UFFICIO SINISTRATI - IL PD PRESO IN CONTROPIEDE DAL MESSAGGIO DEL COLLE: “AMNISTIA SÌ MA SARANNO NATURALMENTE ESCLUSI I REATI FINANZIARI”

Fabio Martini per "La Stampa"
Con voce più monocorde del solito la presidente della Camera Laura Boldrini da venti minuti sta leggendo il dolente messaggio del Capo dello Stato sullo stato delle carceri, ma i deputati presenti nell'aula di Montecitorio si limitano ad ascoltare, non c'è verso che tradiscano emozioni. Fino a quando la Boldrini legge il passaggio nel quale Napolitano suggerisce una tra le soluzioni possibili: «Al provvedimento di indulto, potrebbe aggiungersi una amnistia...».

A questo punto dai banchi del Pdl si alza il primo battimani, ma breve, quasi un riflesso condizionato davanti all'ascolto della parola amnistia. Qualche minuto più tardi, quando la Boldrini conclude la lettura del messaggio, si alza un battimani più corale, che coinvolge i deputati del Pdl, di Scelta Civica, di Sel e anche del Pd. Un applauso che dura 15 secondi, il «minimo sindacale», il preannuncio di quel che si scoprirà di lì a poco: l'imperativo categorico del Presidente - fate qualcosa per i carcerati italiani - è come se toccasse corde poco sensibili in Parlamento: piace ma senza pathos al Pdl, lascia freddo il Pd, piace ai garantisti di Sel, mentre alzano le barricate i grillini del Cinque Stelle, affiancati ai leghisti di Maroni.

L'unico che, a distanza, applaude senza riserve è il presidente del Consiglio Enrico Letta: una sua espressione («il governo farà di tutto») viene interpretata a caldo come il preludio di una possibile iniziativa dell'esecutivo. Ma a palazzo Chigi l'interpretazione non trova conferma: in casi come questi - si fa notare - l'iniziativa spetta al Parlamento, anche se nulla vieterebbe al governo di assumere l'iniziativa su qualsiasi materia.

È nel Pd che il messaggio del Presidente ha creato qualche scompenso. Come se, su ogni altra considerazione di merito, prevalesse il timore di dover subire un «bombardamento» polemico da parte del Cinque Stelle, in altre parole la paura di ritrovarsi accusati, una volta ancora, di favorire un provvedimento che aiuta i corrotti, in testa a tutti il solito Berlusconi.

Tanto è vero che ieri, a conclusione della giornata, curiosamente nessuno dei big del Pd si era esposto per commentare quello che, in fin dei conti, è pur sempre il primo messaggio alle Camere in otto anni del Presidente Napolitano. Per tutta la giornata, in casa Pd, ha fatto testo la prima esternazione, che responsabile Giustizia Danilo Leva ha diffuso dopo un colloquio col segretario Guglielmo Epifani: «Non è sufficiente un semplice dibattito parlamentare ma occorre che il Governo e il Parlamento si impegnino» nell'adozione di riforme strutturali, al termine delle quali «si può valutare» un provvedimento di clemenza».

Dunque, l'amnistia si può fare ma anche no. Una prudenza che attinge a ragioni ben spiegate da Matteo Orfini, uno degli emergenti del nuovo Pd: «Non deve essere lasciato cadere nel vuoto l'appello del Capo Stato che invita tutti a riflettere e ad agire perché la dignità umana sia salvaguardata anche in carcere. I necessari provvedimenti naturalmente dovranno escludere quei reati che comportano allarme sociale. Come i reati finanziari».

E questa sarà la linea del Piave del Pd: amnistia sì, purché non si allarghi ai reati per i quali Berlusconi è stato già condannato in via definitiva. Ecco perché, dal Pdl, assieme al compiacimento di Alfano e Schifani, trapela una certa diffidenza da parte del Cavaliere, convinto che non sarà l'amnistia la sua scialuppa di salvataggio. Certo, nella complessiva freddezza del Parlamento può aver giocato anche qualche fraintendimento. Ne è coinvinto Pino Pisicchio, già presidente della Commissione Giustizia: «Il Capo dello Stato ha fatto una lezione di diritto costituzionale e penale, ma non so quanti in aula abbiano letto quei manuali...».

E il governo? «Sbaglia chi pensa che possa essere indebolito da questa emergenza - sostiene il vicepresidente dei senatori Pd Giorgio Tonini -. Il Capo dello Stato ha indicato un termine entro il quale c'è un obbligo morale ad intervenire, il 28 maggio, e d'altra parte questa è la sua filosofia: siete "condannati" a lavorare, non a fare campagne elettorali».

 

Guglielmo Epifani Guglielmo Epifani letta napolitano x Giorgio Napolitano e Enrico Letta Matteo Renzi ROBERTO MARONI

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