andreotti moro 1

"ALLA NOTIZIA DEL RAPIMENTO DI MORO EBBI UN MANCAMENTO" – ANDREOTTI E I DIARI DEGLI ANNI DI PIOMBO (CURATI DAI FIGLI DEL DIVO GIULIO, SERENA E STEFANO, E PUBBLICATI DA SOLFERINO) – “INVECE DI MORO SAREBBE POTUTO TOCCARE A ME E A PIANGERE SAREBBERO STATI LIVIA E I FIGLI MIEI" - LE SPIGOLATURE PERFIDE SU FANFANI E QUELL’EPISODIO TRAGICOMICO A PIAZZA DEL GESÙ QUANDO “QUELLA CHE SEMBRAVA UNA RAFFICA DI MITRA PROVOCA ALLARME. PISANU ORDINA IL TUTTI A TERRA, COSSIGA SI STENDE SUL DIVANO. POI SI APPRENDE CHE…”

Massimo Franco per il "Corriere della Sera"

 

andreotti moro 1

«Ho un mancamento, i medici mi aiutano e dopo qualche tempo mi rimettono in piedi». Il trauma di Giulio Andreotti alla notizia del rapimento di Aldo Moro e della strage dei cinque uomini della scorta è incorniciato in queste poche, laconiche parole. Data: 16 marzo 1978.

 

L'accenno è a pagina 592 dei suoi Diari degli anni di piombo , secondo volume di quegli appunti segreti scoperti in uno sgabuzzino di casa, decifrati e curati dai figli Stefano e Serena; e pubblicati adesso da Solferino. Si intuiscono il collasso fisico e nervoso, ma non c'è traccia dei conati di vomito che costrinsero un carabiniere a andare di corsa a casa del presidente incaricato a prendergli un abito da cerimonia pulito, una camicia e una cravatta, perché doveva presentare al Parlamento il suo governo allargato al Pci.

 

andreotti moro

È l'ennesimo omaggio alla «freddezza oggettiva», registrata dal giornalista Bruno Vespa nell'Introduzione, con la quale Andreotti racconta questo decennio della storia d'Italia: 1969-1979. Eppure quel rapimento compiuto dalle Brigate rosse, e le ore immediatamente successive, mostrano un animale politico dotato di sangue freddo, certo; ma coinvolto nella tragedia anche dal punto di vista personale, perché sarebbe potuto toccare a lui e «a piangere sarebbero stati Livia e i figli miei», chiosa citando la moglie.

 

andreotti cover

Il 16 marzo Andreotti non pianse. Le lacrime sarebbero state poco andreottiane, per uno come lui che si era sempre vantato di avere pianto solo tre volte, e di non avere mai dato neanche un bacio alla madre in tutta la sua esistenza. Ma quel mattino non riuscì a far scattare il suo autocontrollo considerato quasi disumano. Il fisico rifiutò di assecondare il comando cerebrale che gli suggeriva di non piegarsi. Si piegò, eccome: crollò.

 

Anche se nei suoi diari c'è solo quell'«Ebbi un mancamento» che nasconde il rigetto di Andreotti nel mito andreottiano dell'imperturbabilità: mito che ha contribuito lui stesso a costruire. La cronaca delle lunghe settimane del sequestro, prima dell'assassinio di Aldo Moro, presidente della Dc, si sforza di essere asettica.

 

E tuttavia trasmette un senso di smarrimento, disorientamento, trame e tragedia incombente che sono una fotografia spietata dello Stato italiano colpito dal terrorismo brigatista. Giorno dopo giorno, l'allora premier consegna l'immagine di uno Stato disarmato: sguarnito di un'intelligence capace non solo di fermare, ma di trovare gli attentatori.

GIULIO ANDREOTTI

 

Diviso tra gli imperativi di fermezza doverosi dopo l'omicidio della scorta, e le manovre di chi, per convinzione o per calcolo, teorizzava una trattativa dietro la quale si nascondeva l'obiettivo di far saltare l'alleanza tra la Dc morotea e il Pci di Enrico Berlinguer; e che voleva usare la disperazione di Moro nella «prigione del popolo» per affossare la sua strategia dell'unità nazionale. Ma lo sfondo storico-politico è quello di un Paese che sta archiviando una fase cruciale.

 

Con un Papa, Paolo VI, amico del presidente democristiano dai tempi della Fuci, la federazione degli universitari cattolici, vicino alla fine ma proteso disperatamente e inutilmente a salvarlo. Quasi senza rendersene conto, nella cadenza quotidiana dei suoi diari Andreotti dipinge un formicaio di potenti, di interessi, di interferenze e di depistaggi, che si agitano intorno alla famiglia Moro e al suo senso crescente di isolamento e di abbandono, perché alla fine prevale la logica della ragione di Stato.

 

giulio andreotti bruno vespa

L'allora premier parla dei funerali dei «cinque (Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi) a San Lorenzo», annota il 18 marzo. Accenna alle «famiglie, di poverissima gente». Ricorda che Leonardi, il caposcorta, «era un po' la controfigura di Moro.

 

Anche quando entravano in chiesa gli portava il messalino». E nel riferire quel particolare spunta il politico che osserva, registra mentalmente, e affida ai suoi ricordi scritti qualcosa che altrimenti, ritiene, andrà perso. I Diari , come i precedenti, sono impastati di questa miscela di storia ufficiale e di storia minore, che apre squarci curiosi, a volte sconcertanti sulla teoria sconfinata dei personaggi conosciuti da Andreotti come ministro, premier, deputato, plenipotenziario ufficioso del Vaticano.

 

amintore e maria pia fanfani

Senza risparmiare stilettate ai nemici. I Diari cominciano nel novembre del 1969, con l'ombra della legge sul divorzio e con la strage alla Banca nazionale dell'agricoltura in piazza Fontana a Milano del 12 dicembre. Poi c'è il 1970 e a giugno, ai Mondiali di calcio in Messico, l'Italia va in semifinale. «17 giugno. A letto per afonia. Italia-Germania 4-3». Poi: «21 giugno. Fanfani a Città del Messico. Brasile-Italia 4-1», dove la presenza dell'avversario storico Amintore Fanfani induce a pensare che sia stato una delle cause della sconfitta italiana. Spigolature perfide, in un'Italia democristiana che cominciava a fare i conti con un'opinione pubblica sempre più emancipata dal controllo della Chiesa cattolica, anche se le gerarchie ecclesiastiche faticavano a prenderne atto.

 

aldo moro via fani

E insieme immersa in un'Europa che cambiava faccia e si univa sempre di più. Colpisce oggi, negli anni della Brexit, la ricostruzione andreottiana dell'inizio di gennaio del 1973, con l'Europa che «passa da sei a nove (+ Uk, Irlanda, Danimarca)»; e con lui che celebra con un articolo sull'inglese «Daily Mail» «il più decisivo passo avanti nel campo dell'integrazione europea». Preistoria, che si conclude nell'agosto del 1979 con la nascita di un governo senza più il Pci, guidato da Francesco Cossiga, riemerso dalla depressione del caso Moro.

 

cossiga andreotti

E con un «intermezzo tragicomico a piazza del Gesù», allora sede della Dc, scrive Andreotti. «Quella che sembrava una raffica di mitra provoca allarme. Pisanu ordina il tutti a terra e Cossiga si stende sul divano. Zaccagnini rilascia una dichiarazione sul terrorismo anti-Dc. Poi si apprende che, innervosito dal crepitio di un martello pneumatico di vicini lavori, un agente ha fatto partire un colpo, ferendo al piede l'autista di Zaccagnini», l'allora segretario del partito. Humor nero, figlio della psicosi da «anni di piombo».

via fani agguatocossiga e andreottiagguato di via fani foto di mario protocossiga andreotti

Ultimi Dagoreport

woody allen ian bremmer la terrazza

FLASH! – A CHE PUNTO E' LA NOTTE DELL’INTELLIGHENZIA VICINA AL PARTITO DEMOCRATICO USA - A CASA DELL'EX MOGLIE DI UN BANCHIERE, SI È TENUTA UNA CENA CON 50 OSPITI, TRA CUI WOODY ALLEN, IMPEGNATI A DIBATTERE SUL TEMA: QUAL È IL MOMENTO GIUSTO E IL PAESE PIÙ ADATTO PER SCAPPARE DALL’AMERICA TRUMPIANA? MEGLIO IL CHIANTISHIRE DELLA TOSCANA O L’ALGARVE PORTOGHESE? FINCHE' IL POLITOLOGO IAN BREMMER HA TUONATO: “TUTTI VOI AVETE CASE ALL’ESTERO, E POTETE FUGGIRE QUANDO VOLETE. MA SE QUI, OGGI, CI FOSSE UN OPERAIO DEMOCRATICO, VI FAREBBE A PEZZI…”

meloni musk trump

DAGOREPORT – TEMPI DURI PER GIORGIA - RIDOTTA ALL'IRRILEVANZA IN EUROPA  DALL'ENTRATA IN SCENA DI MACRON E STARMER (SUBITO RICEVUTI ALLA CASA BIANCA), PER FAR VEDERE AL MONDO CHE CONTA ANCORA QUALCOSA LA STATISTA DELLA GARBATELLA STA FACENDO IL DIAVOLO A QUATTRO PER OTTENERE UN INCONTRO CON TRUMP ENTRO MARZO (IL 2 APRILE ENTRERANNO IN VIGORE I FOLLI DAZI AMERICANI SUI PRODOTTI EUROPEI) - MA IL CALIGOLA A STELLE E STRISCE LA STA IGNORANDO (SE NE FOTTE ANCHE DEL VOTO FAVOREVOLE DI FDI AL PIANO “REARM EUROPE” DI URSULA). E I RAPPORTI DI MELONI CON MUSK NON SONO PIÙ BUONI COME QUELLI DI UNA VOLTA (VEDI IL CASO STARLINK), CHE LE SPALANCARONO LE PORTE TRUMPIANE DI MAR-A-LAGO. PER RACCATTARE UN FACCIA A FACCIA CON "KING DONALD", L'ORFANELLA DI MUSK (E STROPPA) E' STATA COSTRETTA AD ATTIVARE LE VIE DIPLOMATICHE DELL'AMBASCIATORE ITALIANO A WASHINGTON, MARIANGELA ZAPPIA (AD OGGI TUTTO TACE) - NELLA TREPIDANTE ATTESA DI TRASVOLARE L'ATLANTICO, OGGI MELONI SI E' ACCONTENTATA DI UN VIAGGETTO A TORINO (I SATELLITI ARGOTEC), DANDO BUCA ALL’INCONTRO CON L'INDUSTRIA DELLA MODA MILANESE (PRIMA GLI ARMAMENTI, POI LE GONNE)... 

davide lacerenza giuseppe cruciani selvaggia lucarelli

TE LO DÒ IO IL “MOSTRO”! – SELVAGGIA LUCARELLI, CHE SBATTE AL MURO GIUSEPPE CRUCIANI, REO DI ESSERE NIENT’ALTRO CHE IL “MEGAFONO” DI LACERENZA, DIMENTICA CHE L’AUTORE DEL PRIMO ARTICOLO CHE HA PORTATO ALLA RIBALTA LE NEFANDEZZE DELLO SCIROCCATO DELLA GINTONERIA E’ PROPRIO LEI, CON UNA BOMBASTICA INTERVISTA NEL 2020 SULLE PAGINE DI T.P.I. (“LA ZANZARA” ARRIVA SOLO NEL 2023) – POI TUTTI I MEDIA HANNO INZUPPATO IL BISCOTTO SULLA MILANO DA PIPPARE DI LACERENZA. IVI COMPRESO IL PALUDATO “CORRIERE DELLA SERA" CHE HA DEDICATO UNA PAGINATA DI INTERVISTA AL "MOSTRO", CON VIRGOLETTATI STRACULT (“LA SCOMMESSA DELLE SCOMMESSE ERA ROMPERE LE NOCI CON L’UCCELLO, VINCEVO SEMPRE!”) - ORA, A SCANDALO SCOPPIATO, I TRASH-PROTAGONISTI DELLE BALORDE SERATE MILANESI SPUNTANO COME FUNGHI TRA TV E GIORNALI. SE FILIPPO CHAMPAGNE È OSPITE DI VESPA A “PORTA A PORTA”, GILETTI RADDOPPIA: FILIPPO CHAMPAGNE E (DIETRO ESBORSO DI UN COMPENSO) LA ESCORT DAYANA Q DETTA “LA FABULOSA”… - VIDEO

andrea scanzi

DAGOREPORT - ANDREA SCANZI, OSPITE DI CATTELAN, FA INCAZZARE L’INTERA REDAZIONE DEL “FATTO QUOTIDIANO” QUANDO SPIEGA PERCHÉ LE SUE “BELLE INTERVISTE” VENGONO ROVINATE DAI TITOLISTI A LAVORO AL DESK: “QUELLO CHE VIENE CHIAMATO IN GERGO ‘CULO DI PIETRA’ È COLUI CHE NON HA SPESSO UNA GRANDE VITA SOCIALE, PERCHÉ STA DENTRO LA REDAZIONE, NON SCRIVE, NON FIRMA E DEVE TITOLARE GLI ALTRI CHE MAGARI NON STANNO IN REDAZIONE E FANNO I FIGHI E MANDANO L'ARTICOLO, QUINDI SECONDO ME C'È ANCHE UNA CERTA FRUSTRAZIONE” - “LO FANNO UN PO’ PER PUNIRMI” - I COLLEGHI DEL “FATTO”, SIA A ROMA CHE A MILANO, HANNO CHIESTO AL CDR DI PRENDERE INIZIATIVE CONTRO SCANZI - CHE FARA’ TRAVAGLIO? - LE SCUSE E LA PRECISAZIONE DI SCANZI - VIDEO!

roberto tomasi – andrea valeri blackstone – gianluca ricci macquarie – scannapieco – salvini autostrade

DAGOREPORT - DUE VISIONI CONTRAPPOSTE SUL FUTURO DI AUTOSTRADE PER L’ITALIA (ASPI) SI SONO CONFRONTATE AL CDA DI QUESTA MATTINA. DA UNA PARTE CDP (51%), DALL’ALTRA I FONDI BLACKSTONE (24,5%) E MACQUARIE (24,5%). IN BALLO, UN PIANO CHE HA COME PRIORITÀ LA MESSA IN SICUREZZA DELLA RETE AUTOSTRADALE. ALLA RICHIESTA DEI DUE FONDI DI VARARE UN SOSTANZIOSO AUMENTO DELLE TARIFFE, CHE PORTEREBBERO A UNA IMPENNATA DEI PREZZI SU OGNI GENERE DI MERCI E UN TRACOLLO DI CONSENSO PER IL GOVERNO MELONI, OGGI IN CDA CDP HA RISPOSTO CON UN CALCIONE DECIDENDO CHE NON SARANNO PIÙ DISTRIBUITI DIVIDENDI PARI AL 100% DELL’UTILE: PER L'ESERCIO 2024 SI LIMITERANNO AL 60% - CHE FINE FARA' IL CEO ROBERTO TOMASI?