"LA RUSSIA È UN TARGET DIFFICILE PERCHÉ PUTIN È ISOLATO. IN FIN DEI CONTI OGNI DECISIONE È NELLA SUA TESTA" - L'EX CAPO DELLA CIA, LEON PANETTA: "NON SONO SICURO CHE L'INTELLIGENCE USA AVREBBE DOVUTO PREDIRE UNA DATA PRECISA DELL'INVASIONE RUSSA DELL'UCRAINA MA WASHINGTON HA FATTO BENE A MANDARE A MOSCA IL SEGNALE CHE SAPPIAMO ESATTAMENTE TUTTO QUELLO CHE FANNO - SARÀ DIFFICILE PER LORO MANTENERE UNA FORZA AL CONFINE IN SCHIERAMENTO. DOVRANNO DECIDERE SE RITIRARSI O AVANZARE"
Viviana Mazza per il "Corriere della Sera"
«La situazione rimane molto pericolosa. C'è la più ampia concentrazione di forze militari in quell'area probabilmente dalla Guerra Fredda: un errore di valutazione, una decisione sbagliata possono scatenare la guerra», dice al Corriere Leon Panetta, ex capo della Cia e poi segretario della Difesa nell'amministrazione Obama. «Ci sono molti segnali opposti. I russi dicono di aver ritirato alcune truppe, ma ci sono indicazioni che stiano mantenendo il grosso delle forze, aumentandole al confine. È difficile prevedere esattamente quello che faranno».
Chi sta vincendo questa guerra di nervi?
«Il presidente Biden ha mandato un messaggio forte: l'America e i suoi alleati sono uniti e, se la Russia decide di invadere, pagherà un prezzo altissimo. Penso che la strategia di Putin sia stata scompaginata per due motivi: primo, è abituato a operare nell'ombra, ma l'intelligence americana lo ha costretto ad agire apertamente.
Secondo, non pensava che avrebbe pagato un prezzo alto nel caso di invasione, perché in passato è stato in grado di passarla liscia e ha la sensazione che Usa e alleati siano deboli. Va in Georgia, in Crimea, in Siria, in Libia, fa la cyber-guerra agli Stati Uniti: e non paga. Ora è stato chiarito che ci sarà un prezzo. Ma non è assolutamente finita. Questo è il primo tempo di un lungo e faticoso match militare e diplomatico tra gli Usa e la Russia».
L ASILO COLPITO DAI SEPARATISTI FILO-RUSSI NEL DONBASS
Come si è arrivati alla scelta americana di diffondere così tanta intelligence?
«In passato le agenzie erano più caute perché temevano di rivelare le fonti, ma hanno capito che possono declassificare senza rischi molte più informazioni. Hanno rivelato tutto quello che vedono i russi fare: le truppe che muovono, le comunicazioni nella catena di comando...».
È stata una buona idea annunciare che l'invasione sarebbe avvenuta il 16 febbraio? L'America ora viene derisa dai comici russi e dalla portavoce del Cremlino, che chiede le nuove date per programmare le ferie.
«Non sono così sicuro che avrebbero dovuto predire una data precisa. Certo, stavano seguendo i movimenti delle truppe e il fatto stesso che i russi stessero costruendo ospedali da campo suggeriva che si stessero preparando all'invasione. Sicuramente c'è un sacco di intelligence - e molta di essa è probabilmente inscenata dai russi per far vedere che sono seri sulla possibilità di un'invasione.
Comunque, penso che abbiano fatto bene a mandare a Mosca il segnale che sappiamo esattamente tutto quello che fanno e che non saranno in grado di sorprenderci in caso di invasione. Ora fanno battute sulla mancata invasione, ma penso che sarà difficile per loro mantenere una forza enorme al confine in schieramento pronto al combattimento. Dovranno decidere se ritirarsi o avanzare».
Il caotico ritiro dall'Afghanistan ha influenzato la strategia Usa in Ucraina?
«Putin ha percepito debolezza negli Stati Uniti e alleati: per quanto riguarda l'America, la percepisce da quattro Amministrazioni. Per via di quanto accaduto in Afghanistan, ma anche delle divisioni nella democrazia Usa e nella Nato, il leader russo ha pensato che siano vulnerabili e che se schierava un enorme contingente di truppe al confine, gli Stati Uniti, l'Ucraina e gli alleati avrebbero ceduto, dandogli ciò che voleva. Non è accaduto, ma continuerà a fare pressioni per le sue richieste. L'unico modo per gestirlo è da una posizione di forza».
La Cia ha usato fonti di ogni tipo, inclusa una spia al Cremlino nel 2016 durante le interferenze russe nelle elezioni americane. Ma incontrare Putin, come ha fatto il capo della Cia William Burns, aiuta a «decifrare» la situazione ed evitare lo scontro?
«La Russia è un target difficile perché Putin stesso è isolato. Persino i suoi consiglieri hanno accesso limitato. Anche gli incontri con i leader e le telefonate con Biden sono importanti: aiutano a capire quel che pensa. Ma Putin è Kgb e non credo che riusciremo a ottenere il tipo di intelligence che ci dica esattamente cosa succederà, perché in fin dei conti la decisione è nella sua testa. Possiamo cercare di influenzarlo ma non siamo sicuri di quello che deciderà».
Come rispondere alla guerra ibrida di Mosca?
«Viviamo in un tempo in cui il campo di battaglia principale non è quello convenzionale, ma quello cyber, con il potenziale di paralizzare letteralmente un altro Paese. Il presidente ha indicato che, se i russi attaccano nel dominio cyber, noi risponderemo. Io raccomanderei di cominciare subito, per indebolire la loro struttura di comando e le loro comunicazioni. Quando gli Stati Uniti sono stati vittima di un audace cyber-attacco ai danni delle nostre istituzioni elettorali, abbiamo fatto molto poco. È importante che Usa e alleati rispondano a tono».