ORLANDO FURIOSO: RENZI TAROCCA I DATI DELLE PRIMARIE. DUCETTO SOTTO IL 70%. AFFLUENZA IN CALO NELLE REGIONI ROSSE: DIMEZZATI I VOTI IN TOSCANA ED EMILIA ROMAGNA – IL MINISTRO SI DA’ AL 22% - IL GIGLIO MAGICO HA MONOPOLIZZATO IL FLUSSO DEI DATI
Meno, molto meno di due milioni di votanti. Meno anche del milione e 848 mila dei dati ufficiali. E poi i dati: quella di Matteo Renzi è stato sì un’incoronazione, ma con una percentuale minore a quella diffusa ufficialmente. Nel day after delle primarie del Partito democratico c’è anche una coda polemica che potrebbe impensierire i piani alti del Nazareno. Di proteste formali per il momento non ce ne sono, ma dal fronte che ha sostenuto la candidatura di Andrea Orlando continua a trapelare nervosismo. Il motivo? Il modo in cui i vertici renziani del partito hanno gestito il flusso e la comunicazione dei dati.
A raccontarlo è un retroscena pubblicato dal Corriere della Sera: per gli orlandiani l’affluenza sarebbe molto inferiore ai due milioni di elettori subito festeggiati dal fronte renziano come un successo dell’ex premier. Non ci sono numeri ufficiali ma per i sostenitori del guardasigilli alle primarie si sarebbero recati tra “il milione e 600 mila e il milione e 800 mila elettori”: e dunque una cifra inferiore anche al milione e 848.658, poi comunicato come dato ufficiale.
Per arrivare a quella cifra, fanno sapere sempre dal fronte orlandiano, ci sarebbe stato una sorta di “accordo tra le parti” a livello locale e quindi nazionale. Una sorta di controprova sarebbe rappresentata dall’affluenza che è colata a picco nelle regioni storicamente rosse. In Toscana, per esempio, si è superata di poco quota 210mila, mentre nel 2013 si era toccata la soglia dei 393mila. L’Emilia Romagna – dove il governatore Pd era stato eletto con la deprimente affluenza del 35% – fu una delle zone in cui Renzi aveva fatto il pieno già nel 2013 e il calo è del tutto analogo alla Toscana: si è passati dai 405mila elettori delle primarie 2013 ai 216mila di domenica scorsa.
Poi c’è la questione delle percentuali. Già nel tardo pomeriggio dell’uno maggio – e quindi 24 ore dopo la chiusura dei saggi – dal comitato Orlando avevano diffuso dati diversi rispetto a quelli ufficiali pubblicati nello stesso momento sul sito del partito: Renzi sarebbe al 68%, e non quindi al 70, il guardasigilli al 22,2%, e non al 19,5, Michele Emiliano al 9,8%, e non al 10,5. A confrontare i numeri, dunque, per i sostenitori del ministro ci sarebbe stato un “ritocchino al rialzo” nella percentuale riconosciuta al vecchio-nuovo segretario, mentre Orlando è stato inchiodato sotto la soglia psicologica del 20%.
“I dati comunicati dall’organizzazione Pd sono ufficiosi e non ufficiali. È infatti in corso in queste ore la verifica di tutti i verbali. Nell’attesa del responso della commissione congressuale e della certificazione del voto, siamo in grado di poter affermare che la mozione Orlando ha ottenuto un risultato superiore al 22 % e che il lavoro messo in campo in questi mesi, che ha visto il coinvolgimento di tanti elettori e militanti del Pd e del centrosinistra, continuerà con lo stesso spirito e lo stesso entusiasmo di questa campagna congressuale”, aveva dichiarato Marco Saracino, portavoce del Comitato del ministro della giustizia, già nel primo pomeriggio di ieri.
RENZI DALEMA FRANCESCHINI ORLANDO
”Hanno voluto a tutti i costi che Renzi fosse sopra al 70 e per ottenere questo numero hanno tolto qualcosa agli altri candidati”, continuano a lamentarsi dal comitato di Orlando. Da dove non è ancora giunta alcuna protesta ufficiale. Domani, però, è prevista la riunione nazionale per il congresso.
Quella che fino a questo momento è solo una sotterranea lamentela, dunque, potrebbe diventare ufficiale. E in quel caso, i renziani sarebbero chiamati a rispondere: è vero che hanno arrotondato la percentuale di vittoria del loro leader? E se sì, perché l’hanno fatto? E i votanti sono stati davvero un milione e 848mila? O c’era, forse, qualcosa di meno?