IL VIETNAM DI RENZI - DA MINEO A MINZO: OSTRUZIONISMO BIPARTISAN SULLA RIFORME: LA TRAPPOLA PUÒ SCATTARE SULLA PROPOSTA CHITI SULL’ELETTIVITÀ DEI SENATORI CON IL VOTO DEGLI ALFANOIDI - RISCHIO INGORGO: LE OPPOSIZIONI TEMONO LA “GHIGLIOTTINA”
Monica Guerzoni per “Il Corriere della Sera”
«Affrontiamo le cose un giorno alla volta...». Maria Elena Boschi si prepara a scalare la montagna dei 7.830 emendamenti alla riforma della Costituzione. L’ostruzionismo trasversale delle opposizioni non sembra spaventare il ministro, che oggi (o lunedì al massimo) sarà in Aula per rivendicare la bontà del testo del governo. La prima incognita sono i tempi. L’approvazione in prima lettura rischia di slittare, come fa capire l’ex presidente del Senato, Renato Schifani: «Sulla Costituzione è difficile contingentare i tempi, forse dovremo ricorrere a delle sedute notturne per consegnare queste riforme alla Camera prima della pausa estiva».
Il governo conferma la tabella di marcia, Renzi vuole chiudere la discussione generale tra oggi e lunedì con la replica del ministro, votare gli emendamenti e consegnare alla Camera la riforma la prima settimana di agosto, al più tardi. La renziana Rosa Maria Di Giorgi è scettica, per lei «uscirne in tempi stretti sarà un po’ complicato». Toccherà ai capigruppo, alle 13.30, decidere il calendario dei lavori e scongiurare che il treno rallenti la sua corsa: nell’agenda della prossima settimana ci sono due decreti in scadenza e domani l’Aula sarà occupata per impegni internazionali.
Il timore delle opposizioni è che il governo voglia strozzare il dibattito imponendo la cosidetta «ghigliottina». Per Loredana De Petris (Sel) sarebbe gravissimo: «Spero non gli venga in mente di contingentare i tempi, perché nessuno di noi uscirebbe più da quest’aula». E il pentastellato Mario Giarrusso: «Sarebbe inaccettabile». A sentire il sottosegretario Luciano Pizzetti, però, l’idea di sforbiciare i tempi non è affatto remota: «L’ostruzionismo è legittimo, ma chi lo pratica deve sapere che la tattica parlamentare prevede sistemi altrettanto legittimi per opporsi».
Lo scoglio più grande sono gli emendamenti, che vanno vagliati, sfrondati e accorpati. Per Luigi Zanda i numeri sono dalla parte del governo: «Non temiamo nessun asse, mi preoccupa piuttosto la complessità della materia». Ma i «dissidenti» del Pd lavorano per mettere a punto una strategia comune con partiti e componenti che contestano i pilastri della riforma.
Dal governo si guarda con attenzione alle mosse di Vannino Chiti e compagni, i quali sono in stretto contatto con i senatori di Sel (firmatari di seimila emendamenti), i grillini fuoriusciti, i cinquestelle dubbiosi e gli azzurri vicini ad Augusto Minzolini. Un ponte di dialogo si è aperto anche tra Ncd e M5S. «Ci stiamo parlando tutti — conferma Felice Casson, pd — Su quali emendamenti puntiamo? Lo scoprirete la prossima settimana».
La trappola per il governo può scattare sull’elettività dei senatori con la proposta di Chiti, che incasserà anche il voto di cinque senatori alfaniani. Punto di riferimento dei «ribelli» democratici, in Aula l’ex vicepresidente del Senato ha fatto il pieno di applausi bipartisan esponendo le sue tesi: «Stiamo imboccando in senso contrario l’autostrada del futuro della democrazia». Chiti ha messo in guardia da «acrobatismi», «pasticci» e «tatticismi incredibili» e dichiarato che la riforma di Renzi «allunga un’ombra inquietante sul nostro futuro».
L’ombra di un «presidente eletto senza contrappesi autonomi, senza Camera e Senato forti e legittimati». Lo accusano di essere un conservatore e Chiti, che cita il filosofo Habermas, non si offende: «Conservare la democrazia e la libertà non è un male». Se la riforma non cambia, lui non la voterà e così Corradino Mineo, il quale ha annunciato il suo voto a favore del Senato elettivo: «Nella riforma c’è di peggio... In nessun Paese liberale il premier ha tanti poteri quanti ne avrà in Italia quando, nonostante la nostra battaglia, sarà passata la riforma». Durissimo anche Massimo Mucchetti, per il quale l’Italicum è materia «da antitrust della politica».
Insidie si nascondono anche negli emendamenti sul bilancio dello Stato. E un’altra buccia di banana è la richiesta di ridurre il numero dei deputati, questione che ribalterebbe la riforma e sulla quale c’è una valanga di emendamenti. «È una modifica che ha molte chance di far saltare tutto», spera Mineo. Il governo ha fiutato la trappola e il sottosegretario Ivan Scalfarotto avverte: «L’ipotesi di riformare la Camera non è all’ordine del giorno».
Grande agitazione anche in Forza Italia, dove Augusto Minzolini si è convinto che Renzi stia correndo verso il voto anticipato nel 2015 e paragona il premier a Breznev: «È peggio della Russia di Putin, perché almeno lì il presidente è eletto dal popolo». Anche dalla Lega si avanzano molti dubbi: «Così com’è, la riforma costituzionale non va e non si può votare» ha detto ieri il leader Matteo Salvini. I timori rimbalzano anche nella maggioranza. Gaetano Quagliariello, Ncd: «Questo bicameralismo pone problemi di equilibrio complessivo del sistema, pesi e contrappesi che vanno trovati nella legge elettorale e nel presidenzialismo». La strada da fare è ancora tanta.