parlato a tu per tu il giorno prima con Obama, per la prima volta Monti ha «ceduto» («Se dovesse servire, sono pronto»). Due giorni fa, in un intervento alla «Bocconi» di cui probabilmente è stata sottovalutata l'importanza, alla solita domanda il professore ha risposto con ambivalenza: «Nessuno mi domanda impegni oggi, e oggi non ne do».
Un'esternazione tutta centrata sull'avverbio «oggi», con una forte assonanza, guarda caso, con una affermazione che nelle stesse ore faceva Luca Cordero di Montezemolo: «Non chiediamo al presidente del Consiglio di prendere oggi la leadership di questo movimento politico. Ciò pregiudicherebbe il suo lavoro, e davvero non ce lo possiamo permettere». Ieri, da Kuwait City, proprio dopo aver speso opere e parole per favorire gli investimenti in Italia, Monti ha pronunciato quelle parole («Non posso garantire per il futuro») che non soltanto i malevoli hanno interpretato come una autopromozione.
Ma se davvero Monti desse la sua disponibilità nei giorni che precedono lo scioglimento delle Camere, a quel punto si determinerebbe un big bang nella politica italiana? Pd e Pdl si sfalderebbero? Sostiene Osvaldo Napoli, vicepresidente dei deputati del Pdl, da sempre un buon fiuto politico: «Certo, il rischio che personalità dei due partiti più importanti possano avvertire la sirena di un Monti in campo ci sarebbe e proprio per questo noi dobbiamo rompere gli indugi: da qui a marzo c'è tempo per mettere in piedi uno schieramento di moderati alternativo alla sinistra, guidato da Monti nel ruolo di federatore».
E dall'altra parte anche un altro personaggio attento ai movimenti in corso come l'ex ministro del Pd Beppe Fioroni, consiglia di non perdere il treno Monti: «Il Pd riorganizzi l'area riformista, in accordo con Vendola, annunci che dopo le elezioni è pronto ad allearsi con la Coalizione centrista che fosse guidata da Monti, ma con l'intesa che a Palazzo Chigi andrà il leader dell'area che ha preso un voto più degli altri». La giostra attorno al Professore è appena cominciata.









