1- MONTEPARIOLI NON HA PERSO TEMPO A METABOLIZZARE LA LEZIONE DEL MOVIMENTO 5 STELLE METTENDO IN OPERA UN GRILLISMO CHIC, BEN PETTINATO E MOLTO EDUCATO 2- DOPO IL DISASTRO BERLUSCONIANO GLI ELETTORI NON NE VOGLIONO PIÙ SAPERE DELL'UOMO DELLA PROVVIDENZA. È PIÙ FACILE FAR VINCERE UNA SQUADRA DI NOMI INTERAMENTE NUOVI CHE PORTARE A VOTARE PER L'ENNESIMO SALVATORE DELLA PATRIA 3- E DUNQUE, SAREBBE QUESTA LA NOVITÀ PIÙ CLAMOROSA, NON SARA’ MONTEZEMOLO IL CANDIDATO PREMIER DI ITALIA FUTURA. MEGLIO FARE IL TESTIMONIAL, COME GRILLO CON I SUOI RAGAZZI. E SPONSORIZZARE UNA FIGURA CHE DIMOSTRI LA CARICA DI NOVITÀ, MAGARI UNA GIOVANE DONNA COME IRENE TINAGLI, 38 ANNI, ECONOMISTA

Marco Damilano per "l'Espresso", in edicola domani

Si riunirono per la prima volta, tra gli stucchi e gli arazzi di palazzo Colonna, il 7 ottobre 2009, la data cruciale della legislatura: quel giorno la Consulta bocciò il lodo Alfano e il governo Berlusconi cominciò la lunga corsa verso l'autodissoluzione. Muniti di braccialetto rosso con la scritta "Italia Futura" si aggiravano sotto l'affresco della battaglia di Lepanto i Malagò, i D'Urso, gli Abete, i Vanzina più altri 800 invitati.

E qualcuno si lasciò scappare una perfida battuta: «È il momento giusto per fare shopping ai Parioli. Le strade saranno deserte, sono tutti qui».

A distanza di tre anni il think tank di Luca Cordero di Montezemolo non è più (solo) il circolo degli amici dei quartieri alti divisi tra il Natale a Cortina e l'estate a Sabaudia. Il Partito dei Carini, crudelmente sbeffeggiato da Maurizio Crozza, ha fatto proseliti. «Ci sono mille nomi. Selezionati in questi mesi con colloqui, incontri, individuati con un criterio: avere qualcosa a che fare con il cambiamento. Mille potenziali candidati pronti a rinunciare alle loro attività, a cambiare la loro vita. e a entrare in politica quando sarà il momento», si esaltano nel quartier generale del presidente della Ferrari, in un tranquillo e borghese appartamento della Roma sabauda, a due passi dal Cupolone.

Per ora sono top secret e sembra uno schema già sentito, la berlusconiana discesa in campo. Ma gli uomini di mister Ferrari anticipano l'obiezione: «Non abbiamo Publitalia alle spalle. Non siamo il partito dei padroni: tra di noi la percentuale di imprenditori è inferiore ad altre categorie. E soprattutto non c'è l'uomo solo al comando. Montezemolo non è Berlusconi: il suo pregio è saper fare squadra».

E allora vanno visti da vicino questi Mille pronti all'impresa, ora che le elezioni si avvicinano e che la macchina messa su da Montezemolo si prepara finalmente ad accendere i motori dopo un'attesa sfiancante di anni. A partire dal cambio di strategia delle ultime settimane, reso obbligatorio dal crollo del Pdl ma anche della Lega al Nord e dall'irresistibile avanzata nei sondaggi del Movimento 5 Stelle.

Beppe Grillo, chi l'avrebbe mai detto? l consiglieri di Montezemolo studiano le sue mosse, le tecniche di comunicazione e di reclutamento, non nascondono l'ammirazione e perfino la vicinanza su alcuni temi. Per esempio, il fascino per gli strumenti di democrazia diretta come i referendum confermativi quando si tratta di riforme istituzionali, leggi elettorali o leggi che riguardano la politica come il finanziamento pubblico, o la possibilità di revocare il mandato al parlamentare assenteista e voltagabbana, l'anglosassone istituto del recall.

«Noi siamo liberali in economia, ma nelle istituzioni siamo estremisti democratici», spiega Carlo Calenda, un passato a fianco di Montezemolo come direttore dell'area Affari internazionali di Confindustria e come manager della Ferrari, oggi direttore generale di Interporto campano, presieduto da Gianni Punzo, uno dei più vicini all'ex presidente della Fiat.

«Non abbiamo mai accusato Grillo di anti-politica. In una società aperta chi si candida ha ragione. E ha buoni motivi per farlo anche chi si astiene: alle regionali del 2010 siamo stati i primi a dichiarare che di fronte allo scadente cinepanettone della politica italiana i cittadini avevano il diritto di non andare a votare».

Prima lezione di Grillo: fare rete. Con un ben dosato mix di territorio, gruppi locali motivati a organizzarsi per gli appuntamenti elettorali, a fare raccolta fondi, e di campagne on line. L'uomo incaricato di mettere su i circoli di Italia Futura è il quarantacinquenne Federico Vecchioni, già presidente di Confagricoltura, con una rete capillare di iscritti in tutta Italia. È lui a raccogliere le adesioni. Sono 3 mila i gruppi modello meet up e 50 mila gli aderenti. A coordinarli c'è un direttivo nazionale, con un altro manager ex Confindustria e ex Ferrari, Simone Perillo, e Giacomo D'Arrigo, rappresentante degli amministratori under 35 de II' Anci.

Seconda lezione: largo alle facce nuove. Il Pdl berlusconiano vorrebbe mascherarsi da lista civica, il Pd è tentato dall'idea di affiancare al tradizionale simbolo di partito un rassemblement con esponenti della società civile. In Italia Futura si cercano i potenziali Pizzarotti, gli sconosciuti da pescare nelle realtà locali. "Portare nell'agone politico persone che ora non ci sono», traducono i montezemoliani.

Personaggi come Diego Della Valle, attivo nel backstage ma ben attento a non farsi vedere sul palcoscenico. E guai a parlare di federazioni, alleanze, destra e sinistra, tutto antiquariato da mettere alle spalle. Tra i montezemoliani con pedigree politico abbondano i delusi della rivoluzione liberale berlusconiana e i nostalgici del Pd veltroniano, vagheggiato al Lingotto e subito abortito. «I riformisti", li chiama lo storico Andrea Romano, primo direttore di Italia Futura, un passato a sinistra nella fondazione Italianieuropei di Massimo D'Alema. Come Calenda che ai Ds era iscritto nella sezione Mazzini, la stessa di Baffino.

Terza e ultima lezione imparata dal boom di Grillo: dopo il disastro berlusconiano gli elettori non ne vogliono più sapere dell'uomo della Provvidenza. È più facile far vincere una squadra di nomi interamente nuovi che portare a votare per l'ennesimo Salvatore della Patria. E dunque, sarebbe questa la novità più clamorosa, non è affatto scontato che sia Montezemolo il candidato premier di italia Futura.

Anzi: l'ex presidente della Fiat sa bene di non poter predicare l'innovazione del sistema politico e poi proporsi come guida del governo a 65 anni compiuti e con un curriculum sterminato. Meglio fare il testimoniai, come Grillo con i suoi ragazzi. E sponsorizzare una figura che dimostri la carica di novità necessaria per vincere, magari una giovane donna. Come Irene Tinagli, 38 anni, docente all'Università Carlos III di Madrid, economista esperta di sviluppo, innovazione e creatività, già testata di fronte al pubblico televisivo con le sue apparizioni a "Ballarò" e a "Servizio Pubblico".

Un grillismo chic, ben pettinato e molto educato. D'altra parte il Montezemolo anti-Casta del 2007, l'ultimo intervento da presidente a un'assemblea di Confindustria, fece arrabbiare i partiti ben più del Grillo del Vaffa-day, che arrivò qualche mese dopo. «Ma la nostra è una lista costruttiva e inclusiva al posto di un populismo distruttivo, distinguono in Italia Futura. Aperta a intellettuali, imprenditori ma anche ai politici di professione. I ministri del governo Monti? Tutti amici, per carità, compreso quel Corrado Passera che abbandonò il gruppo dei fondatori di Italia Futura dopo un richiamo di Giulio Tremonti, Montezemolo non l'ha dimenticato.

Ma anche i tecnici appartengono già al passato. "C'è l'occasione di costruire una forza riformista che in Italia non è mai esistita, sempre travolta dai populismi di destra e di sinistra», si proietta verso il 2013, dice Romano. «Abbiamo l'occasione di portare al governo le eccellenze del Paese». I Mille di Luca hanno poco tempo per aspettare. Tra poco si parte. Parioli addio.

 

MALAGO MONTEZEMOLO 1m08 argentario montezemolo barcaDELLA VALLE E MONTEZEMOLO Corrado Passera, Giovanna Salza, Luca Montezemololuca di montezemolo cardinal bertone a maranello Gianni PunzoBEPPE GRILLO ANDREA ROMANOIrene Tinagli carlo calenda GIULIO TREMONTI

Ultimi Dagoreport

terzo mandato vincenzo de luca luca zaia giorgia meloni matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER TUTTO CON LA DUCETTA CHE INSISTE PER UN CANDIDATO IN VENETO DI FRATELLI D'ITALIA - PER SALVARE IL CULO, A SALVINI NON RESTA CHE BATTERSI FINO ALL'ULTIMO PER IMPORRE UN CANDIDATO LEGHISTA DESIGNATO DA LUCA ZAIA, VISTO IL CONSENSO SU CUI IL DOGE PUÒ ANCORA CONTARE (4 ANNI FA LA SUA LISTA TOCCO' IL 44,57%, POTEVA VINCERE ANCHE DA SOLO) - ANCHE PER ELLY SCHLEIN SONO DOLORI: SE IL PD VUOLE MANTENERE IL GOVERNO DELLA REGIONE CAMPANA DEVE CONCEDERE A DE LUCA LA SCELTA DEL SUO SUCCESSORE (LA SOLUZIONE POTREBBE ESSERE CANDIDARE IL FIGLIO DI DON VINCENZO, PIERO, DEPUTATO PD)

elisabetta belloni giorgia meloni giovanni caravelli alfredo mantovano

DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE IMPRONTE PORTANO A “FONTI DI INTELLIGENCE A LEI OSTILI” - L'ADDIO DELLA CAPA DEGLI SPIONI NON HA NULLA A CHE FARE COL CASO SALA. LEI AVREBBE PREFERITO ATTENDERE LA SOLUZIONE DELLE TRATTATIVE CON TRUMP E L'IRAN PER RENDERLO PUBBLICO, EVITANDO DI APPARIRE COME UNA FUNZIONARIA IN FUGA - IL CONFLITTO CON MANTOVANO E IL DIRETTORE DELL'AISE, GIANNI CARAVELLI, VIENE DA LONTANO. ALLA FINE, SENTENDOSI MESSA AI MARGINI, HA GIRATO I TACCHI   L'ULTIMO SCHIAFFO L'HA RICEVUTO QUANDO IL FEDELISSIMO NICOLA BOERI, CHE LEI AVEVA PIAZZATO COME VICE ALLE SPALLE DELL'"INGOVERNABILE" CARAVELLI, È STATO FATTO FUORI - I BUONI RAPPORTI CON L’AISI DI PARENTE FINO A QUANDO IL SUO VICE GIUSEPPE DEL DEO, GRAZIE A GIANMARCO CHIOCCI, E' ENTRATO NELL'INNER CIRCLE DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA

cecilia sala abedini donald trump

DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL MEDIO ORIENTE - CON IL POPOLO IRANIANO INCAZZATO NERO PER LA CRISI ECONOMICA A CAUSA DELLE SANZIONI USA E L’''ASSE DELLA RESISTENZA" (HAMAS, HEZBOLLAH, ASSAD) DISTRUTTO DA NETANYAHU, MENTRE L'ALLEATO PUTIN E' INFOGNATO IN UCRAINA, IL PRESIDENTE “MODERATO” PEZESHKIAN TEME LA CADUTA DEL REGIME DI TEHERAN. E IL CASO CECILIA SALA SI È TRASFORMATO IN UN'OCCASIONE PER FAR ALLENTARE LA MORSA DELL'OCCIDENTE SUGLI AYATOLLAH - CON TRUMP E ISRAELE CHE MINACCIANO DI “OCCUPARSI” DEI SITI NUCLEARI IRANIANI, L’UNICA SPERANZA È L’EUROPA. E MELONI PUÒ DIVENTARE UNA SPONDA NELLA MORAL SUASION PRO-TEHERAN...

elon musk donald trump alice weidel

DAGOREPORT - GRAZIE ANCHE ALL’ENDORSEMENT DI ELON MUSK, I NEONAZISTI TEDESCHI DI AFD SONO ARRIVATI AL 21%, SECONDO PARTITO DEL PAESE DIETRO I POPOLARI DELLA CDU-CSU (29%) - SECONDO GLI ANALISTI LA “SPINTA” DI MR. TESLA VALE ALMENO L’1,5% - TRUMP STA ALLA FINESTRA: PRIMA DI FAR FUORI IL "PRESIDENTE VIRTUALE" DEGLI STATI UNITI VUOLE VEDERE L'EFFETTO ''X'' DI MUSK ALLE ELEZIONI POLITICHE IN GERMANIA (OGGI SU "X" L'INTERVISTA ALLA CAPA DI AFD, ALICE WEIDEL) - IL TYCOON NON VEDE L’ORA DI VEDERE L’UNIONE EUROPEA PRIVATA DEL SUO PRINCIPALE PILASTRO ECONOMICO…

cecilia sala giorgia meloni alfredo mantovano giovanni caravelli elisabetta belloni antonio tajani

LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO- CARAVELLI. IL DIRETTORE DELL’AISE È IL STATO VERO ARTEFICE DELL’OPERAZIONE, TANTO DA VOLARE IN PERSONA A TEHERAN PER PRELEVARE LA GIORNALISTA - COSA ABBIAMO PROMESSO ALL’IRAN? È PROBABILE CHE SUL PIATTO SIA STATA MESSA LA GARANZIA CHE MOHAMMAD ABEDINI NON SARÀ ESTRADATO NEGLI STATI UNITI – ESCE SCONFITTO ANTONIO TAJANI: L’IMPALPABILE MINISTRO DEGLI ESTERI AL SEMOLINO È STATO ACCANTONATO NELLA GESTIONE DEL DOSSIER (ESCLUSO PURE DAL VIAGGIO A MAR-A-LAGO) - RIDIMENSIONATA ANCHE ELISABETTA BELLONI: NEL GIORNO IN CUI IL “CORRIERE DELLA SERA” PUBBLICA IL SUO COLLOQUIO PIENO DI FRECCIATONE, IL SUO “NEMICO” CARAVELLI SI APPUNTA AL PETTO LA MEDAGLIA DI “SALVATORE”…